Morto il primo detenuto.

Muore un siciliano 76 detenuto in attesa di giudizio. Ricoverato al Sant’Orsola di Bologna si scopre positivo al Coronavirus

La Redazione

Non poteva essere diversamente. Chi sosteneva che i colloqui con le famiglie erano il solo mezzo per far entrare il contagio nelle carceri diceva una colossale fesseria. Evidentemente ignorava, e tanto per cambiare però dava fiato alla voce senza connetterla al cervello, che nelle carceri il personale di custodia ed ausiliario, dalla polizia penitenziaria a medici, infermieri, assistenti sociali, dove ci sono, entrano ed escono più o meno quotidianamente. Ovviamente anche giudici, cancellieri ed avvocati per gli adempimenti non rinviabili. Poi ci sono i detenuti autorizzati a svolgere attività lavorative o sociali fuori del carcere, che rientrano solo per trascorrervi le ore notturne.

Sta di fatto che è deceduto a Bologna un detenuto in attesa di giudizio, un siciliano 76enne in carcere dal dicembre 2018 in quanto ritenuto “reggente della famiglia mafiosa di Misilmeri”. Era stato ricoverato al ospedale Sant’Orsola di Bologna in quanto affetto da grave insufficienza respiratoria e sottoposto in ospedale al tampone era risultato positivo al Covid-19. Altri due detenuti dello stesso istituto carcerario sono risultati ad oggi positivi e con loro un agente di custodia.

Ovviamente sulle misure da adottare la politica non solo è divisa ma si rinfaccia con un ping-pong insopportabile la responsabilità del sovraffollamento delle carceri e la mancanza totale di un serio progetto di risoluzione dei problemi connessi all’edilizia giudiziaria (vedi incendio al Tribunale di Milano) e carceraria.