E’ arrivata in testa a Trump ben più che una tegola

Risulta che Trump si è fatto consegnare dalla Cia un raccoglitore che provava l’interferenza russa nelle elezioni del 2016 e l’ha fatto sparire.

Gianvito Pugliese

In diritto, ed è stato il mio mestiere praticato per oltre mezzo secolo ed insegnato all’Università Aldo Moro di Bari per una dozzina d’anni, un solo indizio è poco o nulla, anche una testimonianza priva di riscontri è poca cosa, ma quando gli indizi “gravi, precisi e concordanti” diventano due o più, costituiscono prova a tutti gli effetti. Parlo ovviamente del nostro diritto, non di altri Paesi, anche se l’insegnamento di diritto comparato mi ha fatto capire che sui grandi principi si ragiona ugualmente dappertutto nei Paesi civili. Cambiano le norme e le procedure, ma non i principi giuridici.

Ci occupammo delle dichiarazioni pesantissime di Yuri Shvets, ex spia Kgb. su Donald Trump per 40 anni, “risorsa russa“. Ciò che ci rendeva credibile quel racconto, che faceva di Trump un pupazzo di Putin, fu il fatto che Trump non negò, non contestò. non denunciò. Insolitamente per lui, tacque, allo scopo evidente di mettere a tacere il fattaccio.

Oggi una indiretta conferma molto peggiore e con prove pesanti a sostegno.

Con un articolo di Jonathan Landay la Reuters rende noto, infatti,che “un raccoglitore contenente informazioni di intelligence top-secret” che ha contribuito alla convinzione degli Stati Uniti secondo cui la Russia avrebbe cercato di inquinare le elezioni americane del 2016 a favore di Donald Trump è scomparso dagli ultimi giorni della presidenza del tycoon.

Il dossier sull’intelligence russa fa parte di un corposo blocco di documenti contenuti “in un raccoglitore che Trump ha ordinato alla CIA di inviare alla Casa Bianca poco prima di lasciare l’incarico in modo da poter declassificare i materiali relativi all’indagine dell’FBI sull’interferenza russa nel voto del 2016“, ha rivelato una fonte qualificata.

I materiali russi del dossier contenevano “informazioni grezze altamente classificate raccolte dagli Stati Uniti e dagli alleati della NATO” e la Cia oggi teme “che i metodi utilizzati per raccogliere le informazioni possano essere compromessi“, sostiene la stessa fonte.

Trump, invitato dalla Reuters a commentare non ha risposto. .

L’Ufficio del Direttore dell’intelligence nazionale nel gennaio 2017 pubblicò una resoconto, dal quale emergeva che “il presidente russo Vladimir Putin e il suo governo hanno condotto una campagna di disinformazione e attacchi informatici per “aiutare… le possibilità elettorali di Trump” denigrando il suo nemico democratico, Hillary Clinton“.

La Russia nega di aver interferito nelle elezioni. ma a prescindere dalle prove sulla violazione delle email della Clinton per mano russa, evidentemente l’intelligence, la scomparsa del raccoglitore appare come un tentativo di cancellarne le prove raccolte dalla Cia, ed “ha suscitato preoccupazioni così profonde che il governo l’anno scorso si è offerto di informare il Senate Intelligence Committee”

La scomparsa del raccoglitore fu denunziato pubblicamente per primi dalla CNN.

Ricordiamo ai lettori che “in un documento della corte federale depositato in agosto da John Solomon, un giornalista conservatore, il raccoglitore veniva descritto come spesso 10 pollici. Trump ha nominato Solomon come rappresentante autorizzato ad accedere ai documenti della sua presidenza negli Archivi nazionali”.

Ma si sono appresi ulteriori dettagli inquietanti: “il documento del tribunale afferma che Mark Meadows, che è stato l’ultimo capo dello staff di Trump, è stato coinvolto nella gestione del raccoglitore scomparso e nello sviluppo con Solomon di una strategia per rilasciare i materiali che Trump intendeva declassificare”.

Anche Meadows ha rifiutato di rispondere a una richiesta di commento.

Si è appreso, inoltre che il raccoglitore conteneva altre informazioni relative al “Crossfire Hurricane” dell’FBI. Si sarebbe trattato di indagini, sugli aiutanti di Trump e richieste sabotate per mandati di intercettazione telefonica dell’FBI, che “includevano anche messaggi di testo anti-Trump tra Peter Strzok e Lisa Page, funzionari dell’FBI coinvolti nell’indagine.

Trump ha più volte definito l’indagine dell’FBI una bufala.

Nella sua dichiarazione al tribunale federale Solomon afferma “che poco prima che Trump lasciasse l’incarico dopo la sua sconfitta da parte del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, Meadows aveva detto a Solomon che Trump intendeva ordinare la declassificazione dei materiali di Crossfire Hurricane nel raccoglitore”.

E prosegue: “Due giorni prima della fine del suo mandato, si legge nel documento, Trump e Meadows avevano detto a Solomon che il raccoglitore era stato declassificato” Successivamente, Meadows ha invitato Solomon alla Casa Bianca per rivedere diverse centinaia di pagine declassificate e

che furono fornite delle copie, ma poi ricevette una telefonata dalla Casa Bianca che gli chiedeva di restituire le copie.

Meadows ha promesso a Solomon che avrebbe ricevuto il raccoglitore rivisto “ dichiara ancora Salomon, ma “Questo non è mai successo.”

Da quel momento è scomparsa ogni traccia della versione riservata.

Non sono un esperto di diritto costituzionale statunitense, ma le prove sono prove a Roma come a New York, Parigi, Londra. Berlino, Madrid … ed in tutti gli altri Paesi civili e democratici. Si perché le prove a Mosca (Navalny docet) sono cosa del tutto diversa e temo che a Pechino il sistema russo non sia sgradito (Hong Konk pure docet). E le prove raccolte sono più che sufficienti per avviare nei confronti di Donald Trump, favorito alle primarie repubblicane un processo per Alto Tradimento.

Se avvenisse il Tycoon finisce in carcere e si può buttare via la chiave, non esce più. Ma avverrà? Quando si parla di potenti le vie del signore diventano… infinite, ma con quelle del vero Signore non c’entrano assolutamente nulla.

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