Il sapore perduto dell’acqua

Una riflessione sulla disconnessione umana dalla natura e il richiamo alla responsabilità ambientale

Rocco Michele Renna

Nell’antico suono della terra, nell’eco di giorni passati tra soli ardenti e campi arati, risiede un’essenza dimenticata. È il sapore dell’acqua, quel liquido primordiale che ha nutrito non solo i corpi dei contadini e dei pastori murgiani, ma anche le loro anime. Era più di una semplice fonte di idratazione; era un legame con la terra stessa, un legame con la vita stessa.

Quel sapore, fresco e puro, aveva il potere di trasportare chi lo assaggiava in un viaggio attraverso i secoli, verso una natura selvaggia e incontaminata. Era il sapore della libertà, della speranza, della vitalità che scorreva nelle vene stanche di coloro che lavoravano la terra con amore e dedizione.

Ma oggi, mentre ci perdiamo nei labirinti della modernità, abbiamo dimenticato quel sapore antico. Abbiamo sfruttato la terra fino a farla gemere sotto il peso della nostra voracità, finendo per trasformare il sapore dell’acqua in qualcosa di estraneo, di marino, di lontano dalle sue origini terrene. Persino nelle campagne di Andria, dove una volta l’acqua aveva un gusto unico, oggi si sente l’amaro retrogusto dell’infiltrazione marina, un segno inequivocabile della nostra irresponsabilità verso la madre terra.

Questa metamorfosi del sapore dell’acqua non è solo un fatto fisico, ma una metafora della nostra disconnessione dalla natura. Abbiamo dimenticato che siamo parte di un ciclo, che siamo interconnessi con ogni singolo elemento che popola questo meraviglioso pianeta. La nostra avidità e il nostro disinteresse per le conseguenze delle nostre azioni stanno portando alla desertificazione del territorio, alla perdita di biodiversità e alla destabilizzazione degli ecosistemi che ci circondano.

Nella prima lezione del corso di guardia ecologica volontaria organizzato dalla Provincia pugliese Bartletta-Andria-Trani, che abbraccia branche quali l’ittico, venatorio, ambientale e anche zoofilo, con Benedetto Miscioscia, si è affrontato un argomento di cruciale importanza: l’acqua, un bene imprescindibile del quale dipende la nostra stessa esistenza. È un dato di fatto che la Terra sia coperta per il 70% d’acqua, ma per nostra sventura, solo lo 2% di essa è acqua dolce, e proprio su questa risorsa così limitata stiamo perpetrando uno scempio senza precedenti.

Questo pensiero aggiunge un ulteriore strato di urgenza al tema trattato. Non è solo una questione di perdere un sapore antico e prezioso, ma di preservare una risorsa fondamentale per la vita stessa sul nostro pianeta. La riflessione sulla disconnessione dall’ambiente si amplifica ora verso una consapevolezza più ampia della nostra responsabilità verso il nostro ecosistema.

È un richiamo alla presa di coscienza immediata e alla necessità di agire con determinazione per invertire il trend dello sfruttamento smodato delle risorse idriche. Solo così potremo sperare di conservare non solo il sapore autentico dell’acqua, ma anche la sua disponibilità per le generazioni future.

È giunto il momento di svegliarci dall’incantesimo dell’indifferenza, di riconnetterci con la terra e di prendere coscienza dei danni che abbiamo causato. Dobbiamo agire con responsabilità, adottando pratiche sostenibili e impegnandoci nella protezione e nella rigenerazione dell’ambiente. Solo così potremo preservare il sapore autentico dell’acqua per le generazioni future, affinché possano conoscere e apprezzare la bellezza e la vitalità di cui siamo stati testimoni.

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