BIRDS
Il canto degli uccelli. In foto di copertina: Roberto Fabbriciani,
Roberto Fabbriciani
Da questa collezione di un anonimo del seicento per flauto solo e dalla celebre trascrizione della Primavera di Vivaldi per flauto solo di Jean Jeacques Rousseau presi l’idea di un programma da concerto dedicato al canto degli uccelli. Un’alternanza di brani, da salotto, allegri ma anche nostalgici. Il programma intitolato “Birds” il canto degli uccelli spaziava dal seicento ai giorni nostri con capolavori di Antonio Vivaldi, Leoš Janáček (Marcia degli Uccelli Blu), Camillo Togni (Rondine garrula), Franco Donatoni (Nidi), Olivier Messiaen (Le merle noir) e altri. Nel programma c’era anche una base elettronica realizzata da Marino Zuccheri presso lo Studio di Fonologia della RAI di Milano. Sulla scena solamente un ramo di albero con appesa una gabbietta aperta. Olivier Messiaen ricorda quanto diceva Paul Dukas: “Ascoltate gli uccelli, sono dei grandi maestri”.
Il flauto è sicuramente lo strumento che possiede il physique du rôle per imitare e dialogare con gli uccelli. Ricordo che durante un concerto in una radura lungo il fiume Murray in Australia, una moltitudine di pappagalli kukkabarra venne a posarsi su un grande albero facendo molto rumore.
Continuai a suonare, quasi in un duello sonoro con i kukkabarra, ma non avevo chances! Erano veramente troppi e molto ciarlieri. Fortunatamente dopo pochi minuti volarono via lasciandomi campo libero. Di frequente mi è capitato di effettuare dei veri dialoghi con uccelli.
Jean Jeacques Rousseau, scrittore e filosofo, teorico, critico e compositore realizzò una versione per flauto solo de “La Primavera” di Antonio Vivaldi questo è una dimostrazione del suo amore per la monodia e per la musica italiana di cui fu strenuo sostenitore. Il lavoro di Rousseau ci pone di fronte ad una serie di considerazioni. La scelta dello strumento ci appare molto verosimile: non si dimentichi, a tale proposito, che Vivaldi scrisse per “flauto traverso” il concerto intitolato “Gardellino”. La trasposizione della parte del violino principale al flauto giustifica anche il cambio della tonalità da mi maggiore a re maggiore, tonalità più comoda e più adatta al flauto barocco ad una chiave che era tagliato in re. Al contrario si nota la mancanza delle altre parti strumentali per cui, soprattutto nel Canto de gl’ Uccelli, vengono riassunte anche le parti degli altri due violini e si viene così a perdere il dialogo intessuto dalla prima voce in risposta con le altre due.
Nella famosa predica agli uccelli di S. Francesco, nelle campagne di Bevano, gli uccelli sono creature particolarmente care a Dio, e sempre e in ogni luogo lo devono lodare, poiché gli ha dato la libertà di volare in ogni luogo, il vestimento duplicato e triplicato… la possibilità di pascersi e di bere senza lavorare… le Sirocchie, dopo aver ascoltato la parola di S. Francesco e aver ricevuto la sua benedizione, si levarono in aria con meravigliosi canti di lode e ringraziamento.
Epopòi popòi popopòi, triotò triotò totobrix, chiccabàu chiccabàu torotorotorofililix!
Dal gioioso prorompere della più viva fantasia aristofanesca, dove la felice onomatopea è il segno cordiale di un impossibile vagheggiamento, all’ardimentoso sogno del genio di Vinci, il guardare agli uccelli è stato una costante per gli umani legati alla terra, alla polvere, ai sudati spostamenti, all’insegna magari del “maximis itineribus” dei libri di scuola.
Gli uccelli, “spruzzi di inchiostro nell’azzurro del cielo”, come disse Renard delle rondinelle, hanno costituito una presenza discreta, ma continua e sensibile, nella coscienza creativa in ogni campo dell’arte, prestandosi a contropuntare ogni moto dell’anima.
In musica si va dalla celebre e brillantissima pièce di Janequin a certe magiche atmosfere strawinskiane; ad una ben nota, adorabile “Toccata con lo scherzo del cucco” fino alle vivide trasparenze di una celebre suite di Respighi. Così gli uccelli sono stati fonte di altissima ispirazione: se Wagner svolge da par suo il tema dell’uccellino “maestro” dell’eroe, Schumann addirittura nell’ “Uccello profeta” spinge a vertiginose altezze le “Waldszenen” e fornisce una mirabile chiave per la comprensione della sua arte e della musica romantica.
Come ho detto sopra il flauto è apparso nei secoli a tanti compositori diversi per formazione, cultura, tendenze e credo estetico, lo strumento più idoneo a realizzare nel mondo dei suoni l’immagine degli uccelli: ne danno autorevole testimonianza la celeberrima indicazione vivaldiana del “Gardellino” e la non meno celebre “Pastorale” beethoveniana, dove il flauto è l’usignolo. Né deve sfuggire il significato della presenza del flauto nel “Waldweben” per non tacere delle simpatiche codificazioni del ruolo operate da Saint-Saëns nel “Le Carnaval des Animaux” e da Prokofiev in “Pierino e il lupo”.
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