Razov stamane a palazzo di giustizia per denunziare la Stampa.

Evidentemente l’Ambasciatore ha fatto confusione: non siamo in Russia.

Gianvito Pugliese

Nel riferire delle dichiarazioni ai Colleghi, presenti dinanzi a Palazzo di Giustizia di Roma, dell’ambasciatore russo in Italia Sergey Razov l’articolo si chiude così : ” Ma perchè Razov era davanti al palazzo di giustizia di Roma? Lo riferiamo in un articolo successivo col commento del nostro direttore“. Eccomi

Un attimo prima di entrare nelle motivazioni della visita di Razov alla Procura della Repubblica di Roma, che anticipiamo subito: era lì per sporgere denunzia contro il quotidiano diretto da Massimo Giannini La Stampa, permettetemi di commentare quelle dichiarazioni riportate puntualmente nel citato articolo. Francamente o le nostre fonti sono state lacunose e penso di si o i Colleghi presenti non hanno fatto domande serie all’ambasciatore. A prescindere dalla volgarità di ricordare gli aiuti offerti da Mosca all’Italia all’inizio della pandemia, con seguito di minaccia per le armi fornite agli ucraini “che servono ad uccidere russi”, ma da un burocrate della cerchia putiniana non mi aspetto certo finezza: vedere Putin seduto è lo spettacolo del burino elevato alla massima potenza. Stare a gambe aperte non è da manuale del bon ton. Ma evidentemente al Kgb non lo insegnano. Ma c’è di peggio nelle dichiarazioni di Razov. “Mordere la mano che ti da da mangiare” a prescindere, non si può ascoltare che Putin abbia ordinato ai soldati di non toccare i civili. Forse si è scordato di dirlo agli equipaggi dei bombardieri ed agli artiglieri visto che entrambi prediligono i bersagli civili, come ospedali, scuole. E sulle donne ucraine stuprate ed impiccate? Forse una licenza data da Putin ai suoi eroici soldati per divertirsi un poco? Ma nessuno sembra avergli posto domande serie, anche se imbarazzanti, o gli ha ricordato delle intercettazioni degli ordini impartiti dal Cremlino sui civili da “massacrare senza pietà”. Sulla minaccia nucleare raggiunge l’apice, nel negarla la conferma e la rafforza. Non è una minaccia reale! E un’ipotesi: la Russia userebbe le armi nucleari se “fosse minacciata la sicurezza della Federazione russa”. Tradotto: se dovessimo affrontare la Nato, molto più forte di noi, ricorreremmo subito al nucleare. Evviva! E costui sarebbe un “diplomatico”? Il Cremlino ha davvero le idee confuse. Sarà che in Ucraina di mette male.

Ed andiamo al motivo della sua presenza a palazzo di giustizia. Lo spiega lo stesso Razov che ha depositato un esposto che ipotizza l’istigazione a delinquere e l’apologia di reato per un articolo del quotidiano La Stampa: “Questo articolo d’autore considerava la possibilità dell’uccisione del presidente della Russia. Non c’è bisogno di dire che questo è fuori dell’etica, dalla morale e dalle regole del giornalismo. Nel codice penale dell’Italia si prevede possibilità di istigazione a delinquere e apologia di reato. In precisa conformità alla legislazione italiana mi sono recato alla procura della Repubblica per registrare questa querela con la richiesta alle autorità italiane di esaminare questo caso. Confido nella giustizia italiana”. Noi in quella russa non confidiamo: Navalny docet!

Quindi l’attacco alla stampa italiana ad ampio raggio: “Dovreste seguire entrambi i messaggi e non solo quelli della parte Ucraina. Ogni giorno leggo la stampa italiana e vedo ogni giorno alcune foto la provenienza della quale è molto dubbiosa“.

Razov forse stamani era ancora in preda ai fumi dell’alcol della cena di ieri e non si è accorto di non essere in quella Russia in cui Putin ha emanato una legge, complice quel letamaio della Duma, per condannare fino a quindici anni i giornalisti, anche stranieri, che non si attengano alle veline del Cremlino. Tutto ciò che non proviene dal Cremlino a Mosca è fake news e punibili come sopra.

Il Italia, che è un Paese democratico e civile, a differenza delle Russia di Putin, che non è un governo autoritario, ma dittatoriale, c’è un articolo 21 della Carta Costituzionale. Glielo trascrivo: “

Articolo 21

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria [cfr. art. 111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume.

Ambasciatore, ho grassettato i principi ispiratori. Ma che li scrivo a fare ad un signore che fa parte della cerchia di chi ha da sempre messo il bavaglio alla stampa e si è liberato dei Colleghi scomodi facendoli assassinare sistematicamente nel postone di casa, giusto per firmare il delitto e mandare il messaggio mafioso urbi et orbi?

Ho scritto anch’io un articolo del genere: non istigavo ad uccidere nessuno, neanche Putin, riferivo, come La Stampa, voci di corridoio, cospirazioni per mano dei servizi segreti occidentali, in stand by in attesa che il Bruto di turno si materializzasse ad opera degli oligarchi, duramente colpiti negli interessi per colpa delle scelte di Putin e dei due o tre soli consiglieri autorevoli ed ascoltati.

Il sottosegretario agli Esteri e segretario di Più Europa Benedetto Della Vedova: “I giornali italiani sono liberi di poter scrivere ed esercitare il loro lavoro di cronaca e di critica. È questa la sostanziale differenza tra l’Italia, l’Europa, le democrazie liberali e la Russia di Putin, dove i cittadini vengono arrestati solo perché chiamano guerra una guerra o manifestano con un foglio bianco. Quello dell’ambasciatore Razov non è il primo attacco da parte delle istituzioni russe alla stampa libera e indipendente del nostro Paese. Ricordo ad esempio le parole della portavoce di Lavrov rivolte al direttore di Repubblica pochi mesi fa, in cui lo invitava a scaldarsi con copie del suo giornale. La resistenza all’aggressione russa ci riguarda anche per questo: in Ucraina si combatte per sopravvivere ma anche per difendere i valori basilari di società aperte e democratiche”.

Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi, il sindacato dei giornalisti: “Fra le assurdità e le contraddizioni della guerra rientra a pieno titolo anche l’iniziativa dell’ambasciatore russo in Italia, che invoca i principi dello Stato di diritto, quotidianamente calpestati dal governo del suo Paese, per punire il giornalista della Stampa Domenico Chirico. L’esposto depositato in Procura a Roma, destinato a non approdare a nulla perché nell’articolo ‘incriminato’ non c’è scritto nulla di quanto afferma l’ambasciatore, non fa altro che confermare, qualora ce ne fosse stato bisogno, quale sia l’atteggiamento dei rappresentanti del governo di Mosca nei confronti dei giornalisti e del loro lavoro. Pensare di mettere a tacere la stampa italiana con iniziative pretestuose e dal sapore intimidatorio è inutile e controproducente, anche perché in Italia le querele temerarie contro i giornalisti, complice l’inerzia di Parlamento e governo, sono quasi uno sport nazionale. L’esposto dell’ambasciatore, semmai, rende sempre più necessaria la presenza dei media italiani e occidentali in Russia per smontare la propaganda del regime e dare voce a quanti nel Paese, non soltanto giornalisti indipendenti, cercano di dar corpo al dissenso contro la guerra all’Ucraina e l’azione del governo”. 

La ciliegina sulla torta arriva da Massimo Giannini, direttore de La Stampa: “Solo nel mondo alla rovescia di Santa Madre Russia, quella che piace a Vladimir Putin, può accadere che l’ambasciatore di un Paese che ha decretato la più sporca guerra contro la democrazia liberale come l’Ucraina possa intentare una causa contro un giornale responsabile solo di raccontare quello che sta succedendo in quel Paese“.

E conclude: “L’ambasciatore oggi attacca l’informazione italiana e in particolare il nostro giornale per istigazione a delinquere, per aver aizzato ad uccidere Putin, l’esatto contrario di quello che abbiamo scritto. Dobbiamo oggi assistere a un ambasciatore che contesta alla libera informazione occidentale di deformare i fatti, questa è la lezione che ci arriva da quel Paese, questa è la lezione che oggi noi respingiamo con forza perché siamo sereni su quello che stiamo facendo, su quello abbiamo fatto, su quello che pensiamo e scriviamo perché viviamo in un Paese libero e perché siamo un giornale libero. Amiamo la libertà e continueremo a difenderla nonostante tutte le minacce e tutte le intimidazioni perché sappiamo di stare dalla parte giusta della Storia”. 

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