“HABITUS” l’evoluzione della moda in campo artistico e sociale
Questa mostra, che durerà sino al 6 marzo 2022, fa riflettere sull’evoluzione di alcuni capi di vestiario, assolutamente impensabili sino a qualche decennio fa. L’evoluzione storica, cambia l’Arte, gli Usi, i Costumi, il mondo intero.
Maria Catalano Fiore
La Moda, ormai da tempo è senza dubbio una forma d’arte, a volte a disegnare e costruire abiti sono proprio architetti come Gianfranco Ferré (1944-2007) ed è anche chiaro che la sua evoluzione del modo di vestirsi è legato a momenti storici, ma anche ai cambiamenti sociali.
Ovviamente, l’abito, continua ad essere uno stato di distinzione sociale, per manifattura, qualità, capi firmati o di sartoria, ma vi siete mai soffermati a pensare a quanta evoluzione ha fatto la moda, trascurando il bisogno di coprirsi per tutelarsi dal freddo o altro: prendiamo in esame l’evoluzione liberatoria della moda femminile, nell’ultimo secolo?
A tale proposito ha preso il via a Carpi (Mo), territorio da molti decenni votato all’imprenditoria della moda. Nella Provincia di Modena sorgono, infatti, 2.600 aziende operanti nel settore tessile, di cui 1.200 specializzate in maglierie e tessuti e 1.600 nell’abbigliamento.
Particolarmente interessante una mostra allestita, in questo periodo, nelle sale del “Museo di Palazzo del Pio” un Castello rinascimentale trasformato dai proprietari, in parte, in un importante museo del territorio. L’esposizione mostra e fa riflettere, affrontando storicamente l’argomento con foto, disegni ed abiti, sul potere straordinario di alcuni capi di abbigliamento diventati “iconici” senza quasi accorgercene. Ottime le recensioni su settimanali del settore moda, su “Panorama” e su “Finestre sull’Arte”.
Nel titolo “HABITUS. Indossare la libertà” c’è già tutto il significato di questa mostra allestita a cura di Manuela Rossi, Alberto Caselli Manzini e Luca Panaro.
Manuela Rossi, direttrice del Museo, in uno dei testi che arricchiscono uno stupendo catalogo spiega: “La nostra esposizione indaga i momenti in cui nella storia della moda il sistema definito da Pierre Bourdieu (1930-2002) sociologo, antropologo, ed uno dei più noti accademici francesi del XX secolo: “l’ Habitus è uno stato ormai superato di capi che hanno portato un seme di ribellione e di libertà fino a quel momento inconcepibile.”
Di questi capi ne sono stati individuati una dozzina, dall’anti-corpetto al reggiseno,
dal pantalone alla minigonna. Il pantalone diventa usuale già ad inizio secolo e poi durante la grande guerra, più dinamico e confortevole per le donne che dovevano gioco forza occupare il posto degli uomini al fronte.
Passando per il bikini e i jeans.
Ogni decennio dell’ultimo secolo potrebbe essere rappresentato nell’evoluzione sociale, da un indumento.
Perché alla fine la funzione è proprio quello di creare modelli in grado di dettare comportamenti nuovi e anticipando cambiamenti, anticipando censure anche il vista di nuove dimensioni di libertà.
L’imperativo di liberare il corpo che aveva preso avvio ad inizio 900 quando i creatori di moda si pongono come obbiettivo principale quello di liberare il corpo femminile dalle costrizioni dell’abbigliamento (busti, pizzi, abiti lunghi) ha grande successo. Ci vorranno anni comunque per liberarsi dalle convenzioni sociali che chiudono la donna in cliscé predefiniti.
Quindi “scoprire il corpo” introduce il visitatore agli anni del secondo dopoguerra, quando le donne, complice anche le diffusioni delle immagini cinematografiche affermano la loro libertà anche scoprendo il proprio corpo.
Con la sezione “Work, Sport, Cool” la rassegna si spinge negli anni 70 ed 80, periodo in cui la moda diventa “Unisex” ed il vestito griffato, tipico della sartoria artigianale, lascia il posto al “Prét à porter” con capi prodotti serialmente.
La mostra si chiude con “Destrutturare”, un passaggio all’interno della moda degli anni settanta caratterizzata da due capi divenuti iconici come il “Warp dress di Diane von Fustemberg e la giacca destrutturata di Giorgio Armani che impongono una nuova concezione di abito “destrutturato” ovvero senza imbottitura e controfodera con bottoni posizionati in un altro punto del tessuto e le proporzioni completamente riviste con una innovativa modalità di chiusura facile ed essenziale.
L’argomento è vastissimo, il Catalogo della mostra spettacolare.
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