Oscar Peterson alla Salle Pleyel
Martedì la rubrica di Antonio de Robertis (la voce della Radio). Novecento in Concerto. Grandi assembramenti per eventi memorabili
Antonio De Robertis
Tempo di lettura 6:30 min.
La nostra meta oggi è il 252 di Rue du Faubourg Saint-Honoré, la via più chic, più elegante ed esclusiva di Parigi, a due passi dall’Étoile. Lì c’è la Salle Pleyel, inaugurata nel 1927 e di solito dedicata ai concerti sinfonici. A bordo della mia macchina del tempo si viaggia veloci e per tornare alla sera del 5 ottobre 1978, basta un battito di ciglia. Stasera, musica per palati fini, non classica, come il luogo farebbe supporre, ma jazz. Credo che ormai chi mi legge si aspetti sempre il meglio e così sarà anche questa volta. Sì perché ad abbattere l’ennesimo muro, a profanare musicalmente un altro luogo, sacro al pari della Carnegie Hall, provvede un pianista, vero e proprio dominatore dello strumento: Oscar Peterson.
Ho faticato un po’ a selezionare il meglio (a mio giudizio, s’intende) da quello che è passato alla storia come The Paris Concert, ma nulla vieta che possiate ascoltarlo tutto. YouTube provvede. Personalmente, preferisco ascoltare il concerto dai solchi del long playing.
La formazione, un trio, è di altissimo livello e, al tempo stesso, assai singolare: Oscar Peterson al piano, Joe Pass alla chitarra, Niels Pedersen al basso. Notato niente? Manca un batterista. Eppure non se ne sente la mancanza, tanto ricco è lo swing, tanto intenso è il beat.
L’esempio più probante sta tutto qui dentro, in un classico del repertorio di Benny Goodman, una composizione firmata da Benny assieme a Count Basie:
Benny’s Bugle
Come già detto, siamo nel 1978. Specialmente per l’Italia, è un anno duro, durissimo, tragico. L’evento più terribile si compie fra il 16 marzo e il 9 maggio: dal mattino della strage di Via Fani, quando un commando delle Brigate Rosse rapisce il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro e uccide i cinque uomini della scorta, all’altro, ancor più terribile, quando il corpo senza vita di Moro viene ritrovato nel baule di una Renault 4 rossa in via Caetani, a metà strada tra la sede della DC e quella del PCI. La ferita aperta dal rapimento e dall’omicidio di Aldo Moro, è difficilmente rimarginabile. Sulle ragioni, la dinamica e l’atteggiamento della classe politica, divisa fra chi lo voleva salvare a tutti i costi e chi non accettò mai la trattativa con le Brigate Rosse si discute ancora oggi.
C’è anche un’altra morte che colpisce, in quell’anno. In Sicilia, a Cinisi, un giovane che alzava la voce contro la mafia dalla sua piccola stazione radiofonica, Peppino Impastato, muore –così si dice in un primo momento- mentre stava piazzando una bomba; ma poi le indagini permettono di appurare che a ucciderlo è stata la mafia.
Chiusa la parentesi, torniamo alla musica.
È importante spendere qualche parola sui tre protagonisti del Paris Concert.
Oscar Peterson, canadese, fra i pianisti cosiddetti “innovatori” –Fats Waller, Art Tatum, Earl Hines, Errol Garner- senza dubbio è quello dotato del maggior tasso tecnico, al limite della perfezione. La sua capacità virtuosistica, che si rifà ad Art Tatum, il pianista cieco ammirato da Rachmaninoff, è stupefacente. Certi suoi passaggi solistici destano impressione per la difficoltà della diteggiatura, facilmente intuibile anche senza vederlo.
Niels Pedersen, scomparso prematuramente quindici anni fa, era un bassista dalla tecnica perfetta, capace di progressioni solistiche vigorose e ricche di swing. Proprio per questo, per merito suo, nel concerto della Salle Pleyel l’assenza della batteria non si nota affatto.
Joseph Anthony Passalacqua, l’italo-americano conosciuto come Joe Pass, è uno dei più grandi chitarristi jazz di tutti i tempi. Nel solco di Django Reinhardt, Charlie Christian e Wes Montgomery, sfoderava tecnica sopraffina e capacità d’improvvisazione unica, nella quale inseriva il contrappunto melodico: accordi e melodia, sapientemente miscelati senza soluzione di continuità. Eccone un saggio: il lungo assolo con cui reinterpreta un famoso standard:
Lover Man
Fra gli eventi del 1978, difficile trovarne qualcuno positivo. Uno però c’è: l’8 luglio, Sandro Pertini, grande oppositore del fascismo e vecchio protagonista della Resistenza, diventa il settimo Presidente della Repubblica Italiana. Un presidente indimenticabile.
Uomo di grande sensibilità e gusto, avrebbe sicuramente apprezzato Joe Pass, al quale sul finire si unisce Nils Pedersen, nella sua personalissima rivisitazione di un classico di Luis Bonfá:
Samba de Orfeu
Come ormai tradizione, prima dell’ultima proposta apriamo un rapido fuoco di fila di notizie dell’anno. Oggi, quindi, del 1978.
L’11 febbraio, la Cina proibisce la lettura delle opere di Aristotele, Shakespeare e Charles Dickens.
Il 21 febbraio, a Città del Messico, alcuni operai delle linee elettriche s’imbattono in quelle che in seguito risulteranno essere le rovine del Templo Mayor.
Il 27 febbraio, l’atollo di Mururoa è teatro di alcuni esperimenti nucleari francesi.
L’8 maggio, Reinhold Messner e Peter Habeler sono i primi alpinisti della storia a raggiungere la cima dell’Everest senza l’ausilio di bombole d’ossigeno.
Il 22 giugno è il giorno della scoperta di Caronte, il primo satellite di Plutone.
25 giugno la nazionale di calcio argentina, con una vittoria sull’Olanda per 3-1 dopo i tempi supplementari, vince il suo primo titolo mondiale.
Il 25 luglio nasce Louise Brown, la prima “bimba in provetta”.
Il 17 settembre, con la mediazione del presidente Jimmy Carter, vengono firmati gli accordi di Camp David: la penisola del Sinai, conquistata dagli israeliani durante la guerra del Kippur, viene riannessa all’Egitto, il primo paese arabo che riconosce l’esistenza di Israele.
Il 5 ottobre, alla Salle Pleyel, Oscar Peterson, Nils Pedersen e Joe Pass chiudono il loro concerto trionfale con
Sweet Georgia Brown
La discografia di Oscar Peterson è sterminata. Per le sue doti d’incomparabile virtuoso, nel corso degli anni è stato insignito di numerose onorificenze e nominato Ambasciatore Musicale del Canada nel mondo.
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