L’Italia dei “Telefoni Bianchi”
Cinema SETTIMA ARTE, Cinema italiano di eccellenza soprattutto con esordi storici quali la creazione di Cinecittà o del Festival del Cinema di Venezia.
Maria Catalano Fiore
Il cosiddetto “Cinema dei Telefoni Bianchi” è un modo per indicare un tipo di film girati tra il 1936 e il 1943 ed indica la presenza di telefoni di colore bianco introdotti nelle sequenze.
Il telefono bianco è sintomatico di un benessere sociale: uno status simbol atto a marcare la differenza tra i (non molti) telefoni popolari in bachelite nera, più economici, e i telefoni bianchi che costituiscono un oggetto di arredamento, come lo stesso uso di ricercati mobili decò, in voga in quegli anni tra le classi abbienti.
Gli stessi soggetti dei film sono particolari definiti dalla storiografia “all’Ungherese” perché attinti da autori ungheresi, censurati nel loro stato proprio per queste edulcorate commedie sentimentali in cui si parla di adulterio, divorzio, legami assolutamente illegali anche in Italia (perseguibili come reati contro la morale) e per questo facevano “sognare” una vita diversa, dei cambiamenti, a tanti.
I registi Mario Camerini e Alessandro Blasetti, ma non soli, rappresentano questa nuova cinematografia fondata sulla frase mussoliniana (in realtà mutuata da Lenin) “Il Cinema è l’arma più forte!”, ma non c’era in loro un impegno fascista. Si proponevano di parlare solo della società del periodo.
Già nel 1932 in “Gli uomini che Mascalzoni….” del 1932, Camerini mostra una Milano rinnovata nell’aspetto: la moda, i mezzi di trasporto indicano il futuro.
La borghesia, il proletariato, cercano di migliorare, si propongono come modello a chi affolla le sale, sono comunque il lavoro e lo studio i mezzi morali per il riscatto sociale. Nasce anche un nuovo “Divismo”. Come nel “Signor Max” (1937) con Assia Noris e Vittorio De Sica.
Le ambientazioni mostrano un’Italia che si sta “Ricostruendo”, mostra uno stile architettonico e razionalista tipico del Bauhaus e delle idee avveniristiche del futurismo. Scalinate, tendaggi trasparenti, un mondo di sogno distante dalla vita comune. In questi film si respira una speranza nel futuro, un futuro che non prevedeva certo un secondo conflitto mondiale.
Palese è anche il modello della società statunitense, in particolar modo di Frank Capra, e le speranze dei piccolo borghesi come in: “Mille lire al mese” con l’omonima canzone.
Molti di questi film contengono almeno una Canzone di successo (basti pensare alle celeberrima “Parlami d’amore Mariù” composta per “Gli uomini che Mascalzoni….” divenuta più famosa del film stesso.
Fondamentale è la nascita degli Studios di Cinecittà un complesso di studi cinematografici, a Roma, costruiti dal 1936 in poi e a tutt’oggi funzionanti, proprietà dell'”Istituto Luce” su progetto dell’arch. Gino Peresutti. Il complesso di studi cinematografici più grande d’Europa. In molti periodi ancora di salvezza e di lavoro per tanti romani e non: anche fare la semplice comparsa garantiva igiene, una paga e un cestino di viveri a pranzo, vitale per molti.
Senza nessuna demagogia, ma è la ferma volontà di Mussolini e di Luigi Freddi che conosceva gli Studios americani, che si impegnano a reperire terreni e capitali per sostenere le produzioni di quegli anni. Nel 1936 Carlo Roncoroni acquisto terreni, circa 600.000 mq. sulla Tuscolana.
I Lavori hanno inizio il 30 gennaio 1936, e dopo soli 15 mesi, il 28 aprile 1937 Mussolini e alcuni ministri inaugurano un complesso composto da 73 edifici, tra cui 21 teatri di posa, centrali elettriche a parte, uffici della direzione e altro. La costruzione dei set procede anche in periodo bellico. Sino all’8 settembre quando l’area viene occupata dai tedeschi che ne fanno un campo di concentramento per i civili rastrellati a Roma e dintorni (es. il rastrellamento di 1200 uomini al Quadraro ecc…). Battendo in ritirata i tedeschi razziarono quanto più poterono delle attrezzature tecniche, macchine da presa e pellicole.
Con l’avvento degli “Alleati” Cinecittà diventa un ricovero per sfollati, per sopperire al freddo, questi bruciano quello che trovano, compreso i documenti d’archivio, provocando una grave perdita dal punto di vista storico.
Per fortuna nel 1943 parte della produzione cinematografica, in alternativa a Cinecittà, si trasferisce a Venezia nei Padiglioni della Biennale e nel “Cinevillaggio” con allestimenti di fortuna nella zona della “Giudecca”. Non tutti gli attori aderiscono, comunque tra il 1943 ed inizi 1945 sono prodotti 17 film di ottimo livello.
A Venezia era stato già istituito un “Festival internazionale del Cinema” nel 1932. Dopo l’Oscar la manifestazione Cinematografica più antica ed importante al mondo, si svolge in diversi giorni con tutte le proiezioni in gara tra fine agosto ed inizio settembre. (mentre l’Academy Award si svolge dal 1930, ma in una serata unica)
L’Istituzione del “Festival Internazionale del Cinema” di Venezia, è ormai un conclamato, formidabile confronto con altri tipi di cinema mondiale. Il Premio principale che viene assegnato (con diversi altri) è il “Leone d’oro” simbolo della città. In questa sede viene proiettato per la prima volta “Gli Uomini che Mascalzoni….” di Camerini con De Sica.
Le rappresentazioni dei “Telefoni Bianchi” sono però socialmente ben lontane dalla realtà giornaliera; mostra una società in alcuni casi opulenta, progredita ed emancipata contrastante con una nazione con popolazione in gran parte “analfabeta” e non certo solo al Sud, dove il problema continua ad essere irrisolto.
Ben presto le Pellicole cominciano a diventare ripetitive e banali. Declinano definitivamente durante gli anni di guerra. Si affaccia, oltre a Totò, la messa a fuoco di modelli più realistici di commedia con “Quattro passi tra le nuvole” di Alessandro Blasetti. Al Festival di Venezia arrivano le pellicole realistiche dell’Est, il sofisticato film francese, le grandi produzioni americane che poi ridaranno vita a Cinecittà ed alla stessa Venezia, con i loro DIVI e Kolossal prodotti qui in Italia ed il rifiorire dell’economia di tutto il mondo del cinema.
Tra gli interpreti maggiormente rappresentativi dell’epoca dei “Telefoni Bianchi”, di alcuni parliamo, altri saranno citati e li rincontreremo: Caterina Boratto (To 1915-2010) scritturata per il film “Vivere!” (1937) a fianco del celebre tenore Tito Schipa, innamorato di lei anche nella vita che la volle accanto anche in “Chi è più felice di me” (1938) e nello stesso anno il Regista Righelli la vuole accanto già al famoso Vittorio De Sica in “Hanno rapito un uomo” commedia nella quale interpreta una frivola Principessa russa. Apparentemente altera e distaccata era comunque radiosa, venne chiamata anche ad Hollywood, ma le vicende belliche la frenarono. Dopo una storia reale, di amore e morte in guerra, al suo rientro riprende la carriera con altri ruoli anche notevoli con Federico Fellini e nel 1975 “Salò ole 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini. Negli ultimi tempi si cimentò nell’operetta e in Teatro e in Tv in “Villa Arzilla” con Gigi Proietti. Comunque ottima doppiatrice.
Assia Noris (pseudonimo di Anastasia von Hertzfeld nata a Pietroburgo nel 1912 – Sanremo 1998) russa italianizzata, figlia di un ufficiale tedesco e madre ucraina, fuggiti durante la rivoluzione Russa prima in Francia, poi in Italia nel 1929. La sua carriera comincia con il regista Mario Bonnard, ma la sua fama è legata ai film di Mario Camerini (con un breve matrimonio dal 1940 al 1943) recitati in coppia con Vittorio De Sica.
La sua capacità di interpretare una ragazza ingenua è uno dei successi del “Signor Max”(1937) e “I Grandi Magazzini” (1939). Aveva uno stile ingenuo ed elegante. Agli occhi di tutti una Diva e Donna con la D maiuscola, sicuramente l’attrice più rappresentativa del cinema dei “Telefoni Bianchi”. Poi dopo alcuni film romantici destinati al momento bellico, caduto il Regime e finito il suo matrimonio, la sua Stella tramonta. Seguirono un altro paio di matrimoni e poi con Roberto Rossellini. Muore nel 1998 a Sanremo, dove viveva da decenni.
Elsa Merlini (Trieste 1903-Roma 1983) pseudonimo di Elsa Tscheliesnig, cantante ed attrice, nata ancora sotto l’impero austro-ungarico, si trasferisce a Firenze dove studia a lungo dizione e muta il suo cognome anagrafico impronunciabile. Debutta a 17 anni in Teatro con Annibale Ninchi. Nel 1930 entra nel mondo del cinema affermandosi come attrice di ruoli brillanti. Nel 1934 costituisce con Renato Cialente suo compagno anche nella vita, una compagnia teatrale con la quale può cimentarsi in ruoli di autori drammatici quali Pirandello, Rosso di San Secondo, ed una memorabile edizione di “Piccola Città” di Thorton Wilder. Contemporaneamente comincia la carriera di cantante incidendo 78 giri e duettando con Vittorio De Sica. A termine della guerra, superato il trauma della morte di Cialente, torna a Teatro con partner quali Cesco Baseggio, Alberto Lupo, Paolo Carlini ed Ivo Garrani, soprattutto recitando per la RAI.
Rossano Brazzi (1916-1994) attore e regista. Esordi nel 1938, ma il suo ruolo da protagonista arriva nel 1940 con “Kean” diretto da Guido Brignone. Sul Palcoscenico arriva nel 1939 recitando “La Cena delle Beffe” di Sem Benelli, pista di lancio di molti attori come Amedeo Nazzari, Gino Cervi, Carlo e Annibale Ninchi, l’attrice Clara Calamai con la sua veloce apparizione a seno nudo. Di seguito preferisce il cinema raggiungendo una notevole popolarità nel ventennio affiancato da Alida Valli e Fosco Giacchetti. Alla fine degli anni 40 si trasferisce ad Hollywood esordendo in “Piccole Donne” con June Allyson ed Elizabeth Taylor. Diventa l’emblema del Latin Lover italiano in diverse pellicole, la migliore “Tempo d’estate” (1955) a fianco di Katarine Hepburn. Sicuramente uno degli attori italiani che ha più successo negli States recitando accanto ad Ava Gardner, Joan Craffrd, John Wayne, Sophia Loren, Debora Kerr ed altre. Prosegue la sua carriera diradando man mano. Muore per una malattia rara a Roma nel 1994.
Clara Calamai (1909-1998)debutta nel 1938 diventando ben presto popolare sino alla fine degli anni 50. Forse deve tutto a quella famosa apparizione a seno nudo ne “La Cena Delle Beffe” diretta da Blasetti che solleva un polverone. Affascinante e versatile recita sia in film del filone “Telefoni Bianchi” che in film storici o drammatici. La sua migliore interpretazione in “Ossessione” di Luchino Visconti nel 1943 a fianco di Massimo Girotti.
Nel frattempo si sposa con il conte e produttore Leonardo Bonzi, dal quale ha due figlie. Con gli anni 50 dirada le produzioni. Nel 1957 lavora ancora con Visconti ne “Le notti Bianche” interpretando il ruolo di una prostituta. Nel 1959 divorzia e si lega al comandante d’aviazione Valerio Andreoni. Fa qualche apparizione in RAI, poi Dario Argento la chiama per un ruolo in “Profondo Rosso”(1975) e nonostante il successo, è la sua ultima apparizione per il cinema. Di lei non si sa più nulla sino a quando, nel 1998, le figlie ne comunicano la morte ad 89 anni a causa di un infarto.
Lilia Silvi ( Roma 1922-2013) pseudonimo di Silvana Musitelli, dopo la scuola di ballo dell’Opera di Roma debutta a soli 13 anni nel 1935 con un altro nome e partecipa anche al “Signor Max” del 1937 come sorella terribile e diventa celebre come l’amica terribile di scuola di Alida Valli. Nel 1940 sposa il calciatore Luigi Scarabello, che appare con lei anche in due film. Nel dopoguerra si prodiga per i superstiti e collabora in teatro. La coppia ha tre figli e la loro unione dura 67 anni, sino alla morte di Luigi nel 2007, lei ci lascia serenamente nel 2013.
Valentina Cortese (Milano 1923-2019) una vera DIVA che ha cavalcato il secolo; di lei abbiamo parlato qualche giorno fa in occasione della vendita all’Asta dei suoi vestiti e gioielli.
Vittorio De Sica (1901-1974) un vero fenomeno cinematografico. Tra i cineasti più influenti della storia del cinema italiano: attore, regista, sceneggiatore, attore di teatro, cantante, doppiatore e conduttore merita un discorso a parte.
Come lo meritano Doris Duranti, e la particolare “Coppia del Cinema” Luisa Ferida, Osvaldo Valenti, Alida Valli, ed altri.
In questo scenario muove i primi passi anche un giovane Vittorio Gassmann (1922-2000) IL MATTATORE grande personaggio in tutti i sensi di cui ricorrono i 100 anni dalla nascita e che merita una Biografia e non un semplice articolo.
Questa epoca è ricordata nel film “Telefoni Bianchi” del 1976 diretto da Dino Risi, film corale che ha proprio come protagonista proprio Vittorio Gassmann e Agostina Belli
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