Philippe Daverio: apre la sua biblioteca
Apre a Milano la biblioteca di Philippe Daverio: i libri e le opere d’arte accumulati in una vita a disposizione degli storici e studenti.
Maria Catalano Fiore
E’ di questi giorni la notizia che è pronta e visitabile la collezione di libri ed oggetti accumulati dallo storico dell’Arte, mancato due anni fa, ospitati nell’antico refettorio del Monastero di Sant’Agostino Bianco a Milano.
Manufatti e libri pregiati accanto a ninnoli di nessun valore, il tutto ai piedi di una Crocifissione di Donato Montorfano: “La Biblioteca del Daverio” si apre alla città di Milano come una wunderkammer tutta da esplorare. La collezione accumulata durante tutta una vita all’amatissimo divulgatore artistico, vittima nel 2020 di un brutto e quasi fulmineo tumore.
Philippe Louis Francois Daverio storico, personaggio televisivo, gallerista, politico e accademico francese con cittadinanza italiana. Nato in Francia nel 1949, l’“Antropologo culturale”, come lui stesso si definiva, era nato in Alsazia da padre italiano, Napoleone Daverio, costruttore e madre francese. Quarto di sei figli riceve una rigida istruzione in collegio, poi la “Scuola Europea di Varese, studia Economia e Commercio con profitto alla Bocconi di Milano, ma, inspiegabilmente, non dà la tesi di laurea.
Nel 1975 apre la sua prima Galleria a suo nome in via Monte Napoleone occupandosi prevalentemente d’avanguardia, a cui seguiranno la Galleria di New York ed un’altra a Milano sempre d’arte contemporanea.
Come gallerista ed editore d’Arte ha pubblicato una cinquantina di opere importanti come “il Catalogo ragionato dell’opera di Giorgio De Chirico” o il “Catalogo generale dell’opera di Gino Severini”. Ha collaborato con tutte le più importanti riviste del settore e non, condotto popolari trasmissioni televisive d’Arte e cultura. Tanto da meritare nel 2015, il “Premio Nazionale Toson d’Oro” di Vespasiano Gonzaga. La sua cultura artistica è determinata da una profonda passione per l’arte, la storia e tutta la conoscenza dell’evolversi dell’umanità. Un vero “divulgatore di cultura” e soprattutto difensore degli ambienti culturali, borghi ed opere d’arte.
I suoi concetti e i suoi “voli pindarici” sulle descrizioni delle opere che potevano sembrare assurdi, avevano invece profonde radici antropologiche, anche l’uomo contemporaneo, inconsapevolmente compie gli stessi atti che hanno compiuto i suoi progenitori.
E’ arrivato il momento in cui Milano gli dedichi una sua Biblioteca e non solo. Questo “contenitore” è l’antico monastero di piazza Bertarelli 4, zona Missori, distrutto alla fine del 700, come molti altri a Milano, tra l’arrivo di Maria Teresa d’Austria e quello di Napoleone, era sopravvissuto il refettorio, diventato nel corso degli anni una scuderia, una fabbrica e un magazzino di muratori.
E’ stato proprio Daverio a recuperarlo nel 2010 e a far restaurare l’affresco di “Donato Montorfano” (1495 circa) che nel 1513, dipinse sul muro una grande Crocefissione simile, se non gemella di quella che tiene compagnia all'”Ultima Cena” leonardesca a Santa Maria delle Grazie, sulla parete opposta.
Non poteva essere diversamente per lui che da anni viveva proprio in quel palazzo, eretto sulle vicine macerie del monastero di Sant’Agostino Bianco nel 700, con la sua famiglia la moglie Elena Gregori. Conosciuta all’università negli anni 70, hanno convissuto da subito, poi sposati nel 1983, e dopo è arrivato un unico figlio, Sebastiano.
Daverio ed Elena lavorano quasi sempre insieme, in vari campi, come la scrittura a quattro mani del libro “A pranzo con l’Arte” pubblicato nel 2017. Nel 2019 Daverio elogia Elena per la sua sopportazione ed amore e sottolinea i loro 47 anni di convivenza stretta. Elena a tutt’oggi conduce una vita molto riservata, una presenza fondamentale vicino a lui, e che a tutt’oggi riordina le sue carte e mette insieme i suoi appunti.
Qui già nel 2012 era nata la cosiddetta “Biblioteca del Daverio”, “uno spazio per ospitare momenti di arte e cultura” dove avevano trovato posto accanto alla sua mastodontica collezione, che va da Francesco Hayez (1791-1882) pittore italiano che va dal neoclassico al romantico, sicuramente uno degli innovatori dell’ 800 italiano, ad Ettore Sottsass architetto e designer (1917-2007), sino a svariati pezzi o chincaglierie.
Curatrice dell’inventario e della esposizione, anche guida per piccoli gruppi di studiosi la moglie Elena Gregori Daverio. L’atmosfera è magica, come abbiamo già detto della presenza di Hayez, accostati a sue opere, possiamo trovare bronzi di “Vincenzo Gemito” (Napoli 1852-1929) scultore napoletano realista, insofferente ai canoni accademici e di “Arturo Martini”(1889-1947) scultore, pittore, incisore e docente, con un Osso di Dinosauro alto un metro per non parlare dei cimeli del Generale corso che gli ricordano suo padre, Napoleone Daverio, e i suoi studi collegiali quasi militareschi: compreso un calco della sua testa, fatto sull’originale del Canova, ora nel cortile di Brera, uno dei tanti collocati all’epoca negli edifici pubblici e rimossi o distrutti dopo Waterloo. Elena stessa afferma in una intervista su Artribune di inizio marzo 2022: “molti oggetti non sono certo pietre miliari della cultura, ma rispecchiano il suo tipo di intelligenza e la sua curiosità eclettica, in questo posto c’è l’anima di Daverio. La sua non è una collezione nata per essere esposta, ma per soddisfare le sue passioni istintive di un conoscitore acutissimo che quando parlava in tv o teneva le sue affollate lezioni, incantava proprio per la capacità di spaziare da un secolo all’altro, dalla Grande Storia a quella quotidiana, dal capolavoro al kitsch tenendo insieme il filo della cultura alta e bassa”.
Uno dei pezzi più curiosi è, per esempio, un enorme mobile composto da vetrine, cassetti e scrivanie. “Era il primo Archivio del Regno d’Italia: stava a Palazzo Carignano, a Torino, In ogni cassetto ci sono i nomi delle Regioni con i documenti relativi” prosegue sempre Elena: “Corteggiò a lungo quel mobile ingombrante ed è andata a finire che gliel’ho regalato io. Sapevo che se si innamorava di qualcosa, toglierla dalla sua testa sarebbe stata una battaglia persa.”
Purtroppo Philippe Daverio è Morto il 2 settembre 2020 a causa di un tumore, ha lasciato un grande vuoto intellettuale.
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