Le Poetesse: Laura Bacio Terracina
Continua la carrellata delle poetesse con una poetessa tardo risorgimentale napoletana ma di origine Bresciana: Laura Bacio Terracina. Una poetessa molto famosa nella sua epoca ed oggetto di accurati studi anche da parte di Benedetto Croce, qui accanto ad una sua statua a Chiaia.(Na)
Maria Catalano Fiore
Ringrazio la prof. Dina Ferorelli per il prezioso suggerimento e per i versi inviati.
Laura Bacio Terracina nata nel nobile quartiere di Chiaia, a Napoli, da un famiglia molto in vista nel 1519 muore probabilmente nel 1577.
Figlia di Paolo e di Diana Anfora di Sorrento. La sua famiglia di origine Bresciana si era trasferita nei primi decenni del secolo XIII a Roma partecipando alle contese tra il Papa e i Colonna ottenendo da questi (o dai Corsini) privilegi e giurisdizione su Terracina. Per sfuggire alle continue beghe dell’ambiente ecclesiastico decide di stabilirsi a Napoli dove dimostra fedeltà alla corona angioina prima, aragonese poi.
Tra i documenti dell’epoca affiora, nel secolo XIV tal Musa da Terracina, signore del territorio di Vatio o Batio in Capitanata, da cui l’aggiunta del nome Bacio a quello di Terracina.
Ma nonostante nobiltà così antica e i meriti conquistati sotto la monarchia, i Terracina non vennero iscritti in nessuno dei cinque seggi della città di Napoli. Alla morte di Ferdinando I D’Aragona, il padre Paolo acquista un po’ di prestigio governando su alcune terre della provincia di Lecce, mentre un suo zio si inimicava il popolo in una disputa autoritaria a favore del vicerè Toledo.
Legata alla figura di Antonio Alvarez de Toledo e in genere filospagnola si spiega la formazione intellettuale della poetessa, non esattamente classica, ma fervida di sollecitazioni culturali, aperta ad esperienze di vita. Questo suo punto di vista costituisce l’interesse della prima raccolta di “Rime” pubblicate a Venezia nel 1548 e dedicate a Vincenzo Belprato conte d’Aversa. Concepita come un atto di omaggio verso coloro a cui riconosceva il merito del proprio noviziato poetico: Marco Antonio Passero, Ludovico Domenichi, A.F. Doni.
Questa spontaneità di Laura spiega il successo notevole di questa raccolta che ha cinque ristampe del 500 (Venezia 1549, 1550, 1554, 1556, 1560) e due nel secolo successivo (Napoli 1692 e 1694). Importante il ruolo, non secondario, svolto a Napoli dall’Accademia Culturale napoletana guidata da Baldassarre Maracco e poi da Giovanni Battista Brancaleone, ma soprattutto una collaborazione attiva tra i soci e mecenati famosi come Isabella Villamarina, principessa di Salerno, o il Marchese di S. Lucido Ferrante Carafa.
Le “Rime seconde” (Firenze 1549) tuttavia non ebbero altre ristampe. Nel Corso dello stesso anno la Terracina completava il “Discorso sopra tutti li primi canti di Orlando Furioso” Venezia 1549, ristampato ben nove volte sino al 1608, che la consacrò definitivamente come poetessa.
In questo studio/poema adotta uno schema che riprende anche ne “La Seconda parte de Discorsi sopra le seconde stanze dè Canti d’Orlando Furioso” Venezia 1567, improntate a una sincerità dura, dolorosa, quasi virile, come nelle “Quarte Rime” (Venezia 1550, Lucca 1551, Venezia 1560), nelle “Quinte” (Venezia 1552, 1558) e nelle “Seste” (Lucca 1558 e Napoli 1560 e 1694). E’ un momento per lei di facili amori che si concludono nel matrimonio non molto felice con Polidoro Terracina. Uomo geloso, Laura si definiva “Ne brutta fui, ne pur cotanto bella”, ma era molto corteggiata e scambiava epistole con molti intellettuali e non.
A queste righe sull’Orlando Furioso” del Tasso, si impronta uno studio particolareggiato di Benedetto Croce (1866-1952) che la giudica un po’ frivola e troppo famosa, già prima dei 26 anni, solo perché tessendo in giro le sue lodi queste aumentavano. Croce non si esprime troppo in questo suo studio pubblicato nel 1919 come “Storie e leggende Napoletane”.
Il settimo volume pubblicato da Laura è dedicato alle donne napoletane vedove: “Sovra tute le donne vedove di questa città di Napoli titolate et non titolate”, Napoli 1561. Un lungo soliloquio sulla nostalgia della giovinezza perduta, sulle speranze in una vita famigliare, e sugli amici di un tempo e sulla loro successiva ipocrisia ed indifferenza.
Tra il 1570 e il 1572 Laura intraprende un viaggio a Roma, a Roma scrive tutta una raccolta di sonetti dedicata a Cardinali convenuti per l’elezione del Pontefice Gregorio XIII cedendo all’esigenza del raccoglimento mistico, della rinuncia e del conforto della religione.
Nel novembre del 1577 firmava al cardinale Ferrante dè Medici l’epistola dedicatoria di quest’ultimo volume che si trova, in manoscritto, nel codice CCXXIX della Biblioteca Nazionale di Firenze. Forse muore nello stesso anno.
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