Un commento all’articolo di Iacoboni su La Stampa
Un intervento, davvero utile e tempestivo, quello del nostro esperto militare (in copertina con Whisky), per riportare le ultime notizie nelle giuste dimensioni: nell’immediato nessun rischio di escalation
Orio Giorgio Stirpe
L’articolo di Jacopo Iacoboni, che posto di seguito, è uno dei tanti (il migliore che ho letto io) usciti in questi giorni sull’argomento. Ho ricevuto diverse richieste di chiarimenti in merito, alcune devo dire alquanto preoccupate, e quindi provo a chiarificare un po’ le cose almeno dal mio punto di vista.
Posto che il giornalista in particolare è uno dei pochi sulla piazza capaci di spiegarsi in maniera corretta su questo genere di argomenti, purtroppo l’opinione pubblica nazionale è ormai settata in maniera tale che anche i suoi contenuti sono ricevuti in maniera piuttosto manichea: le cose vanno bene/vanno male, rischiamo/non rischiamo la guerra mondiale, mi agito/mi tranquillizzo. Inevitabilmente questo tipo di notizie cadendo in un tale contesto generano reazioni sproporzionate.
Tutti gli Stati Maggiori lavorano costantemente su scenari come quello descritto da “Bild” e riportato dai Media internazionali come se si trattasse di un’assoluta novità. Questo perché – come già spiegato in passato – la pianificazione si effettua con largo anticipo sui conflitti, ed eventualmente si adatta all’ultimo momento in base alla situazione reale quando è necessario passare dalla teoria ai fatti. Se non esistesse la pianificazione preventiva non ci sarebbe una dottrina militare di riferimento, non si saprebbe come equipaggiare le proprie forze o come addestrarle: perché quando ci si prepara lo si fa in base all’avversario più probabile e pericoloso. E quando si “sceglie” tale avversario lo si fa in base ad uno studio ben preciso (altrimenti rischieremmo di considerare gli avversari potenziali personaggi come Annibale, Attila o Hitler, che non sono più una minaccia da un po’ di tempo).
L’avversario di riferimento nelle democrazie si può tranquillamente verificare leggendo il “Libro Bianco” della Difesa normalmente pubblicato dai Governi (Curiosità per gli amanti della teoria dei BRICS: l’avversario di riferimento dell’India, è la Cina). Una volta individuato l’avversario di riferimento, la cui scelta è un atto politico e non militare, e che avviene in base a studi approfonditi volti a scegliere il caso peggiore, ci si prepara in base alle caratteristiche specifiche di tale avversario, considerandone comunque anche altri a livello accessorio.
E’ così per esempio che si decide se avere il focus sull’Esercito, sulla Marina o sull’Aviazione, oppure se le forze di terra debbano essere in maggioranza “pesanti” o “leggere”. Se io sono il Canada e valuto che gli USA siano un amico e non un nemico, penserò più all’aviazione e a forze leggere facilmente trasportabili oltre oceano, mentre se sono un Paese neutrale come la Finlandia fino a due anni fa e ho per vicino la Russia, mi concentrerò su un esercito di massa mobilitabile in tempi brevi e darò scarsa priorità alla Marina.
A questo punto, definito lo strumento idoneo, comincio a pensare a pianificare come impiegarlo. Per fare ciò, devo immaginare la situazione di partenza di un potenziale conflitto che mi riguardi, che sia più vicino possibile al caso peggiore che si possa ragionevolmente venire a creare con l’avversario di riferimento; è così che si costruisce uno “scenario”, a partire dal quale si crea un “piano di contingenza”.
Quando per un motivo o per un altro (cambi di Governo, accordi internazionali, rivoluzioni o conflitti esterni) la situazione generale cambia, i piani si riscrivono; se non cambia nulla, si aggiornano semplicemente quelli esistenti… E questo si fa continuamente. Questo è quanto hanno fatto i tedeschi e la “Bild” ha deciso di riportare… Ma questo viene fatto DA TUTTI: noi compresi. Detto questo: andiamo allo specifico.
Lo “scenario” descritto da queste notizie, è credibile? Risposta: è assolutamente verosimile, e allo stesso tempo altamente improbabile. E’ verosimile perché in base ai dati di intelligence e alla storia recente, presenta una serie di azioni assolutamente congrue alla dottrina politico-militare del regime russo (solo i bis ideologici di chi si rifiuta di ragionare possono far pensare altrimenti).
E’ improbabile perché le forze armate russe sono talmente deteriorate dal conflitto in atto che – anche se miracolosamente dovessero concluderlo vittoriosamente nei prossimi sei mesi come prospettato nello scenario – non sarebbero militarmente in grado di rappresentare una minaccia credibile per la NATO per molti anni.
Al tasso di produzione attuale, occorreranno alla Russia circa otto anni (a sciabolate) per ricostituire i livelli di equipaggiamento prebellici e tornare ad essere una minaccia reale per l’Europa. D’altra parte Putin ha già preso una serie di decisioni strategiche errate o del tutto irrazionali negli ultimi anni, e potrebbe prenderne di ulteriori: compreso aggredire l’Europa in condizioni di inferiorità contando su un non-coinvolgimento americano sotto una rinnovata presidenza Trump…
E in questo caso pianificare su uno scenario quale quello descritto da “Bild” è quantomeno doveroso. Doveroso quanto i piani di contingenza della Protezione Civile in caso di calamità naturali, o del piano antincendi del vostro condominio: predisporlo non significa che casa vostra sta per andare a fuoco…
Spero di aver calmato le preoccupazioni di chi vede in queste notizie l’ennesimo rischio di “escalation”: non ce n’è nessuno.
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