Speranza: “Pronto il piano per convivere col virus”

Il ministro della Salute Roberto Speranza annuncia che l’Italia è pronta all’avvio della cd. “Fase 2”, quella della convivenza col virus

Vito Longo

Era il 21 Febbraio quando Mattia, 38enne di Codogno, provincia di Lodi, contraeva, primo italiano, il Coronavirus. Da lì in poi c’è stata una sequela di casi, soprattutto in Lombardia, e di provvedimenti a spirale via via sempre più restrittivi per limitare la diffusione del contagio.

Il 9 marzo, per bocca del premier Conte, tutta l’Italia dichiarava il “lockdown”, come già abbiamo raccontato in un precedente articolo. Qualche giorno fa, infine, il termine ultimo della chiusura, inizialmente previsto per il 3 di Aprile, è stato prolungato, almeno al momento, fino al 13 dello stesso mese.

Era legittimo attendersi anche altro oltre la misura del “restare a casa”. E allora, un mese e mezzo dopo l’inizio dell’emergenza, il ministro della salute ha annunciato le misure che l’Italia è pronta a mettere in campo per essere pronta a convivere con il Covid-19 in un’intervista a Repubblica.

Andiamo, di seguito, ad elencarle.

Distanziamento sociale a oltranza

Questa sarà, probabilmente, la misura che più di tutte ci accompagnerà nei prossimi mesi, realisticamente fino a quando non saranno disponibili un vaccino ed un trattamento farmaceutico su larga scala.

Rafforzamento dell’assistenza domiciliare

In molti ritengono, a ragion veduta, che questa sia stata la chiave che ha fatto la differenza tra Lombardia e Veneto nell’affrontare la pandemia. Sarà indispensabile, nei prossimi mesi, alleggerire la pressione sugli ospedali, onde evitare la saturazione di quest’ultimo periodo.

Creazione di ospedali interamente dedicati al Covid-19

In America e in Germania, per esempio, si sono organizzati così sin da subito. Anziché avere, nella stessa struttura ospedaliera, ricoverati per Covid e no, sono stati predisposti interi ospedali destinati esclusivamente al trattamento e alla cura del Coronavirus. La strada maestra da seguire è questa, per poter arrivare preparati alle successive ondate e limitare il contagio tra i ricoverati.

Tamponi in massa

Avevamo già affrontato il tema dei tamponi su larga scala, soluzione suggerita anche dall’OMS e adottata fin da quasi subito in Veneto. La novità delle ultime ore è rappresentata dalle stazioni drive through, ossia la possibilità di fare il test direttamente dalla propria vettura, allo scopo di effettuare un’ampia mappatura del paese con la collaborazione dell’Istat.

Revoca delle restrizioni per gli immuni

Sul punto non è chiaro come si certificherà l’immunità degli individui – in Germania, per esempio, è una tessera magnetica ad attestare la piena capacità di ripresa dell’attività lavorativa – ma l’orientamento è quello di far rientrare a lavoro a pieno regime chi fosse segnalato come guarito.

Sviluppo di una app di tracciamento

Al netto dei dubbi sulla privacy, pare sia ormai in fase avanzato lo sviluppo di un’app per tracciare i contatti dei contagiati, anche se solo nelle ultime 48 ore precedenti. Sono gli esperti, sostiene il ministro, a consigliare una durata così breve, benché i paesi che hanno implementato simili sistemi di contact tracing digitale, lo abbiano fatto per un numero di giorni pari alla durata massima del periodo di incubazione della malattia.

I seguenti provvedimenti vanno nella direzione che gli esperti chiedevano già dai primi giorni dell’emergenza, quando l’Italia aveva registrato “solo” poche decine di decessi per Covid19. Ora si sono ormai resi necessari perché, sebbene permanga un margine di incertezza sul “quando”, è ormai prossimo l’avvio della “Fase 2”, soluzione linguistica scelta già dal dottor Borrelli, responsabile della Protezione Civile, per indicare il periodo che ci chiamerà a ritrovare lentamente una normalità mentre “conviviamo” con il virus.

Sebbene gli sforzi del ministro sembrano andare nella giusta direzione, i dubbi che restano ancora insoluti non sono pochi.

Quanto tempo ci vorrà per rendere pienamente funzionanti questi strumenti?

Come mai ci abbiamo messo così tanto per studiare un piano più strutturato del semplice “restate a casa”?

Come mai la risposta comunicativa del governo è stata e, purtroppo continua ad essere, frammentata, timida e poco tempestiva?

Attendiamo le risposte a questi e ad altri legittimi dubbi e attendiamo tempi migliori per accertare le responsabilità, perché quando l’emergenza si sarà attenuata qualcuno dovrà pur rispondere dei tanti errori commessi, soprattutto in Lombardia. Non per trovare colpevoli, ma per evitare di ripetere gli stessi errori quando l’epidemia dovesse tornare e per pianificare adeguatamente il dopo.