Post voto 2020.

Dopo le elezioni ed in attesa dei dati completi che arriveranno dopo il turno di ballottaggio, proviamo ad anticipare qualche conclusione.

GP

Dopo ogni elezione che si rispetti, che tutti ufficialmente hanno vinto, almeno stando alle dichiarazioni degli interessati, si apre da un lato una qualche riflessione, come dire per aggiustare il tiro, dall’altro qualche cambiamento piccolo o grande di uomini al comando o di strategie prossime. .

Il centrodestra l’aveva sparata grossa. “Faremo il cappotto. Sette a zero.” Salvini faceva un gran regalo al tandem Di Maio-Zingaretti + Speranza e Renzi. Anche spuntarla in una sola regione per la coalizione di governo diventava una vittoria. E’ andata per loro molto meglio del previsto soprattutto per il PD. Hanno tenuto i Governatori uscenti di Campania (De Luca) e Puglia (Emiliano) e il neo candidato Eugenio Giani l’ha spuntata con un buon margine in Toscana. Per il centrodestra stravince in Veneto Luca Zaia, ormai al terzo mandato, e la sua Lista riporta la maggioranza assoluta, vince bene in Liguria il Governatore Toti, quindi due conferme e si vince pure nelle marche, col candidato di Fratelli d’Italia, Francesco Acqueroli. Lì ha giocato la legittima voglia di cambiamento. Le Marche sono ancora colme di macerie del terremoto. La popolazione è stata mollata a se stessa ed il voto ha fatto pagare il tutto a chi da un lato governava le Marche e dall’altro era al governo centrale. I marchigiani non hanno sentito che promesse ad ogni visita, ma fatti concreti 0.

Da un lato sono volati gli stracci nella coalizione di centrodestra. Ad un Salvini, eterno attaccante, che accusava la coalizione si scelte vecchie e superate, causa della sconfitta, si contrapponevano Fratelli d’Italia che forti di aver conquistato le Marche lamentavano la scarsa partecipazione della Lega alla campagna elettorale di Fitto in Puglia. Lo stesso Fitto, riservato e diplomatico, per natura e perché fin fa bambino è stato cresciuto a latte e politica, è esploso non potendone più di sentire Salvini indicarlo come la causa della debacle e gli ha rinfacciato la totale assenzadi sostegno dei leghisti nei confronti della sua candidatura.

Salvini scopre che questo periodo per lui è decisamente brutto. Al processo che inizia il 3 ottobre a Catania per i fatti della Gregoretti, si starebbero per aggiungere di simili giuste indagini aperte dalla Procura di Agrigento ed il supplemento d’indagini richiesto da quella di Palermo. E mentre ostenta sicurezza, che in realtà non ha, vede crollare il modello della locomotiva lombarda. Da un lato le stragi nelle Rsa, dall’altro i conti all’estero ed i parenti scomodi del Fontana, ci mettono del loro, poi sui fondi della Lombardia film commission i commercialisti della Lega che attingono a piene mani, sembrano solo la punta di diamante d’indagini destinate a fargli attorno terra bruciata.

Nella Lega potrebbe essere suonata la campana per Salvini. Ha ancora molti fedelissimi, ma li aveva anche Bossi prima di rimanere solo e di essere salvato dalla misericordia di Mattarella che gli ha concesso la grazia. Non è ancora chiaro se Giorgetti si sta candidando a sostituirlo o lavori per portare alla guida del partito Zaia, che lo lascerebbe libero di dettare le linee politiche, che sono principalmente un ritorno alle origini ed un arroccamento in Padania in difesa aperta degli interessi del nord.

Anche nella destra moderata di Berlusconi c’è fermento. Toti da un lato, forte del suo risultato e la Carfagna, che nel suo feudo napoletano è l’unica a rastrellare qualche voto al tandem De Luca – De Magistris, puntano al rilancio della destra moderata, convinti che sovranismo e nazionalismo non possono farcela nel Paese semza una terza gamba mederata alla guida della coalizione: e tutto sommato i successi elettorali in passato di Berlusconi, li supportano.

Nel centrosinistra si registra il consolidamento da un lato del Governo e di Conte, dall’altro della segreteria Zingaretti, messa in discussione alla vigilia del voto a turno dal vice segretario Orlando, dal Governatore Bonaccini e dal Sindaco Gori. Si sono azzittiti tutti i tre. Diciamolo: in politica un primato mica male!.

Dove le ostilità si sono aperte è invece la galassia pentastellata. Casaleggio e la piattaforma Rousseau, sono in difficoltà difesi da Di Battista, che però non è che conti poi tanto. Solo Grillo potrebbe salvarlo. Lo ha fatto molte volte, ma per ora tace in proposito. Di Maio rivendica il successo di aver portato a casa il referendum e con esso il taglio dei parlamentari. Ma Crimi resta come un asino in mezzo ai suoni. Da un lato c’è chi ha staccato la spina dalla chat e, si teme, prossimamente dal Movimento -Barbara Lezzi-, ma tra i Governisti non c’è omogeneità di vedute. Ci sono gli anti Rousseau, i Dimaiani -la corrente più numerosa- impegnati a mediare. i fichiani, che chiedono una leadership condivisa e comprensiva delle varie anime del partito e parlano di stati generali da fare subito per rilanciare il movimento, e gli autonomi guidati da Pauanelli e Taverna. Insomma da fare invidia alla Balena bianca, ed ai quali dobbiamo augurare di saper come la suddetta trovare sempre una sintesi che la faccia uscire compatta.

Silenziosissimi Leu cioè Art 1 e Sinistra italiana, ovvero i Bersano-dalemiani ed i Vendoliani.

Meno silenzio da Italia Viva, ma più per un’abitudine al chiacchiericcio che per contenuti interessanti, Un ragionamento matematico di Renzi per dimostrare che se si fosse presentato ovunque i suoi numeri sarebbero stati diversi. Grazie! Ma chi ti ha detto di non presentarti? Non avere un candidabile. Dunque? Intanto Renzi scalda i muscoli in attesa della battaglia del secolo; la soglia di sbarramento. Il sindaco d’Italia etc sono tutte chiacchiere. Cederà piangendo sulla spalla graziosa della Boschi, quando rinuncerà ai suoi idoli, in cambio di una soglia elettorale confacente alle dimensioni sue, di+Eu e Azione. Con Berlusconi tratterà ma di leader ce ne sono già troppi.

Le cose stanno così, mentre sia a destra che a sinistra una galassia di sigle e siglette si allenano guidate alle volte da idealisti, altre da furbacchioni che mettono su tutto l’ambaradam di un movimento per provare a vincere il primo premio di uno scannetto da qualche parte.

In conclusione le novità di rilievo potrebbero venire dai gialli e dai verdi, ex amanti, separati in casa prima e divorziati poi. Ma per vederle dobbiamo aspettare il turno di ballottaggio. Aprire le ostilità oggi sarebbe suicida. Ma a dire il vero nei pentastellati, dove ci sono teste pensanti di tutto rispetto, a dispetto della facile e volgare ironia degli avversari, qualcun’altro con la vocazione al suicidio c’è. E se ne vanta pure.

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