Giorno 531 – 8 agosto 2023

La rubrica, a cura dal nostro esperto militare, alterna commenti sull’invasione russa a vere e proprie lezioni di teoria e tecnica militare. Questo pezzo le riassume

Orio Giorgio Stirpe

La concezione, pianificazione ed esecuzione di una campagna militare è una faccenda estremamente complessa. Quando si discute dell’attuale conflitto senza conoscerne approfonditamente le dinamiche intricate occorrerebbe almeno avere un’idea della sequenza logica di come le decisioni fondamentali vengono prese durante un conflitto armato.

I colleghi e gli esperti civili inorridiranno al modo semplificato in cui esporrò l’argomento e alla terminologia inaccurata che adopererò per farlo, ma loro queste cose già le conoscono e il mio scopo è rivolgermi a chi in questo campo esperto non è.

Indipendentemente da quali siano le cause del conflitto stesso e da quanto queste siano o meno giustificate, la decisione alla base di tutto è di natura esclusivamente politica e dipende dall’autorità di governo che si assume la responsabilità di iniziare le ostilità o di avviare un nuovo ciclo operativo, nell’ambito di una guerra già in atto. Lo scopo, condivisibile o meno che sia, è sempre quello di addivenire ad una situazione strategica finale da ritenersi preferibile rispetto a quella di partenza.

La decisione dell’autorità di governo viene comunicata ai vertici militari nelle forme previste dal Paese o dall’organizzazione di cui si parla (in Occidente si parla di Direttiva) ed assume i lineamenti di un ordine.

In un sistema statale sano e funzionale questo ordine viene discusso preventivamente con i vertici militari stessi destinati a riceverlo, e anche con i rappresentanti degli altri poteri dello Stato, dell’economia e della società. In un sistema autoritario o disfunzionale esiste però la possibilità che l’ordine venga emanato senza discussione preliminare e sulla base della decisione di un unico individuo, o comunque di un numero ristretto di persone più o meno competenti in materia.

L’autorità politica emana l’ordine in base alle proprie priorità, e i vertici militari lo traducono in termini compatibili con la pianificazione tecnica da parte dei rispettivi Stati Maggiori; lo sottopongono per l’approvazione all’autorità politica, e se questa lo approva assume la forma di quella che in Occidente viene definita Direttiva di Pianificazione, il cui nocciolo è l’End State, cioè l’esito finale desiderato, accompagnato da una serie di vincoli e limitazioni sul come giungere ad esso (ad esempio l’obbligo di coinvolgere o meno alleati, di rispettare il Diritto Internazionale o di salvaguardare la neutralità di Paesi terzi).

Sulla base della Direttiva di Pianificazione lo Stato Maggiore incaricato elabora una serie di possibili soluzioni militari destinate a raggiungere l’End State rispettando i vincoli e le limitazioni ed impiegando lo strumento militare disponibile.

Le soluzioni individuate vengono messe a confronto fra loro e il responsabile della pianificazione ne sceglie una, ordinando di approfondirla e formattarla per una presentazione all’autorità politica. Se quest’ultima la approva, la soluzione assume la forma di Concetto Operativo: un documento che viene diffuso nell’ambito degli Stati Maggiori interessati e dei Comandi militari subordinati per la successiva elaborazione.

Conclusa quella che si chiama Fase Concettuale, si passa a quella Organizzativa, che include tanto la pianificazione vera e propria che l’approntamento pratico delle forze militari necessarie alla sua attuazione.

Durante la pianificazione, i vari livelli operativi lavorano in contemporanea ciascuno definendo le modalità per organizzare le forze, la manovra e il sostegno in base alle proprie responsabilità: i vari livelli si scambiano a più riprese le rispettive bozze coordinando così il lavoro nella maniera più armonica possibile, ma ovviamente i documenti dei livelli superiori assumono per quelli sottoposti la forma di ordini a cui i rispettivi pianificatori devono ottemperare nella stesura dei rispettivi piani (che costituiscono a loro volta ordini per i relativi sottoposti).

L’invio verso il basso delle bozze successive assume la forma di veri e propri “pacchetti di ordini” in sequenza, che consentono oltre alla pianificazione dei livelli inferiori, anche l’approntamento tempestivo delle forze destinate ad eseguire gli ordini stessi, l’accatastamento dei materiali necessari e la programmazione dei successivi movimenti e trasporti, nonché l’acquisizione di quanto necessario ad alimentare lo sforzo militare per il tempo giudicato necessario.

La definizione delle modalità per mettere in pratica il Concetto Operativo consiste largamente nell’individuazione del Centro di Gravità avversario da colpire e di quello proprio da proteggere: il Centro di Gravità è quell’elemento il cui controllo garantisce il conseguimento della Missione (la “vittoria”) e la cui perdita (o mancata acquisizione) porta al fallimento (la “sconfitta”)”. L’elemento in questione a sua volta può essere a seconda delle situazioni una località geografica o una specifica capacità del sistema politico-militare, e per raggiungerlo occorre prima conseguire una serie di obiettivi militari specifici.

Per poter conseguire questi obiettivi bisogna poter ottenere determinati effetti sul terreno e sul nemico raggiungendo posizioni precise e riducendo le capacità militari dell’avversario; tali effetti si ottengono manovrando le proprie forze sul terreno, fornendo loro supporto di fuoco, di mobilità e di comando, e sostenendole logisticamente con continuità per alimentarne lo sforzo.

In pratica la pianificazione militare consiste nella definizione di tutte le attività tese a ottenere gli effetti desiderati e gli obiettivi necessari ad acquisire il Centro di Gravità avversario e a proteggere il proprio.

Quando lo Stato Maggiore competente completa il proprio lavoro (generalmente entro vincoli di tempo stabiliti dai vertici), lo presenta per l’approvazione al Comandante responsabile. Questi lo approva oppure lo rinvia per correzioni, ma alla fine lo presenta all’autorità politica per l’approvazione finale.

Quando l’autorità politica approva il piano, la responsabilità nella gestione del conflitto passa ai militari… O almeno così dovrebbe essere in uno Stato funzionale.

La pianificazione di vertice viene passata ai livelli inferiori che a loro volta definiscono la propria facendola approvare dai superiori e passandola poi ai subordinati sotto forma di ordini, e in breve l’intero strumento militare dispone della propria pianificazione di dettaglio: ogni singola unità militare riceve i propri ordini e si dispone sul terreno in base ad essi.

A questo punto anche la Fase Organizzativa è conclusa, e lo strumento militare è pronto ad entrare in azione in base alla pianificazione complessiva.

L’autorità politica a questo punto ha l’opzione estrema di bloccare tutto, oppure di dare l’ordine esecutivo.

Nel primo caso, tutto rientra nella normalità: nessun atto ostile è stato consumato e l’intero ciclo organizzativo si traduce in una semplice attività addestrativa, con un impatto diplomatico più o meno significativo a seconda di quanto tutto quanto sopra abbia o meno avuto visibilità mediatica.

Nel secondo caso, hanno inizio le ostilità – oppure nel caso la guerra fosse già in atto ha inizio un nuovo ciclo operativo in base alla nuova pianificazione. Si tratta quindi della cosiddetta Fase Esecutiva, durante la quale lo strumento militare esegue sul terreno la manovra prevista dalla pianificazione per ottenere – o cercare di ottenere – l’End State indicato nella direttiva iniziale.

Ora, è vero che “nessun piano sopravvive al primo impatto con il nemico”, in quanto anche l’avversario ha la propria pianificazione e cerca di metterla in atto; è però vero che nella maggior parte dei casi lo “scostamento” fra quanto pianificato e quel che si verifica sul campo è relativamente limitato e per correggerlo bastano ordini emanati al livello appropriato ed eseguiti dai comandanti sul campo. È qui che assume un’importanza fondamentale la cosiddetta “Catena di Comando”, lungo la quale si coordinano le attività delle unità sul campo e si correggono gli errori e gli “scostamenti” rispetto al piano originario man mano che questi diventano evidenti: colpire la Catena di Comano nemica significa rendere questo coordinamento e queste correzioni via via sempre più difficili fino a renderli impossibili.

L’esecuzione di un piano può condurre a risultati variabili: dal completo assolvimento del compito con la realizzazione dell’End State richiesto, fino al totale fallimento che porta alla necessità di interrompere l’azione militare pianificata e a passare ad un altro ciclo operativo (quindi con una pianificazione completamente nuova basata su presupposti differenti) ovvero a richiedere una cessazione completa delle ostilità.

Quanto sopra potrà apparire ostico ai più (ed esageratamente semplificato agli esperti), ma è fondamentale per comprendere cosa sia andato storto nella performance del “secondo esercito più potente del mondo” e cosa stia avvenendo sul campo in questi giorni in cui si sta lentamente sviluppando la controffensiva ucraina.

Ma ne parleremo negli articoli successivi.

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