Legislazione italiana da cavernicoli: gli animali ancora considerati delle “res”
La contraddizione tra sensibilità sociale e inadempienza giuridica nel trattamento degli esseri senzienti
Rocco Michele Renna
In un’Italia che rivendica una crescente sensibilità nei confronti degli animali, emerge una verità imbarazzante e contraddittoria: il sistema legislativo non è all’altezza di proteggere adeguatamente queste creature senzienti. Mentre la società abbraccia sempre più la causa del benessere animale sotto molteplici aspetti, dall’etica all’economia, dalla medicina alimentare, il legislatore italiano si ritrova intrappolato in un’arcaica mentalità che considera ancora gli animali come “cose”.
Questa contraddizione si manifesta in modo evidente nella dissonanza tra il riconoscimento degli animali come esseri senzienti e la caratterizzazione giuridica che li tratta come oggetti inanimati. Negli ultimi anni, la coscienza pubblica ha ampliato il proprio orizzonte, comprendendo che la tutela degli animali non può limitarsi al servizio dell’uomo, ma deve contemplare anche il rispetto e la protezione delle altre specie per il loro valore intrinseco.
Tuttavia, nel panorama legislativo italiano, l’assenza di disposizioni specifiche per la tutela degli animali nella Costituzione rappresenta un vuoto normativo significativo. Mentre l’articolo 9, che tratta della tutela del paesaggio, può essere interpretato come un’implicita tutela dell’ambiente e quindi degli animali, non vi è alcuna certezza interpretativa. Allo stesso modo, l’articolo 117 richiama il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario europeo e dagli obblighi internazionali, ma senza specifiche indicazioni verso la tutela degli animali.
Fortunatamente, esistono fonti sovranazionali che riconoscono il benessere animale come oggetto di tutela giurisdizionale. Questo riconoscimento si basa sull’assunto fondamentale che gli animali sono esseri senzienti, capaci di provare emozioni e sensazioni. Tuttavia, la mancanza di una chiara volontà politica di tradurre questo riconoscimento in norme concrete lascia gli animali vulnerabili e privi di adeguata protezione giuridica sul suolo italiano. Vero che le norne internazionali prevalgono su quelle nazionali, ma bell’Italia della burocrazia spesso finanche i regolamenti contano più delle stesse leggi.
La Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, ratificata in Italia con la Legge 201/2010, pone l’accento sull’obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi e sottolinea l’importanza degli animali da compagnia per la società. Tuttavia, nonostante questo passo avanti, la legislazione italiana rimane indietro nel trattare gli animali come soggetti di diritto. La Legge 189/2004, che ha introdotto disposizioni specifiche nel Codice Penale riguardanti il maltrattamento degli animali, mostra ancora una concezione arcaica che li considera “cose”.
Effettivamente, è sorprendente osservare il trattamento riservato alla persona di Palermo che ha commesso un atto così orribile, bruciando vivo un cane in mezzo alla strada, del quale vi abbiamo parlato in questo articolo: “L’inferno di Aron e la deriva umana“. Questo individuo, convinto che l’animale fosse posseduto dal demonio, ha compiuto un gesto di estrema crudeltà. Tuttavia, dopo il suo arresto, viene sorprendentemente rilasciato immediatamente, poiché gli animali, anche se considerati di affezione, sono ancora considerati semplici “cose” secondo la legge italiana. Questo non solo lascia il colpevole impunito, ma lo espone anche al rischio di essere oggetto di violenza da parte dei suoi concittadini indignati. È da considerare che individui capaci di tali atti verso gli animali potrebbero rappresentare una minaccia non solo per gli animali stessi, ma anche per la sicurezza della comunità, dato che la mancanza di empatia può estendersi anche verso le persone, in special modo le più deboli come donne, bambini, vecchi e malati. Questo stato di cose mette in evidenza la pericolosa lacuna nel sistema giuridico italiano riguardo alla protezione degli animali e alla punizione dei loro carnefici.
In sostanza, la condizione giuridica degli animali in Italia è ancora ambigua e contraddittoria. Nonostante le leggi più recenti, come la 189/2004 e la 201/2010, aiutino a superare l’approccio antropocentrico, gli animali rimangono considerati “res” nel Codice Civile (res significa: «possesso, bene, ricchezza». Il termine latino, che significa «cosa, possesso, bene economico», è in quest’ultimo significato usato frequentemente nel diritto romano per esempio res sacra, res nullius, ecc.) .
È urgente che il legislatore italiano ponga fine a questa ambiguità e elevi gli animali da mere proprietà a soggetti di diritto, garantendo loro una protezione adeguata e riconoscendo il loro valore intrinseco. Solo attraverso un’impegno legislativo chiaro e determinato sarà possibile garantire un trattamento equo e rispettoso per tutte le creature senzienti che condividono il nostro mondo. Ed è giusto fornire magistrati e forze dell’ordine di strumenti adeguati a prevenire e reprimere crudeltà nei confronti dei nostri amici a quattro zampe, che sono poi i migliori che si possa mai desiderare.
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