4 Agosto 1849 moriva Anita Garibaldi

Da sempre conosciamo una versione molto edulcorata degli avvenimenti riguardanti la morte di questa donna forte, giovane, combattiva, aveva solo 28 anni….

Maria Catalano Fiore

Da sempre della sua morte abbiamo una visione edulcorata dagli angiografi di stato, ma è realmente morta solo di stenti? O è stata piuttosto…”aiutata”…

Anita Garibaldi appare oltre che l’eroina militare, la combattente che indiscutibilmente è stata, Una vittima sacrificale e un esempio, comunque da veicolare anche nelle epoche successive, alimentando anche le leggende sulla sua vita, la sua morte e il suo cadavere.

Alla luce di moderne indagini, sia storiche che anatomo-patologiche, ripercorriamo quanto avvenne all’epoca:

Ritratto di Anita Garibaldi (1821-1849)

Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, meglio conosciuta come Anita Garibaldi nata il 30 agosto 1821,in Brasile, muore il 4 agosto 1849 in agro di Ravenna. Proviene da una famiglia di ceto medio, ha una istruzione elementare, anche se frammentaria (notevole a quei tempi) sa cavalcare a pelo con grande destrezza ed è anche una esperta nuotatrice. Purtroppo, perde prematuramente il padre e, per motivi di sopravvivenza della numerosa famiglia, è la terza di 10 figli, sposa, nel giorno del suo 14° compleanno (il 30 agosto 1936), Manuel Giuseppe Duarte calzolaio, anche pescatore, ma soprattutto ubriacone. Il matrimonio dura pochi, difficili, anni, poi pare che il Duarte muoia in una uscita in mare, come afferma il biografo garibaldino Gustavo Sacerdote, intanto Garibaldi era già presente in zona, sfuggito alla condanna a morte come sovversivo in Italia, ed approdato nell’America del Sud, dove cerca di costituire una sua repubblica “La Repubblica Juliana”. Qui Garibaldi ed Anita si conoscono, Anita ha solo 18 anni, Josè, come lo chiamerà lei, 32. Anita è una ragazza avvenente dalla pelle creola e lunghissimi capelli scuri, decide di seguirlo e di imbarcarsi con lui. Difficile separare la storia vera dalla leggenda, comunque i due condividono le stesse idee politiche di libertà. Riescono a sposarsi quando viene accertata la morte del marito di lei. Dopo qualche mese, di rocambolesche fughe, viene alla luce il loro primo figlio, Menotti, in onore del patriota Ciro. Anita e Garibaldi hanno una vita disseminata di pericoli, fughe, sacrifici e povertà.

Quando, finalmente, hanno una loro piccola casa, in fitto, a Montevideo, nascono altri tre figli: Rosita, che muore a soli due anni, Teresa e Ricciotti.

Nel frattempo, in Italia, stanno maturando nuovi eventi, la famiglia Garibaldi si imbarca per Nizza, luogo di nascita di Garibaldi, prima Anita con i figli, poi Josè per unirsi ai moti del 1848. Nel 1949 la proclamazione della Repubblica romana, governata dal triunvirato Carlo Armellini, Aurelio Saffi e Giuseppe Mazzini. Giuseppe Garibaldi viene proposto da Mazzini come deputato. Anita non intende restargli lontano, a parere dei biografi era una donna passionale e gelosissima, quindi affronta il viaggio, alla volta di Roma, incinta di quattro mesi.

Da un racconto di Alessandro Dumas, generale garibaldino, Anita si presenta a sorpresa ad un raduno. Garibaldi tra la sorpresa e la gioia la presenta così: “Questa è Anita, ora avremo un soldato in più”. Garibaldi, secondo diverse testimonianze, tra cui quella del ministro Giovanni Spadolini, cultore e collezionista di scritti e materiale garibaldino, non ha mai trattato Anita come una donna, tranne a letto, considerando che in meno di 10 anni di convivenza, tra un conflitto ed una fuga, ha partorito ben 5 figli, l’ultimo morto con lei.

Unica foto autentica di Anita Garibaldi, nel 1849, alla fine della Repubblica romana, quando, dopo aver tagliato i capelli si traveste da uomo per seguire il suo Josè

La Repubblica romana cade, Garibaldi e le sue camicie rosse fuggono da Roma, Anita si taglia i lunghi capelli, si veste da uomo e parte a cavallo accanto al suo Josè, l’intenzione è di raggiungere Venezia e sostenere la nuova Repubblica mazziniana. Attraversando gli Appennini Anita contrae la malaria, viene spesso aiutata dalle popolazioni locali, anche con cambi di abito, nelle sue condizioni non può più indossare pantaloni da uomo, accetta un abito romagnolo chiamato “burmus” che i contadini, uomini e donne, usano per lavorare nei campi. La fuga prosegue a piedi o con mezzi di fortuna attraverso zone umide.

Raggiungono la fattoria dei conti Guiccioli, presso Mandriole di Ravenna e qui vengono ospitati dal fattore del conte. Anita, ormai priva di conoscenza per la malattia e gli stenti, viene deposta su un letto dove muore poco dopo fra le braccia del suo Josè. Pare non del tutto naturalmente, il suo “caro Josè”, o chi per lui, considerando la fretta di scappare, di raggiungere quanto prima la città bizantina di Ravenna, simbolo del papato, per poi proseguire verso la Repubblica di Venezia, e che Anita quasi prossima al parto e febbricitante, rappresenta solo un grosso intralcio, l’abbia strangolata.

Morte di Anita in una stampa dell’epoca

Le circostanze sono drammatiche Garibaldi riprende la fuga, coprendola approssimativamente nelle paludi circostanti. Il corpo di Anita, ritrovato giorni dopo nella sabbia, viene catalogato come sconosciuta e collocato nel cimitero di Mandriole.

La Principessa Cristina Trivulzio di Belgioioso (1808-1871) nota a tutti per la sua avvenenza e ricchezza e come patriota garibaldina militante, cronista degli eventi senza vergogna e senza paura, partecipando attivamente ha il coraggio di raccontare tutta la verità e smascherare i responsabili di tali ignominia, ma tutto finisce nell’oblio, nonostante la credibilità e la fama di cronista/giornalista/ editrice raggiunta dalla Belgioioso. Chiunque voglia approfondire l’argomento può leggere il suo scritto, ristampato nella “Collana Universale Feltrinelli” nel 2011: ” 1848 a Milano e a Venezia”.

Dopo dieci anni, raggiunta una certa stabilità, Garibaldi, insieme ai suoi figli, si reca a Mandriole per ritirare le spoglie della moglie e tumularle a Nizza. Garibaldi viene ricevuto con grandi onori. E’ ormai per tutti L’eroe dei due mondi. Il corpo di Anita, nel 1931, verrà ulteriormente spostato da Nizza a Roma, al Gianicolo, sotto un imponente monumento equestre che la rappresenta a cavallo con uno dei figlioletti al collo.

Roma Gianicolo: Monumento equestre ad Anita Garibaldi opera dello scultore Mario Rutelli

La vita di Anita, praticamente, dura solo 28, ma intensi e sofferti anni.

Il 4 giugno 1932, il Duce Benito Mussolini, in occasione del 50° dalla morte di Giuseppe Garibaldi, inaugura, pomposamente, sul Gianicolo, il monumento dedicato ad Anita, ancora una volta usata come baluardo e vessillo di una storia riscritta e manovrata nel ventennio. Eroina ben diversa dalle “fattrici italiane”, casalinghe che devono solo procreare e badare alla famiglia, anche con padri, mariti e figli al fronte, ma sempre nelle retrovie. Un modo per mettere a tacere tutte le varie voci sui “peccati” di Garibaldi e sugli episodi poco onorevoli della sua vita, non sempre condotta quale “Eroe dei due mondi “.

Il Monumento equestre è opera dello scultore Mario Rutelli (Palermo 1859-1941), bisnonno del politico Francesco Rutelli. Uno scultore molto bravo ed attivo durante il ventennio, sia in Sicilia che a Roma, Accademico presso l’Accademia delle Belle Arti di Palermo, attivo a Roma nello studio di Giulio Monteverde, scultore e politico (1837-1917) e di Auguste Rodin (1840-1917) a Parigi, il progenitore di tutta la scultura moderna. Autore del famoso “Pensatore”. Anita è rappresentata con una pistola nella mano destra ed il figlioletto Menotti al collo, il volto è quello di sua moglie che compare i molte sue opere.

Ogni anno, il 4 di agosto, sull’aia della fattoria dove Anita è morta, ora un Museo a lei dedicato, si rievoca la sua figura e si cantano canzoni che parlano di lei e dei giovani garibaldini. In Romagna molte donne portano ancora il suo nome. R.i.p.

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