Crisi superata? Non proprio.
I fatti accaduti vanno letti ed interpretati. Letture superficiali non sono ammesse.
GP
La lettura di quanto accaduto ieri a Palazzo Madama, Sede del Senato della Repubblica, richiede qualche riflessione ed attenti approfondimenti. Liquidare l’accaduto tirando un sospiro di sollievo “per il pericolo scampato” sarà pure giusto farlo, ma poi bisogna darsi un’immagine corretta della situazione del giorno dopo per non finire nuovamente a breve a rischiare il baratro.
Era infondo un braccio di ferro, non personale, ma tattico tra Giuseppe Conte, schierato a difesa dell’integrità e dei faticosissimi equilibri raggiunti dalla maggioranza, e Matteo Renzi, intenzionato a scardinarli e mostrare urbi et orbi la non marginalità di Italia Viva.
Chi ha vinto? Tutti e due a prima vista. E’ stato un incontro di pugilato dove nessuno dei due atleti è finito al tappeto e si è giocato sui punti conquistati. Se devo dirla tutta, anche se mi spiace riconoscerlo, il dato che emerge forte e chiaro è che senza l’astensione di Italia Viva oggi il governo non ci sarebbe più.
Renzi ha giocato sul piatto di questa crisi i suoi uomini (e donne) al governo, facendo a meno di poter annoverare tra le proprie fila due ministre (Bellanova e Bonetti) ed un sottosegretario (Scalfarotto), in cambio il suo partitello del tre per cento (definizione di Marco Travaglio) dimostra di essere indispensabile per governare e, dunque, pienamente titolato a dettare condizioni sui principali provvedimenti da adottare da domani.
Ripeto che mi spiace doverlo ammettere, ma credo sia il capolavoro politico di Matteo Renzi, che sarà inaffidabile, che quanto di abbraccia ricorda il più noto Giuda, che lieare non è mai, ma al quale negare capacità tattiche e strategiche politiche è un’autentica bestemmia.
Giuseppe Conte dal canto suo non dovrà, almeno per ora, salire al Colle a dire al Presidente Mattarella di non avere più una maggioranza. Ci saliranno Salvini e Meloni a chiedere le elezioni anticipate, “forti” della sconfitta dell’opposizione ieri a Palazzo Madama. Sconfitta, certo! Vedevano imminente la “spallata” e per ora è svanita, si è dissolta come neve al sole. Avrà tempo e forza Conte, è pur sempre il Presidente del Consiglio in carica e gode di un gradimento elettorale veramente notevole, anche se recentemente con qualche segno di cedimento, per provare a rafforzare l’esecutivo portando avanti “la campagna acquisti”, magari attraverso i tre partiti che fanno parte del governo.
Intanto, finchè non gli riuscirà di rafforzarsi a sufficienza con Renzi e co. dovrà concordare tutti i provvedimenti a venire. Piaccia o meno, con il no dei renziani non passano e, se non è in ballo la fiducia, Renzi è libero di far dire ai suoi quel no.
I dati di ieri al Senato, 156 i ‘sì’, 140 i ‘no’, 16 gli astenuti dicono questo e non altro.
Significative oggi le dichiarazioni di Zingaretti e Renzi.
Il primo parla con la consueta chiarezza e senza mezzi termini: rafforzare la squadra dei ministri va bene, ma non è sufficiente, allargare la maggioranza e superare i 161 consensi (minimo necessario per reggere in Senato) deve essere il primo obiettivo della coalizione. C’è chi lo ha letto come un appello ai renziani, perché tornino alla casa del padre. In fondo si sono sfiorate le elezioni anticipate di un soffio e in caso di ricorso anticipato alle urne, con un terzo di parlamentari in meno ed una legge elettorale ancora nel limbo, il rischio di tornarsene a casa non è scongiurato.
Dal canto suo Matteo Renzi, riperto, vincitore ai punti di questa prima sfida, sbaglierò ma ne vedo diverse altre anche a breve, non si accontenta del grosso risultato raggiunto. Rincara la dove ed anticipa di essere pronto a promuovere e sostenere un governo di solidarietà nazionale. Secondo alcuni manda un doppio messaggio: a Conte “non è finita quì”, a Berlusconi “il patto del Nazareno, per me -anche se sfrattato dal Pd- resta in piedi”.
Non credo ci sia altro da aggiungere, salvo che mi piacerebbe che in molti, tanti, leggessero l’editoriale di ieri. All’invisibile Francesco di tutto ciò non gliene può fregare di mano e, aggiungo, il disinteresse ed il disgusto per la politica ha superato la maggioranza assoluta degli italiani che non votano: tra giochetti di palazzo e provvedimenti che ignorano in realtà chi ha più bisogno, non c’è da meravigliarsene.
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