Ritrovata ulteriore Gioconda?
Ma quante “Gioconda” abbiamo? Diverse, ovviamente una è l’originale, le altre sono copie e non proprio….alcune sono rielaborazioni di grandi artisti vendute poi a caro prezzo. Vediamo…..
Maria Catalano Fiore
In questi giorni è stato completato, presso palazzo Montecitorio, il restauro di un quadro: una “Gioconda” simile all’originale, ma non lo è, ne è di mano di Leonardo.
Dopo il Mattarella bis abbiamo la “Gioconda” ter, ma forse meglio dire la quarta o quinta. Non sono copie, sono studi di ulteriori grandi pittori, leggermente diversi.
Inutile gridare “Al lupo al lupo!”, caro Sgarbi, sempre infilato in tutte le minestre come un prezzemolo, ci sono illustri studiosi di Leonardo e dei “leonardeschi” ben più qualificati. Il migliore sicuramente il prof. Carlo Pedretti Rettore della Università d’Arte a Città del Capo, purtroppo scomparso pochi anni fa; c’è il dott. Nicola Barbatelli, più che esperto, con il quale Sgarbi è entrato alcune volte in contrasto per l’attribuzione di Opere rinascimentali o caravaggesche. Ci sono equipe di scienziati che hanno studiato calcoli e pigmentazioni di colore sulle tavole Leonardesche.
Proprio nel 2019, anno delle celebrazioni per i 500 dalla morte di Leonardo, ci sono stati studi circostanziati, ad alcuni ho preso parte, sulle tante sfaccettature delle opere leonardesche compreso l’uso delle tavole e non delle tele (come in questo caso) e l’uso e la composizione dei colori con miscele tutte sue, in alcuni casi non ancora identificate.
Quindi che esista una gemella o più gemelle della celeberrima Monna Lisa è ovvio. Non è il primo ne ultimo caso di un’opera replicata da “allievi di bottega” per esercitarsi.
L’originale è senza dubbio quella del Louvre in Francia, Tavola venduta, verso la fine della sua vita, non se ne separava mai, personalmente da Leonardo a Re Francesco I in cambio di una cospicua somma. Varie sono le sue vicissitudini nei vari secoli, ma è sempre al Louvre ed è l’originale. Del resto sarebbe meglio non definirla più come Monna Lisa, poiché i recenti studi hanno confermato che la donna ritratta non è Lisa de’ Giocondi, ma Isabella D’Aragona Duchessa di Milano e di Bari, principessa di Calabria ecc…. che ha conosciuto, ed anche protetto Leonardo in più occasioni. Forse il suo unico grande amore verso una donna.
Al British di Londra abbiamo anche una seconda Gioconda, più giovane nell’aspetto, certificata da un expertise non di poco conto: Raffaello Sanzio nel 1503 autore di una sua copia disegnata, mentre, sicuramente, qualcun altro buon pittore ne eseguiva una copia. Raffaello in effetti era un grande ammiratore di Leonardo, lo attesta già il famoso biografo Giorgio Vasari.(1511-1574).
E’ evidente come questa Gioconda sia più giovane, capelli ed abbigliamento leggermente diverso, paesaggio di fondo semplicemente accennato, cosa che Leonardo non avrebbe mai fatto, poiché ritraeva il paesaggio che circondava Vinci e le sue radici. Leonardo inoltre non ha mai dipinto su tela, ma solo su tavola di noce o pioppo.
Per Leonardo Questo ritratto rappresentava una rara questione affettiva, unica tavola (in effetti non è molto grande 77×53 cm) di cui con i suoi libri e libretti di appunti e “Codici” non si separava mai nelle sue peregrinazioni e che aveva portato con se in Francia e che ha lasciato al suo allievo più intimo e fidato: Francesco Melzi.
Abbiamo persino una “Gioconda Nuda” un disegno della scuola di Leonardo detto “Madonna Vanna”, conservato al Museo Condè di Chantilly e che alcuni vorrebbero attribuire a Gian Giacomo Caprotti detto il Salai (1480-1524) e già di questa esistono una ventina di versioni.
Per il momento a Roma si preferisce mantenere un basso profilo, Sgarbi, al suo solito, si fionda e poi sbotta: “E’ soltanto una copia seguita da un diligente ragazzo di bottega, una modesta tela d’arredamento”, Niente di nuovo caro “Novello Vate”, ma sappiamo bene che diventerà strumento per qualche sua aggressione culturale, lui non parla, urla, e generalmente, chi alza la voce, vuole perorare castronerie date in pasto a poveri allocchi.
Si sa benissimo che è una copia, una buona copia. Copia rimasta appesa per anni su una parete di un ufficio di un deputato, peraltro sopra un termosifone, un po’ malridotta e quindi bisognosa di restauro, da qui il “caso”.
Questa copia, veniva già citata come tale ad inizio 800. E’ presente negli inventari della famiglia ducale Torlonia nel 1814, e ancora nell’edizione commentata delle “Vite” di Giorgio Vasari, edizione del 1851, come una “copia di repertorio Leonardesco”. E’ presente nei registri pubblici, sempre dei Torlonia, poi dei Barberini nel 1892, sino al 1925 quando arriva alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, dopo che in Villa Torlonia si insedia, come abitazione, Benito Mussolini. Sul retro della tela è stato rinvenuto anche un cartellino del Museo che riporta una serie di dati: “Soggetto: “Copia della Gioconda”, autore: “Copia del Leonardo da Vinci”, provenienza: “Torlonia”, altezza: “0,70 metri”, larghezza: 0,50 metri”. Sicuramente una copia seicentesca manierista”.
Il questore della Camera Francesco Uva aveva dichiarato da subito, già prima del lodevole e bisognoso restauro, a “La Repubblica” che si tratta di una copia realizzata forse nella bottega di Leonardo. Con molta fantasia si può arrivare ad identificare due sue pennellate, due “velature” come confermano i restauratori Antonio e Maria Forcellino. Forse questo ha fatto scoppiare il “Caso Gioconda”? Sono comunque velature che qualsiasi pittore manierista sa fare.
Comunque c’è una ulteriore teoria Formulata da Cinzia Pasquali, una restauratrice di opere leonardesche: si ci può essere una pennellata leonardesca, potrebbe essere stata eseguita in una bottega 500esca, bottega in genere. Lo storico Antonio Forcellino pare che abbia ritrovato dei documenti che attestano che l’opera era già nella collezione Dal Pozzo di Firenze e lo confermano anche alcuni pigmenti di colore.
L’attuale Questore della Camera Francesco Uva ha annunciato che presto sarà annunciato un grande Convegno proprio su questo dipinto.
Ma allora bisognerebbe fare un convegno inventariando tutte le altre Gioconde sparse nel mondo, alcune di alta qualità. Tra queste vanno elencate: a Firenze in casa Mozzi; nel Museo del Prado di Madrid, una delle meglio riuscite e pare eseguita da un allievo subito dopo l’originale, in questa lo sfumato è diverso, a tratti assente del tutto, anche per questa vengono proposti i nomi del Salai e di Francesco Melzi (1491-1570), questa copia viene registrata per la prima volta nel 1666 nell’inventario della galleria, ma come già da tempo in possesso dei reali di Spagna.
Ed ancora nella Villa Sommariva sul Lago di Como; a Londra presso Abramo Hume, poi venduta al British (con l’expertise di Raffaello); nell’ Ermitage di Pietroburgo e poi ancora una copia nella Pinacoteca di Monaco.
Tutte le Gioconde in giro sono opera di artisti della cerchia di Leonardo, al momento ne sono riconoscibili solo 5, ma stabilirne i nomi ed abbinarle è una impresa molto ardua.
Per il momento è altamente probabile che la Gioconda del Louvre rimarrà ancora per molto tempo l’unica dove si può veramente riconoscere il Genio ed il modi di operare di Leonardo da Vinci.
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