I repubblicani con Trump? Non tutti
Da Mitt Romney e George Walker Bush a Colin Powell, tutti i padri nobili del partito repubblicano stanno mollando Trump. Questa presidenza si è avviata verso una china ingloriosa. Il suo simbolo? Il muro che circonda la White House.
Cominciano le defezioni di repubblicani, che vedono in Donald Trump non più il leader capace di portare gli ideali repubblicani al trionfo, ma un personaggio distruttivo, con troppi interessi personali non chiari, che potrebbe seppellire il partito repubblicano per decenni.
La gestione della crisi pandemica, seconda in negatività solo a quella del suo amico Bolsonaro, il comportamento provocatorio nella gestione del caso di #GeorgeFloyd, con mai una parola di condanna per la violenza a danno dei neri, l’isolamento internazionale in cui è sprofondata ormai l’America, che era sì repubblicano, ma di prima della II guerra mondiale, la crescente volgarità e grossolanità del personaggio che riduce tutto e sempre ad una questione di dollari, hanno finito per metterlo in realtà al muro. Il re è nudo! E capita non solo nelle monarchie, ma anche nelle democrazie.
Per ora hanno manifestato chiaramente la loro contrarietà al Presidente in carica, il senatore repubblicano Mitt Romney, già candidato alla Casa Bianca. Ieri era alla marcia di Washington verso la Casa Bianca. Intervistato dal New York Times ha detto che a novembre non voterà per Trump, bensì per Biden.
E’ stata poi la volta di George Walker Bush, 43º Presidente degli Stati Uniti d’America, repubblicano, che ha dichiarato il suo non voto per Trump. Più duro di tutti Colin Powell: ‘Voterò Biden, Trump è un pericolo’.
Ed in quest’ultima parola c’è il nucleo del più grande problema che abbia mai atterrito il tycoon. Ormai, dai repubblicani che contano e che vengono considerati da tutti i padri nobili del partito Trump è percepito come un pericolo per il futuro dello stesso partito repubblicano. Se i democratici avessero saputo attendere e giocare la carta impeachment ora, e non allora, il risultato sarebbe, molto probabilmente, stato diverso. Ma col senno del poi siamo tutti bravissimi.
Donald Trump si avvia verso una pessima fine di presidenza e, con i nemici che ha seminato per il mondo, ne risentiranno non poco anche i suoi affari, il suo vero Dio, che non è certo quello della Bibbia che ostentava giorni addietro. Chi si serve dei simboli politici per raccattar voti e consenso, statene certi non è un vero credente, al massimo un superstizioso ammantato da fedele. Certo non gli mancheranno i soldi per la spesa e, proprio per questo, lui il popolo non lo capirà mai.
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