Il caffè con il lettore
E’ al sicuro la candidatura di Trump alle presidenziali Usa?
Gianvito Pugliese
Mi scuso con lettori ed ospiti del caffè… per l’orario più da camomilla che da bevanda eccitante, ma siamo esseri umani e soggetti ad inconvenienti, come stamane che lo stato di salute non è stato dei migliori. Tutto superato, o quasi e siamo in trincea.
Parlando di Donald Trump, come ho promesso ieri, la trincea, l’elmetto ed il giubbotto anti proiettile non sono che una precauzione minima. Lo affermo alla luce delle minacce pesanti ricevute sia dalla schiera di giudici che si sono occupati ed ancora si occupano delle cause del Tycoon, sia degli avversari elettorali come la Nikki Haley. A suo tempo, finché è stato in corsa contro Trump, Ron DeSantis è stato oggetto di minacce di morte.
Ovviamente, non è Trump che ritaglia le lettere di giornale per mandare le minacce anonime, ma è certo che il suo modo di approcciarsi all’elettorato, la continua istigazione all’odio, unito ad una base di violenti nel dna, è una miscela esplosiva.
Per completezza d’informazione Nikky Haley dopo due vittorie e quattordici sconfitte nelle primarie ha annunciato da poche ore l’intenzione di ritirarsi. Ma La Haley, a differenza di DeSantis, non appoggerà Trump e resterà alla testa di un consistente gruppo di repubblicani che considerano il miliardario (ammesso che lo sia davvero) un gravissimo danno per il Partito repubblicano e per gli stessi Stati Uniti.
Tutto a posto dunque per la riedizione, non disneyiana, di Paperon de Paperoni? Non del tutto. La Corte suprema degli Stati Uniti, all’unanimità (nove voti su nove giudici) ha annullato la sentenza della Corte suprema del Colorado che dichiarava Trump incandidabile, per le sue implicazioni nei fatti del 6 gennaio 2021, quando i seguaci di Trump assaltarono Capitol Hill (il campidoglio) per impedire al Congresso di ratificare la vittoria di Biden. Ci scappò anche il morto.
Secondo la Corte suprema non può il Colorado, o un altro stato incidere sulle primarie presidenziali che riguardano il Paese nella sua interezza. Ergo, anche altri tre stati che avevano votato l’incandidabilità dovranno adeguarsi alla decisione. La Corte suprema ha precisato che, a suo parere, unico competente a dichiarare incandidabile qualcuno è il Congresso degli Stati Uniti.
Tutto finito, allora? Strada Spianata per Donald Trump?
Per nulla: sulla testa del Tycoon pendono quattro processi penali avviati. La Corte suprema si è pronunciata in merito alla presunta partecipazione di Trump ai fatti di Capitol Hill, ma rimane aperta la questione di candidabilità non tanto alle primarie, quanto alle elezioni, in caso di condanne penali, anche se non definitive.
Parlo di elezioni presidenziali e non primarie, perché, posso sbagliare, ma i tempi per chiudere qualcuno dei quattro processi prima della fine delle primarie non credo ci sia, ma prima delle elezioni ritengo invece di sì.
E non è che la via del Congresso sia del tutto preclusa. Se ben ricordo per la prima volta si sono invertiti i ruoli ed i democratici hanno in mano saldamente il Senato con 51 democratici e 49 repubblicani, mentre la Camera dei rappresentanti vede una sostanziale parità degli aventi diritto al voto 219 repubblicani e 212 democratici.
C’è infatti da notare che Biden ha stravinto le primarie e che è riuscito a far rientrare la minaccia di scissione per l’eccessivo appoggio a Netanyahu, che sta da un bel po’ venendo meno.
Per contro le parole di Nikki Haley, ritirandosi dalle primarie, confermano l’esistenza di una fronda repubblicana di notevoli dimensioni nei confronti di Trump. Non si tratta di un passaggio politico. della minaccia di “deportazioni di massa, mai veste prima” o di altre imprudenze elettorali, su cui Trump potrebbe far marcia indietro, e riconquistare l’unità a cui oggi ha fatto appello, ma senza alcuna concessione nella sua linea politica. Si tratta di politici ed elettori repubblicani convinti che Trump sia una sciagura tanto per il partito, che da conservatore diverrebbe una riedizione aggiornata e corretta del Ku Klux Klan, quanto per gli Stati Uniti, che tornerebbero a guida di un uomo che per quarant’anni è stato una risorsa di Putin, e non ci sono motivi per ritenere che non sia più tale.
Ma i guai politici ed elettorali di Trump non si fermano qui: la condanna per diffamazione della Carrol gli è costata il disprezzo e la perdita quasi totale dell’elettorato femminile americano.
Non ho indiscrezioni in proposito, ma non è difficile immaginare che, a questo punto delle primarie, autorevoli pontieri democratici stiano contattando la Halley ed i suoi più autorevoli seguaci, per verificare se quello scarto di 7 voti a favore dei repubblicani nella Camera dei rappresentanti non sia colmabile con gli attuali dissidenti e non sia possibile far decretare la incandidabilità di Trump per aver ispirato l’insurrezione armata contro il Congresso nel 2021.
Ovviamente è un’operazione che i democratici farebbero solo con la certezza di ottenere un risultato positivo. Provarci e perdere, alla vigilia delle elezioni, sarebbe un autogol imperdonabile.
Innegabile che Trump abbia ottenuto qualche successo giudiziario con la sentenza della Corte Suprema Usa, ma la sicurezza che lui ostenta, come da copione del personaggio, è assolutamente infondata e fuori posto. Con quattro accuse penali sul capo e la fronda repubblicana, che mette il pericolo la tenuta della Camera dei rappresentanti, non c’è proprio nulla di cui essere tranquillo.
Come vedete una situazione in piena evoluzione che sarà interessante seguire.
A domani.
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