Giorno 533

In conclusione della tre giorni d’analisi: “i guai dell’orso Vladimiro sono solo colpa sua”- Putin, come Hitler, ha interferito fino a candidarsi alla certa sconfitta

Orio Giorgio Stirpe

Per concludere il discorso sulla funzionalità o meno del Sistema-Paese dei belligeranti sulla base dell’evidenza della rispettiva pianificazione, occorre adesso prendere in considerazione la posizione ucraina.

Non credo ci possa essere il minimo dubbio sul fatto che dal punto di vista militare l’Ucraina rappresenti l’aggredito, e che l’aggressione sia giunta di sorpresa. Si può discutere se tale sorpresa abbia avuto natura tattica o strategica e se sia stata totale o parziale (dal mio punto di vista si è trattato di una sorpresa strategica parzialmente riuscita), ma sicuramente il punto è che è stata tale da non aver consentito una pianificazione difensiva specifica.

Questo significa che lo Stato Maggiore ucraino non ha avuto il tempo di pianificare per difendersi da un’invasione condotta da una forza di duecentomila uomini su un fronte che includeva non solo l’intero confine russo ma anche la Crimea e la Bielorussia, e ha dovuto affrontare l’assalto iniziale basandosi sulla pianificazione di contingenza esistente dal tempo di pace, che per forza di cose non poteva essere specificamente attagliata alla situazione del momento e che doveva essere adattata in corso d’opera dal comando operativo.

Dal punto di vista del Comando e Controllo, una situazione da incubo, in quanto non si dispone delle forze necessarie e soprattutto non si hanno informazioni sull’avversario: “la sua dislocazione, la sua entità, la sua natura e il suo atteggiamento”, come si usava dire in Accademia, a febbraio del ‘22 erano sconosciute o quasi.

In tale frangente però l’autorità politica ucraina ha avuto il buon senso di affidarsi ai vertici militari per la condotta delle operazioni, e si è assunta l’onere delle decisioni istituzionali di propria competenza: ha proclamato la volontà di resistere fermamente, ordinato tempestivamente la mobilitazione generale, assunto una serie di atteggiamenti volti ad esaltare la volontà di combattere di esercito e popolo (quali indossare una maglietta verde oliva e farsi crescere la barba), e soprattutto ha cominciato a tessere la rete di relazioni internazionali che avrebbe creato una coalizione capace di controbilanciare la netta sproporzione di forze sul campo di battaglia.

Nel frattempo i vertici militari hanno assunto una serie di decisioni difficili e dolorose: hanno dovuto cedere molto terreno al nord e al sud, abbandonando ampie fasce di popolazione all’invasore, e hanno sacrificato le unità della Guardia Nazionale e della Difesa Territoriale delle regioni di confine per assorbire l’urto iniziale dell’Armata russa, impiegando le forze regolari immediatamente disponibili per fronteggiare l’assalto alla capitale. Questo ha consentito di salvare Kyiv dall’occupazione immediata, ma ha anche provocato migliaia di perdite fra i territoriali appena richiamati nelle zone di frontiera.

La mancata cattura immediata della capitale però ha fatto saltare completamente la pianificazione russa e ha messo Gerasimov nella stessa condizione di Zaluzhny: dover gestire una campagna senza una pianificazione di dettaglio attagliata alla situazione reale. E quando le forze regolari si sono incontrate, quelle russe avevano già subito perdite sensibili ad opera dei territoriali ucraini e un brusco crollo del morale in seguito alla realizzazione di trovarsi alle prese con una guerra vera e non con una semplice operazione di polizia.

La pianificazione operativa di dettaglio da parte ucraina ha dunque avuto inizio solo in fase condotta, con le operazioni in atto e la situazione in continua evoluzione.

Al netto della condotta delle operazioni difensive lungo l’intero fronte fino a metà aprile e poi nel solo Donbas fino a metà estate, la pianificazione ucraina diventa evidente con i contrattacchi di Kharkiv e di Kherson, dove anche il contributo della NATO diventa visibile nella forma della ricognizione strategica in grado di fornire la posizione in tempo reale delle formazioni da combattimento russe anche a distanza notevole dal fronte.

Come noto, durante l’estate del 2022 gli ucraini hanno giocato proprio sulla disfunzionalità del sistema-Paese russo, approfittando della tendenza di Putin a confondere gli obiettivi politici con quelli militari e soprattutto la sua inclinazione a prevaricare i propri vertici militari. Così gli ucraini hanno indotto Putin – più che i suoi generali – a ritenere imminente un attacco a Kherson, che era l’unico capoluogo di oblast occupato dai russi, e a prioritizzare la sua difesa a scapito di tutto il resto… E poi hanno sferrato il loro primo vero contrattacco in forze all’estremità opposta del fronte, laddove non esistevano più riserve per contrastarlo.

Ci riagganciamo qui alle considerazioni fatte sui Centri di Gravità (CoG): non tutto ciò che si vede sulla carta topografica costituisce un “obiettivo militare”, e anzi talvolta anche ciò che può apparire un importante obiettivo politico può non costituirne uno militare di valore. Questo in quanto nella gestione di una campagna militare pianificata occorre perseguire prioritariamente quegli obiettivi che consentono di attaccare il CoG nemico che è stato identificato nella pianificazione stessa, senza disperdere il proprio potenziale offensivo su altri che con il CoG non siano direttamente connessi: si tratta dell’applicazione del principio della concentrazione delle forze, teorizzato da Sun Tzu 2500 anni fa.

Ovviamente la pianificazione di dettaglio ucraina dell’anno scorso non è ancora nota ufficialmente, ma un paio di aspetti saltano all’occhio: all’epoca gli ucraini, pur avendo appena riconquistato l’iniziativa grazie alla condotta suicida dei russi durante la loro offensiva a testa bassa nel Donbas, erano ancora in una posizione sostanzialmente difensiva a causa della limitatissima componente offensiva del loro potenziale militare ricostruito grazie alla mobilitazione generale ma non ancora sufficientemente alimentato dagli aiuti occidentali; per questa ragione la loro manovra costituiva un contrattacco (volto a migliorare la posizione difensiva in vista di una ripresa offensiva del nemico) e non una controffensiva (volta a capovolgere il corso del conflitto). In tale situazione e con la conformazione del fronte in quel momento, diventava ragionevole – soprattutto in base alla dottrina occidentale a cui gli ucraini giustamente si cominciavano ad ispirare dovendo affrontare i russi (pensando ai quali la dottrina occidentale si è evoluta) – orientare la manovra al nemico piuttosto che al terreno. “Orientare la manovra al nemico” implica porre il CoG del proprio attacco non su un elemento del territorio, ma su una capacità dell’avversario e in questo caso sulle sue capacità offensive: nel caso del contrattacco di Kharkiv, si trattava di spezzare la branca settentrionale dell’attacco russo al Donbas, distruggendo la 1^Armata Corazzata della Guardia e soprattutto conquistando i terminali ferroviari e logistici che adducevano all’Ucraina orientale da Belgorod. Inoltre il raggiungimento della linea Svatove-Kremina (l’attuale linea del fronte nel nord) creava una vasta testa di ponte oltre il fiume Siversky Donets e creava le premesse per eventuali nuovi sviluppi offensivi in pianura verso est; di contro, dal punto di vista difensivo (ancora dominante al momento) rendeva improduttive le eventuali nuove offensive russe nel settore, proprio in quanto qualsiasi attacco di successo da est si sarebbe poi esaurito contro il fiume, che a sua volta essendo di media portata costituisce un ottima linea difensiva ma non ostacola un eventuale ripiegamento.

La situazione a Kherson era completamente diversa, e per certi versi speculare. Lì a differenza che nel nord esisteva un obiettivo apparentemente importante: la città stessa di Kherson. Il punto è che tale città nel contesto dell’estate 2022 NON costituiva un obiettivo militare significativo, in quanto NON adduceva al CoG della manovra ucraina. Era un obiettivo politico, di rilevanza mediatica e utile alla propaganda, ma non avvicinava alla vittoria perché la sua cattura NON avrebbe ridotto in alcun modo il potenziale militare russo né avrebbe limitato le capacità successive di manovra da parte russa. Quel che era rilevante nella testa di ponte russa a ovest del Dnipro che conteneva la città di Kherson, erano le forze russe che ci si trovavano dentro: forze di élite, compresa l’intera 7^ Divisione delle VDV più elementi di fanteria di marina. Forze che – a causa della difficoltà del loro rifornimento attraverso i due soli ponti sul fiume più largo di tutta l’Ucraina – non erano in condizione di attaccare ma solo di difendersi. Quelle forze sì che costituivano un obiettivo congruo con l’attacco al CoG avversario, identificato appunto nella capacità offensiva nemica.

Ora, dal punto di vista ucraino quelle forze erano praticamente nel posto migliore possibile: incastrate là dove non potevano far danno. Attaccarle significava forse riuscire a distruggerle, ma sarebbe costato gravi perdite, che gli ucraini non potevano permettersi a causa appunto del loro limitato potenziale offensivo; per di più, una volta liberata la testa di ponte, gli ucraini si sarebbero trovati davanti il Dnipro, un ostacolo ancora invalicabile, e quindi la conquista della città non avrebbe aperto la strada a sviluppi ulteriori. L’ideale era tenere “fissate” sul posto le forze russe, impossibilitate ad attaccare ma anche a ripiegare a causa dei due soli ponti disponibili costantemente battuti dall’artiglieria, il che equivaleva ad averle neutralizzate.

In questo caso sono stati abili i russi a districarsi da una situazione scomodissima sganciandosi di notte con una serie di sotterfugi finalmente degni della loro ricca storia militare. Peccato che l’unica manovra brillante della campagna sia stata in ritirata…

Insomma, nel caso ucraino il rapporto fra autorità politica e vertici militari appare sano e funzionale, con ciascun attore impegnato ad adempiere alle proprie responsabilità senza interferire in quelle dell’altro. L’unico caso nel 2022 in cui potrebbe esserci stata una interferenza politica nella manovra militare appare essere stato l’inutile contrattacco di Severodonetsk durante l’offensiva russa nel Donbas, che ha prolungato la difesa della città ormai distrutta al costo di logorare inutilmente le allora scarne riserve ucraine.

Un caso simile potrebbe essersi verificato anche negli ultimi giorni dell’offensiva russa a guida PMC Wagner contro Bakhmut nella primavera del 2023: la spinta nemica era già al culmine, e con le colline a ovest dell’abitato saldamente controllate gli ucraini avrebbero anche potuto sganciarsi; di fatto la difesa si è prolungata nell’estrema periferia occidentale fino al completo esaurimento delle capacità offensive della Wagner e anche delle unità VDV inviate come rincalzo.

La battaglia di attrito di Bakhmut dovrà essere studiata in dettaglio per valutare gli effetti dell’attrito reciproco, ma ad un primo esame appare comunque evidente come le perdite russe siano risultate da quattro a cinque volte superiori rispetto a quelle ucraine, e questo potrebbe aver giustificato fino in fondo il sacrificio dei difensori.

In definitiva, non abbiamo visto gli ucraini disperdere il proprio potenziale per acquisire o difendere obiettivi che non supportassero il loro CdG: laddove questi obiettivi “inutili” si presentano, generalmente le forze ucraine evitano di attaccarli, oppure se in difensiva cedono terreno attuando il “contrasto dinamico” (la forma più economica di difesa, attuata cedendo lentamente il terreno imponendo attrito all’avversario finché questi è costretto ad arrestarsi dopo aver occupato un terreno privo – appunto – di obiettivi significativi).

L’eterno “refrain” dei minions secondo cui “gli ucraini fanno tutto bene e i russi tutto male, allora perché Zelensky non è già a Mosca?” si riassume tutto qui: la Russia ha iniziato la guerra con un potenziale militare enormemente superiore al proprio avversario, ma lo ha disperso inutilmente a causa della sua gestione disfunzionale, causata dal rapporto malato fra l’autorità politica e i vertici militari. Di contro, i rapporti all’interno del sistema-Paese ucraino appaiono efficaci e funzionali, e quindi il sia pur limitato potenziale militare ucraino è stato finora gestito nel migliore dei modi.

In definitiva, i guai dell’orso Vladimiro sono solo colpa sua.

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