L’ultima sciocchezza del Governo o della politica

Il Garante contro lo sciopero del 16 dicembre

Gianvito Pugliese

Quando ho definito questo governo, sostenuto da un’alleanza Arlecchino. “cerchiobottista”, non immaginavo minimamente che sarebbe stato così gentile da confermare a breve la definizione.

Lo sciopero generale di otto ore del 16 dicembre, proclamato da Cgil e Uil, che ha registrato la contrarietà della Cils, che si appellava a trattative ad oltranza col governo Draghi, in realtà ha già prodotto alcuni risultati positivi sul fronte del caro bollette, dei vaccini, della decontribuzione che, con provvedimenti aggiuntivi su ferrovie dello stato e forze dell’ordine, sono sul tavolo del Consiglio dei ministri. Ne riferiremo a parte.

Ma se da un lato il governo mostra di aver recepito il messaggio delle due “bellicose” organizzazioni sindacali confederali, subito affianca al contentino la sfida, Né più, né meno di quanto fa nei confronti della sua maggioranza, dove agli incrementi di spesa per assecondare i provvedimenti di bandiera dell’uno, seguono sempre contentini all’altro che spengono immediatamente la protesta avviata da quest’ultimo.

Cosa è accaduto? La Gelmini “Sciopero incomprensibile”. Landini risponde: “La maggioranza non si rende conto della situazione sociale”. Avrebbe potuto essere più caustico nei confronti della Ministro di Forza Italia, non nuova a sconfessioni e bacchettate ad opera del suo stesso leader, ma non ha voluto entrare in polemica, come la dichiarazione gratuita avrebbe meritato.

Entra in campo il Garante degli scioperi, o meglio “La Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali”, un’Autorità amministrativa sì indipendente, ma pur sempre legata alla politica. I componenti non vengono eletti per sorteggio in una lotteria nazionale, a cominciare dal suo presidente, Giuseppe Santoro Passarelli, un giurista di notevolissimo spessore e capacità. La Commissione delibera “che sussistono violazioni in alcuni comparti, e pertanto ha invitato i sindacati ad adeguarsi a tali indicazioni. I comparti interessati sono quelli delle Poste e dell’Igiene-Ambientale”.  Il Garante, nello specifico, aveva rilevato che “gli addetti alle Poste non possono astenersi dal lavoro in periodo di pagamento dell’Imu e i netturbini devono lavorare nel periodo delle Feste”. 

Risposta a stretto giro di posta dei due Sindacati: “Prendono atto della delibera del Garante sugli scioperi emanata in data odierna, relativa a scioperi di settore o territoriali precedentemente proclamati, e procederanno garantendo che lo sciopero del 16 sarà effettuato nel pieno rispetto delle norme che regolamentano il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali”.

Da un lato mostrare, dunque, da parte del Governo di aver recepito il messaggio dei sindacati, dall’altro farli bacchettare da chi di competenza.

Interviene a polemizzare l’immancabile Matteo Salvini, che non perde nessuna occasione per tacere, non avendo ancora capito che dal quel fatidico agosto del “moito” più parla, più fa perdere consensi alla sua Lega: “È assurdo proclamare uno sciopero generale contro una legge di Bilancio che per la prima volta taglia le tasse a tutti. Programmare uno sciopero generale in piena quarta ondata, con il super green pass è assurdo”.

Salvini è fortemente contrario allo sciopero, avendo indossato i panni del Masaniello nel guidare l’assalto al contributo di solidarietà proposto da Draghi, goccia che ha fatto traboccare il vaso dei rappresentanti dei lavoratori.

Landini, che per primo ha indetto lo sciopero, risponde: “Il governo dovrebbe spostare tutti gli 8 miliardi a lavoratori e pensionati, dovrebbe aumentare il netto in busta paga per i salari e le pensioni più basse fino a 30.000 euro, dovrebbe cancellare la precarietà e introdurre un contratto di inserimento al lavoro che sia fondato su formazione. Poi ci vorrebbe la riforma delle pensioni e un decreto contro le delocalizzazioni e fare quegli investimenti che creino lavoro per i giovani e le donne sicuro e stabile. Proprio perché la manovra è espansiva dopo diversi anni grazie al lavoro e alla ripresa c’é bisogno che vada verso chi ha bisogno, i lavoratori, i pensionati chi ha redditi bassi”.

E aggiunge, tagliando alla radice la lunga critica della Cisl: “Noi stiamo portando avanti le richieste che unitariamente abbiamo fatto al governo. Siccome queste cose nelle proposte del governo al Parlamento non ci sono, noi ci mobilitiamo per fare in modo che quegli obiettivi vengano portati a casa”. In altri termini, se qualcuno si contraddice e molla la lotta. pochi giorni dopo l’incontro-scontro con Draghi, quelli non sono né Cgil, nè Uil ……

Intendiamoci, non è che sosteniamo l’esistenza di pressioni del governo sull’Autorità “indipendente” Garante degli scioperi. Non ne abbiamo alcuna prova, e né Draghi le farebbe, né Santoro Passarelli le ascolterebbe.

Sta di fatto che avvengono nel Paese cose strane. Mario Draghi in teoria è sostenuto da una maggioranza numericamente quasi “bulgara”. Poi, di fatto, ogni provvedimento economico, come pure quelli politici di bandiera per l’uno o l’altro partito, sono molto travagliati e richiedono mediazioni e correzioni estenuanti.

E tutto ciò avviene, mentre proprio chi si oppone ai diversi provvedimenti proposti da Draghi, fa sfoggio a parole di assoluta fedeltà ed obbedienza al Premier, tanto per intenderci, perché la figura del Premier, largamente diffusa nei Paesi europei ed oltre, nel nostro ordinamento, semplicemente, non esiste. E non si tratta di differenza puramente lessicale, ma pregna di sostanziali diversità sul piano giuridico-istituzionale e dei poteri.

Grazie a queste “ipocrisie” della politica, dico meglio dei partiti, si è creata nell’immaginario collettivo una stranissima aureola di sacra intoccabilità di Mario Draghi. Chi lo attacca o lo critica, anche legittimamente, viene etichettato come “eretico” e manca solo la Santa Inquisizione ed il quadro è completo,

Che il Garante degli scioperi, come chiunque altro nel Paese sia indotto da una sorta di “moral suasion” ad allinearsi ed appiattirsi sul Governo è il novello mantra nazionale.

Sarà forse per far dimenticare, e noi siamo tutti ormai di scarsa memoria, la Via Crucis a cui è stato sottoposto Giuseppe Conte, durante tutti e due i governi guidati, soprattutto il secondo, mentre combatteva quotidianamente, quanto efficacemente, contro un mostro chiamato Covid-19 o Coronavirus, se preferite. Finanche le sue conferenze stampa e apparizioni in tv, per annunciare i provvedimenti contro il virus, che mutavano a ritmo serrato, furono oggetto di aspre critiche di accuse di presenzialismo finalizzate a limitare la democrazia nel Paese.

Intendiamoci, Conte ha commesso errori come qualunque essere umano, ma meritava forse di più. L’immancabile Renzi, che non si è mai perso un appuntamento con le congiure di palazzo, fece cadere il suo secondo ed ultimo governo. Che poi a Conte sia andata meglio, è diventato il leader dei pentastellati, meno rogne che governare e soprattutto più gratificante poter elaborare un progetto politico e portarlo avanti.

A Mari Draghi gli italiani dovrebbero fare mezzi busti e statue equestri in vita. Un uomo con quel curriculum vitae che si presta a rivestire i panni del Presidente del Consiglio in quel momento, con una economia “alle pezze”, un debito pubblico incontrollabile, quanto enorme, una politica fatta da “tutti contro tutti”, con alleanze e coalizioni pronte a sfasciarsi da un momento all’altro, simili ad edifici già lesi al momento della nuova scossa tellurica, dire si alla proposta di Sergio Mattarella di provare a guidare un governo, ha di un misto tra eroico e stoico.

Gli effetti, che definire positivi è estremamente riduttivo, si sono misurati quando l’Unione Europea ha assegnato ai Paesi che ne fanno parte i fondi che confluiscono nel PNRR (Piamo Nazionale di Ripresa e Resilienza). L’Italia, che pur essendo tra i Paesi fondatori dell’Europa Unita, era ormai considerata inaffidabile, quasi al pari della Grecia, ha fatto la parte del leone a Bruxelles e questo lo dobbiamo a due uomini, anzitutto Mario Draghi, già Presidente della Banca centrale europea, e poi a Paolo Gentiloni, autorevole commissario europeo all’economia. Dunque, gratitudine eterna a Mario Draghi.

Ma questo non significa che Draghi non possa sbagliare (è un essere umano, anche luI) e che le critiche ed i suggerimenti da qualunque parte provengano siano “blasfemia”.

Non giova al Paese la situazione che si crea e le conseguenze che ne discendono.

Cgil e Cils, e con loro anche la Confidustria, come pure la Cisl, nonostante il recente arroccamento sull’Aventino, sono giocatori essenziali per il tavolo della ripresa economica.

Sono tra i più accaniti e severi critici nei confronti dei sindacati, che nella storia del Paese si sono resi responsabili di danni immensi. Ma non rinnego i progressi sociali che dobbiamo a loro. Delle parti sociali un governo, che vuol far tornare a crescere il Paese, non può e non deve fare a meno. Non è che debba assecondare ogni richiesta, sarebbe una tragedia, ma tra loro ed i partiti che li vorrebbero escludere dal dialogo, per evidenti interessi, perché vogliono convogliare i lauti fondi del PNRR, 191,5 miliardi di euro (mica noccioline!), meglio ascoltare chi rappresenta i lavoratori, i pensionati, quegli imprenditori che investono e rischiano per il Paese e creano occupazione, che chi rappresenta sempre meno cittadini, se è vero come è vero che la maggioranza degli elettori diserta volutamente le urne.

Mario Draghi, accusatemi pure di blasfemia, ma va detto, eccelso economista, del quale non dimentico i mille pregi e meriti, ha il limite, non provenendo dalla politica e non avendo obblighi verso nessun altro che Mattarella ed il Paese, di non avere il quadro complessivo di tutte le esigenze del Paese.

Caro Presidente Draghi, mi creda, per conoscere le esigenze e saper provvedere ai bisogni degli ultimi, degli “invisibili”, dei più bisognevoli e sfortunati, bisogna o farne parte o, quantomeno, averne frequenza quotidiana. Ora Lei che ha intelligenza e sensibilità da vendere, mi comprenda, non è che debba trasformarsi in un barbone per capire. Ma se non si raccolgono le esperienze dei volontari o della Caritas, che quotidianamente frequentano e si occupano dei bisogni primari di quella gente, non c’è verso di capirne le necessità. Lei, m’insegna, se non si capisce e non si sa, non si possono promulgare provvedimenti davvero utili ed adeguati. Vale per i senza tetto e gli immigrati, vale per lavoratori e pensionati, vale per gli industriali, che creano ricchezza e lavoro.

Si confronti non dico con loro individualmente, ma con i loro rappresentanti, che lo so, sono sempre tanti per ciascuna categoria e per ciascun bisogno, ma sono l’unica fonte di conoscenza possibile.

Purtroppo i partiti, caro Presidente, e lo affermo con profondo dolore, da tempo hanno rinunciato alla rappresentatività del Paese. Abbarbicati al potere, come le zecche ad un cane, hanno privato i cittadini, infischiandosene altamente dei risultati di un referendum, delle preferenze. Ormai gli eletti li decide a tavolino il segretario del partito. Tutti criticano quel sistema, ma fa comodo a tutti e resta lì. Il “popolo sovrano” della nostra Carta costituzionale è stato brutalmente privato della sovranità. Il partito dell’astensione supera il 50%? E chi se ne frega.

Presidente non dico che non debba sentire i partiti, sono quelli che la sorreggono, sarebbe suicidio politico, ma li ridimensioni. In questa società sempre più articolata e complessa sono solo una parte minore, peraltro sempre in decrescita, della rappresentanza. La vera rappresentanza l’hanno delegata a parti sociali, associazionismo, volontariato, società civile, che guardano ai partiti, come il toro il drappo rosso.

In quel grande consiglio di amministrazione societario che è il governo del Paese, pesi seriamente le rappresentanze di ciascuno dei componenti il consiglio e ne tragga le conseguenze, come farebbe qualunque buon Amministratore Delegato.

Ed un eccelso economista come Lei, caro Presidente, ha qualcosa da insegnare a tutti gli amministratori delegati, nessuno escluso.

Tra il più grande dei partiti e la società civile non mi pare si possano nutrire dubbi su chi ascoltare prioritariamente.

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