Raffaello Sanzio: 6 aprile 1483 – 6 aprile 1520. L’uomo
Raffaello, senza dubbio, uno dei nostri grandi del Rinascimento, pittore, architetto, studioso della civiltà romana, gli stessi storici affermano che, con la sua morte, scompare tutta l’epoca rinascimentale. Indubbiamente la sua fama non è stata scalfita dal tempo,è stato un grande !
Maria Catalano Fiore
Raffaello, di lui forse potremmo scrivere tomi, ma, forse, bisognerebbe conoscere e comprendere l’uomo su cui ci sono ancora aspetti irrisolti. Seguiamo le tappe della sua vita. Noi tutti siamo abituati ad identificarlo nel suo autoritratto giovanile, a circa a 25 anni, con un aspetto angelico, ma è stato anche più maturo. Morto prematuramente, a soli 37 anni, nello stesso giorno della sua nascita, e per combinazione di venerdì santo, nel suo ultimo ritratto, infatti, appare stanco, imbolsito, con una lunga barba quasi incolta. Notizie attendibili sulla sua vita le possiamo attingere dagli scritti di Giorgio Vasari, poi dai diversi contratti e missive con Papi ed altri committenti e mecenati.
Quindi chi era davvero Raffaello Sanzio, anzi Santi, vero cognome del padre? Era un lavoratore indefesso, uno studioso ossessionato dalla Roma classica o aveva una sua vita privata? Era, comunque, un genio che aveva previsto addirittura la sua morte prematura, progettando e facendo realizzare la sua tomba in marmo, nell’edicola Madonna del sasso, all’interno del Pantheon, a Roma, dove ormai viveva da anni dopo aver avuto i natali ad Urbino. Le celebrazioni per questo 500nario sono cominciate appunto da lì, da quella tomba di marmo semplice e lucido con inciso, in modo molto sobrio, il seguente epitaffio, dedicatogli da Pietro Bembo: “Qui è quel Raffaello da cui, finché visse, Madre Natura temette di esser superata, e quando morì, temette di morire con lui”. E’ su questa tomba che dal 1 gennaio 2020 ogni mattina viene deposta una rosa rossa, il suo fiore preferito. Si svilupperanno poi una serie di Mostre e celebrazioni , compatibilmente con le restrizioni vigenti.
La Mostra monografica piu’ importante si sta svolgendo, in parte in via telematica, presso le Scuderie del Quirinale, organizzata dal Mibact (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) e curata dallo storico Antonio Paolucci, già ministro dei Beni Culturali.
Risaliamo alle sue origini, il padre era si un discreto pittore, Giovanni Santi, ma più che altro un cantore di gesta, molto noto presso la raffinata corte umanistica di Federico II da Montefeltro, ad Urbino. E’ da suo padre che Raffello apprende i primi fondamenti della scrittura e del disegno, prima, quindi, della pittura. Rimasto orfano in giovane età, ad inizio secolo si ritrova apprendista presso la bottega di Pietro Perugino, stimato amico del padre. In questa bottega, come da prassi, collaborerà, prima alla preparazione, poi alla rifinitura, quindi, addirittura, ad esecuzioni a 4 mani con il suo maestro, il Perugino. E’ di questo periodo un quadro, Lo sposalizio della Vergine, in contrapposizione e slegandosi dalle regole del Perugino ma, comunque, simile alla sua opera, La consegna delle Chiavi di Roma. Una certa vena di irrequietezza comincia ad apparire già in queste sue opere, derivante anche dal suo trasferimento a Firenze, città molto diversa da Urbino, con un suo assetto, all’epoca, politico indeciso e satura di cospirazioni di ogni genere. A Firenze, comunque, allarga la sua preparazione, la sua cerchia di amicizie, confrontandosi con Leonardo da Vinci, Bramante, Michelangelo e molti altri nella ricerca del bello ideale ed assoluto e di una luminosità che si evolve man mano nei numerosi ritratti. Con questi artisti condivide la vita ed anche importanti committenze, qualcuno cerca di accasarlo, ma lui scanserà con cortesia.
La sua opera maggiore, a conclusione di questo periodo, è, appunto, la notissima pala de Lo sposalizio della Vergine, datata 1504, ora a Brera, in cui appaiono chiaramente le influenze di tutti Grandi amici ed il superamento della più statica opera del Perugino. Notevole nelle sue opere la più libera disposizione dei personaggi e sul fondo un’architettura tipica tra il Bramante, Piero della Francesca, ed altri. Raffaello si lega, in questo periodo, maggiormente a committenti importanti e facoltosi come il compiacente ed intrigante Cardinal Bibbiena ed il banchiere Agostino Chigi, che alimentano i suoi vizietti, aiutandolo persino procurandogli donne compiacenti a domicilio, per evitare che si distraesse troppo dalle creazioni e per consentirgli di lavorare meglio. Contemporaneamente è questo il periodo delle sue varie Madonne, un percorso molto utile alla sua maturità artistica, nonché alle sue tasche.
Tra il 1506 ed il 1508 Raffaello si sistema definitivamente a Roma, accettando le commissioni importanti del Chigi e del Papa. A Roma, in quegli anni regnava Papa Giulio II della Rovere; intorno alla sua persona e corte papale si andavano raggruppando un folto gruppo di umanisti,, letterati, artisti, architetti ecc….già presenti, in precedenza, nelle corti di Urbino e Firenze. Particolarmente attivo era l’architetto urbinate Donato Bramante, nominato Direttore della nuova Fabbrica di San Pietro per il quale, come per Raffaello, l’antichità classica esercitava una forte attrattiva ed influenza, sia come studio teorico che come possibile applicazione.
Giulio II (Papa dal 1503 al 1513) e’ stato senza dubbio una personalità complessa e dinamica. Come valente guerriero disperse i Borgia. Come amministratore risanò le finanze del papato e diede inizio all’ampliamento di interi quartieri, La Via Giulia, ad esempio, ed avviò opere monumentali come l’ambizioso progetto di rifacimento della Basilica di San Pietro. Questo fervore creativo attirerà, ancora di più, i migliori e più conosciuti artisti ed architetti dell’epoca, dal Sangallo, al Bramante, al Sansovino, a Michelangelo e Raffaello stesso. Mai, come allora, Roma è stata gremita di autentiche e geniali personalità artistiche.
La prima commissione di Raffaello a Roma, fu l’importante Stanza della Segnatura, in Vaticano, tra il 1508 ed 1511. Quasi contemporaneamente, non molto lontano, Michelangelo cominciava i lavori della Cappella Sistina. Entrambi lavori di successo ed estremamente complessi, che si differenziano per finalità, Chiesa e potere temporale e, quindi. nettamente anche per i soggetti ritratti. La Signatura offre figure armoniose ed appare abitata da personaggi sia sacri che profani, simbolo di una Chiesa ormai investita completamente dei poteri temporali. Una dottrina piuttosto complessa da trasporre in immagini. Preceduta da una grande quantità di disegni preparatori ed esplosa nella superba Scuola di Atene. Raffaello viene chiamato, addirittura, sbaragliando tutti, dopo la morte di Bramante, a dirigere la Fabbrica di San Pietro, e contemporaneamente anche per il progetto della Cappella del ricco banchiere Agostino Chigi in Santa Maria del Popolo. Nel 1511 lavora, inoltre, anche nella ricca villa del banchiere Chigi, poi detta La Farnesina, dove alloggia da sempre. Su questo periodo, dal Vasari abbiamo alcune notizie in più, anche se edulcorate, sulla vita e sulle passioni di Raffaello: “Fu Raffaello persona molto amorosa et affezionata alle donne e, di continuo, preso ai servigi loro. La qualcosa fu cagione che, continuando i diletti carnali, egli fu dagli amici rispettato e compiaciuto, forse più di quanto fosse conveniente. Onde, facendogli Agostino Chigi, amico suo caro, dipignere nel palazzo suo la prima loggia, Raffaello non poteva molto attendere a lavorare per lo amore che portava ad una sua donna; per il che Agostino si disperava di sorte che per via d’altri e da sé, ed i mezzi ancora, operò si che appena ottenne che questa sua donna venne a stare con esso in casa continuamente, in quella parte dove Raffaello lavorava, il che fu cagione che il lavoro venisse a fine”. Comunque, tra gli vari svaghi praticati non trascura di realizzare ritratti ai papi Giulio II, Leone X e altre opere ampie come la Stanza di Eliodoro sempre in Vaticano, tra il 1511 ed il 1514, tutte opere che vanno analizzate ampiamente per tecnica, personaggi, significati e persino per i ritratti di noti personaggi che si offrono vanitosamente come modelli. Per quanto riguarda i ritratti papali o di insigni prelati,addirittura c’è una gara per riuscire ad adornare la propria dimora con un ritratto eseguito da Raffaello. In questi anni continua ad alloggiare presso il Chigi e ad ampliare la Farnesina. Raffaello ritrae ancora numerose dame sino al 1516 in cui dipinge una tavola di Donna Velata, identificata in Margherita Luti, la donna amata nei suoi ultimi anni, ritratta ancora, senza veli e identificata come la Fornarina.
Il Vasari a tal merito scrive: “Il quale Raffaello, attendendo intanto ai suoi amori così di nascosto, continuò fuor di modo i piaceri amorosi, onde avvenne che una volta fra le altre disordinò più del solito; perchè tornato a casa con una grandissima febbre fu creduto dai medici che fosse riscaldato; onde, non confessando egli il disordine che aveva fatto, per poca prudenza, loro gli cavarono sangue; di maniera che indebolito si sentiva mancare, la dove egli aveva bisogno di ristoro.” Ma quando erano peggiorati questi stravizi ? La morte di Raffaello resta avvolta nel mistero, alcuni, anche se pochi, hanno osato collegarla a malattie veneree. Nel suo ultimo ritratto è comunque difficile ritrovare quel giovinetto del suo primo Autoritratto, quel ritratto dove, dopo la fugace apparizione in La Scuola di Atene, è ormai espressione di un uomo vissuto. Il Vasari appare reticente, anche se nello stesso tempo ci offre spunti ed episodi per una rilettura della vita di Raffaello.
Comunque sia stata la sua vita privata, la sua produzione artistica è stata cosi grande che pare inopportuno dare spazio alla narrazione della sua vita da uomo, comunque nota ai suoi colleghi, tra cui Sebastiano Dal Piombo che ha lavorato con lui alla Farnesina, proprio in uno dei più caldi e furiosi momenti erotici di Raffaello.
Nel famoso Ritratto di Baldassar Castiglione, pare quasi che il Genio rappresenti se stesso che ormai rasserenato è convinto di una morte imminente, ha un colorito cereo, spento. Si può concludere, con il Vasari : “Ora a noi che dopo lui siamo rimasi, resta imitare il buono, anzi, ottimo modo, da lui lasciatoci in esempio e come merita la virtù sua e l’obbligo nostro, tenerne nell’animo graziosissimo ricordo e farne con la lingua sempre onoratissima memoria.” Ed ancora: “L’anima del quale è da credere che, come di sue virtù ha abbellito il mondo, così abbia di sé medesima adorno il cielo.”
Oggi, a 500 anni dalla sua morte, per colpa della pandemia di Covid-19, la sua mostra più bella e completa appare deserta. Con lui il Rinascimento mise le radici anche a Roma. Sposò paganesimo e cattolicesimo senza essere blasfemo.
Speriamo, tramite il Mibact, di riuscire ad aggiornarvi sullo slittamento dei vari eventi, programmati in tutta Italia.
In copertina Scuola di Atene, in galleria i Papi Giulio II e Leone X, autoritratto giovanile, la fornarina e la rosa sulla sua tomba.