Regolarizzazione dei migranti e meridione
Due parole sulla nostra linea editoriale, un attimo di storia ed analisi e soluzioni immediate per la nostra agricoltura, minacciata ora anche dalla demagogia e dal qualunquismo.
Gianvito Pugliese
Nel presentare ai Colleghi della Stampa (ed ai Lettori) questa testata, abbiamo chiarito che Lavocenews.it intendeva guardare ai fatti del mondo, senza dimenticare quelli di casa nostra, e rileggerli come chi a Bari ha le sue radici. Ovviamente parliamo della visione, legittimamente orgogliosa, con gli occhi e la mente di chi ricorda ed ama l’école barisienne (a cavallo tra gli anni 70 ed 80), ma prima ancora la Bari della fine dell’ultimo conflitto mondiale, con Radio-Bari, la prima radio libera nel 44 (ai cui temi la nostra storica, Maria Catalano Fiore, sta dando spazio prioritario nelle sue riflessioni), che consentì un fermento culturale più unico che raro a livello nazionale. Occorre, tuttavia, scavare un poco più indietro nel tempo, per riscoprire, con orgoglio, di aver avuto, grazie a Casa Laterza, a Bari uno dei poli fondamentali della scuola Crociana a cavallo tra gli anni 30 e 40, e quì solo un accenno al suo “luogotenente” barese, Domenico (Mimì) Loizzi (il fratello grande di mia madre).
Premessa lunga, e chiedo scusa ai lettori, ma indispensabile per comprendere il ragionamento che segue e che nell’epoca delle immagini e degli slogan, va forse, decisamente in senso contrario.
Il meridione d’Italia e la sua economia vivono (sopravvivono, direbbe qualcuno) di turismo, di agricoltura e di terziario avanzato. Ognuno di questi campi meriterebbe e meriterà appositi approfondimenti.
Teresa Bellanova, attuale Ministro dell’agricoltura, le cui posizioni non sempre ho apprezzato, pugliese d’origine (Ceglie Messaprica -Br) e di formazione (sindacalista nel settore agricolo) chiede permessi temporanei di sei mesi, rinnovabili per chi venisse stabilizzato, per un congruo numero di immigrati extracomunitari. Tanto per consentire a breve la raccolta nei campi dei prodotti ortofrutticoli stagionali. che rischiano di marcire ove non raccolti e, conseguentemente, bloccare la distribuzione di prodotti essenziali in supermercati e mercati alimentari.
E’ in Italia centro meridionale che la necessità di manodopera d’importazione è più sentita. La nostra agricoltura, salvo rare eccezioni, non è tecnologicamente avanzata. La raccolta con sistemi automatici è ancora, pur presente, poco praticata e non so se non sia una fortuna per la qualità dei prodotti.
Anche l’agricoltura del nord Italia richiede manodopera, ma prevalentemente specializzata e, comunque, in numeri contenuti.
Cosa fa la Lega, tirandosi dietro buona parte dell’opposizione? Nel nome del demagogico e falso, quanto non mai, “prima gli Italiani”, che quel lavoro da tempo immemorabile non vogliono più assolutamente farlo, e lo sanno pure i neonati, ecco che si oppone e, tanto per cambiare, minaccia la piazza e le barricate.
Certo, amiche lettrici e lettori, la storia è sempre la stessa. I provvedimenti dello Stato, per la Lega e associati, devono essere finalizzati a far crescere solo la locomotiva d’Italia, dove ho paura che l’eccessiva concentrazione industriale ed il conseguente inquinamento sia un gravissimo pericolo per coloro che vivono in quelle terre e che considero a tutti gli effetti fratelli. Qualcosa in più di una mera avvisaglia è appena accaduta.
La Cassa del Mezzogiorno, strumento utilissimo per la ricostruzione industriale, stanziò si fondi cospicui per insediare stabilimenti industriali nel sud Italia e in altre zone ad alta disoccupazione. Ma quei fondi li utilizzarono in stragrande misura gli industriali del nord (l’investimento internazionale era da noi ancora uno sconosciuto), per costruire ed attrezzare a spese pubbliche fabbriche. Le industrie ed il grosso delle entrate fiscali rimasero lì dov’erano, non si erano ancora scoperti i paradisi fiscali europei ed extra dove stabilire sedi legali. Il divario economico, occupazionale sociale, non culturale però, continuò a crescere. I vincitori dell’Unità d’Italia continuavano a reclamare il “tutto a noi” come loro diritto, i vinti ad essere sottomessi e “rapinati”. Cause, effetti, colpe delle popolazioni, dei loro rappresentanti, i retaggi culturali dovremo esaminarli dettagliatamente.
Per ora, mi limito a constatare che ancora una volta alla Lega, non solo non le passa manco per l’anticamera del cervello di agevolare il sud, ma neanche di non ostacolare le sue necessità produttive ed economiche primarie, laddove al nord non costerebbe nulla. Mi spiace constatarlo, ma per una manciata di consensi, le promesse fatte al sud ed ai suoi cittadini, plaudenti nelle piazze sperando in un futuro diverso, vengono non solo tradite, ma calpestate ignobilmente per nulla, perché non si vuol togliere, né si toglie nulla ai nostri fratelli del nord, colpiti così duramente dall’emergenza pandemica.
Non ce l’ho tanto, francamente, con i meridionali che, nel momento del vento favorevole alla Lega, un vento che peraltro sembra decisamente tramontato e prossimo alla scomparsa, si sono candidati e ricoprono ruoli politici in quel partito. Tutti abbiamo famiglia ed abbiamo diritto a cercare di campare. Mi addolora ed al contempo mi fa specie, che tanti conterranei abbiano potuto credere, ed ancora credono, alle sirene a dispetto di tutte le prove contrarie sotto gli occhi.
Se i permessi di soggiorno non saranno concessi in tempi brevi ed in numero sufficiente, altro che “prima gli Italiani”, anzi si certo: prima gli Italiani, ma a fare la fame e non trovare più prodotti alimentari freschi nei banconi della distribuzione (iper, super, mercati rionali, bancarella del coltivatore diretto incluso). Ma a questo punto saremo pronti ad azzuffarsi, come mi ha descritto chi la guerra l’ha vissuta, per accaparrarsi qualcosa da mangiare. Anticamera della “rivoluzione” ed il gioco della conquista “dei pieni poteri” è fatto. Vorrei saperlo spiegare meglio, io ce l’ho messa tutta.
Visione apocalittica? No! Sono assurdamente ottimista, perché non credo che i semi dei nostri avi, dalla Magna Grecia alla Grecia Salentina, solo per restare in Puglia, alla fine non abbiano fatto crescere qualche pianta sana. L’ulivo docet, pardon insegna.