Lorenzo da Ponte, genio in fuga

Dopo il lungo periodo “di quarantena” in questi giorni sono ritornato a Vittorio Veneto. Passeggiavo per la cittadina e, passando davanti alla casa natale di Lorenzo Da Ponte, geniale librettista di W. A. Mozart, mi sono tornati alla mente alcuni passi della sua autobiografia a cui mi ispirai, negli anni ottanta, per realizzare uno spettacolo-concerto. Autobiografia che è testimonianza di una emozionante e avvincente lunga vita di un uomo incredibilmente moderno.

Roberto Fabbriciani

In copertina: Roberto Fabbriciani foto di Luisella Botteon


Vittorio Veneto, casa natale di Lorenzo Da Ponte

Lorenzo Da Ponte, nato Emmanuel Conegliano, era di famiglia ebraica e viveva col padre Geremia e i fratelli Baruch e Anania nel piccolo ghetto di Ceneda, l’attuale Vittorio Veneto. La famiglia si convertì alla fede cattolica perché il padre avrebbe sposato, in seconde nozze, una donna cristiana. Emmanuel fu battezzato il 29 agosto 1763 e assunse il nome e il cognome dell’allora vescovo di Ceneda: Lorenzo Da Ponte. Lorenzo entrò nel seminario di Portogruaro e fu ordinato sacerdote nel 1773 trasferendosi poi a Venezia come istitutore presso una famiglia dell’aristocrazia. Protagonista di una vita originale, ebbe la possibilità di descrivere gli straordinari fermenti culturali dell’epoca, gli intrighi, le cabale, le rivalità e i giochi di potere. Particolare fu il rapporto di Lorenzo Da Ponte con Wolfgang Amadeus Mozart dal quale nacquero tre capolavori assoluti del teatro musicale: Le nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte.


Lorenzo Da Ponte, poeta, librettista, libraio ed editore

Così Lorenzo Da Ponte inizia le “memorie” della sua vita: “Il giorno decimo di marzo dell’anno 1749 nacqui a Ceneda, piccola ma non oscura città dello Stato Veneto. All’età di cinque anni perdei la madre. I padri prendono poca cura generalmente de’ primi anni de’ loro figli. Furono questi negletti interamente dal mio: all’età d’undici anni leggere e scrivere era tutto quel ch’io sapeva. Fu allora solamente che mio padre pensò a darmi qualche educazione…”

La vita di Lorenzo Da Ponte si presta, più di quella di altri personaggi suoi contemporanei, a descrivere in filigrana la sua epoca.

Vissuto nella seconda metà del settecento, morto a New York nel 1838, Da Ponte ha attraversato un’epoca estremamente turgida di avvenimenti, rivolgimenti, contrapposizioni ideologiche e fermenti culturali. Basti ricordare la rivoluzione francese, la crisi dell’illuminismo a favore del romanticismo e, sul piano musicale, il trapasso non indolore dall’opera seria di insegnamento morale a quella buffa, commedia di caratteri.

Ebreo di nascita, convertitosi al cattolicesimo, prete per forza e per comodo, libertino, senza raggiungere la sfrenatezza di Casanova, arrampicatore culturale senza troppi scrupoli, Da Ponte ebbe nel decennio 1780-90 un ruolo importante nella vita culturale diciamo “illuminata” del regno di Giuseppe II.

Personaggio affascinante con il suo continuo peregrinare per le maggiori capitali del mondo, sempre cacciato e osteggiato per invidie e talvolta per un comportamento non proprio irreprensibile; straniero in patria, un destino questo che divide oltre che con Casanova, con Goldoni e con Giovan Battista Casti.

Il periodo veneziano coincide con la giovinezza esuberante di Lorenzo, disponibile al gioco e all’amore negli anni di fulgore della Repubblica Veneta. E’anche in questo periodo che affiora la sua vocazione poetica, le prime vicissitudini censorie, le prime difficoltà politiche che lo porteranno esule da Venezia, prima di una lunga serie di messe al bando.

Da Venezia a Gorizia, da Gorizia a Dresda e poi a Vienna.

Lorenzo giunse a Vienna sul finire del 1781. A Vienna incontrò Metastasio e Antonio Salieri e solo nel 1783, nel salotto del barone Raimund von Wetzlar, Mozart.

Caterino Mazzolà, poeta dell’elettore di Sassonia, che Da Ponte conobbe e con il quale collaborò a Dresda, così scrive a Salieri:

Amico Salieri,

il mio dilettissimo Da Ponte vi porterà questi pochi versi. Fate per lui tutto quello che fareste per me. Il suo core ed i suoi talenti meritan tutto. Egli è, oltre a ciò, pars animae dimidiumque meae.

Il vostro

Mazzolà


Lorenzo Da Ponte, quarantenne (autore ignoto)

A Vienna Lorenzo Da Ponte assunse la carica di “poeta dei teatri imperiali” con lo stipendio annuo di milleduecento fiorini e l’obbligo di fare dei drammi buffi che gli si pagavano a parte. Il suo primo lavoro teatrale viennese fu messo in musica da Antonio Salieri e così Da Ponte ne parla nelle Memorie:

…“Come questa prima mia produzione si dovea porre in musica dal Salieri, ch’era, a dir vero, soggetto coltissimo e intelligente, così proposi a lui vari piani, vari soggetti, lasciandogliene la scelta. Gli piacque, sgraziatamente, quello che forse era men suscettibile di grazia e d’interesse teatrale. Fu questo Il ricco d’un giorno. Mi misi coraggiosamente al lavoro; ma ben presto m’accorsi quanto più difficile in ogni impresa sia l’eseguir che l’immaginare. Le difficoltà, che incontrai, furono infinite. L’argomento non mi somministrava la quantità de’ caratteri e la varietà degli incidenti necessari ad empiere con interesse un piano che durasse circa due ore; i dialoghi mi riuscivano secchi, l’arie sforzate, i sentimenti triviali, l’azione languida, le scene fredde; mi pareva infine di non saper più nè scrivere, nè verseggiare, né colorire e d’aver preso a trattare la clava d’Ercole con man di fanciullo. Terminai alfin, bene o male, quasi tutto il primo atto. Non mi mancava più che il finale. Questo finale, che deve essere per altro intimamente connesso col rimanente dell’opera, è una spezie di commediola o di picciol dramma da sé, e richiede un novello intreccio ed un interesse straordinario.”…

Il ricco d’un giorno su musica di Antonio Salieri e libretto di Lorenzo Da Ponte venne rappresentato nel 1784 senza un grande successo, ma … : “in quel medesimo tempo ebbi occasione di conoscere Volfango Mozzart in casa del barone Vetzlar, suo grande ammiratore e amico, e il quale, sebbene dotato di talenti superiori forse a quelli d’alcun altro compositore del mondo passato, presente o futuro, non avea mai potuto, in grazia delle cabale de’ suoi nemici, esercitare il divino suo genio in Vienna, e rimanea sconosciuto ed oscuro, a guisa di gemma preziosa, che, sepolta nelle viscere della terra, nasconda il pregio brillante del suo splendore”.  

Al signor “Mozzart” Lorenzo da Ponte chiese di porre in musica un dramma da lui scritto. Da Ponte scrisse Le nozze di Figaro, partendo dal soggetto della omonima commedia di Beaumarchais.

Iniziò così la più importante ed elevata collaborazione tra librettista e compositore di tutti i tempi.

Le nozze di Figaro, ad onta de’ “sentiremo” e de’ “vedremo”, piacque molto e fu dal sovrano e dai veri intenditori ritenuta sublime e quasi divina.

Anche il libretto fu molto apprezzato per la bellezza dei versi e di alcune arie, come la squisita leggerezza di:

“Non più andrai, farfallone amoroso,

notte e giorno d’intorno girando.”

Da Ponte era dunque librettista di successo nella Vienna dell’epoca e molti musicisti facevano a gara per avere libretti da lui.

…”Martini, Mozzart e Salieri vennero tutti e tre in una volta a chiedermi un dramma. Io li amava e stimava tutti e tre, e da tutti e tre sperava un riparo alle passate cadute e qualche incremento alla mia gloriuccia teatrale.”

Il Don Giovanni venne rappresentato in prima a Praga, per l’arrivo della principessa di Toscana. In quella città fu un successo. Non altrettanto a Vienna dove il pubblico si appassionò all’opera più lentamente, dopo ripetute rappresentazioni.  L’Imperatore disse:  “L’opera è divina; è forse più bella del Figaro, ma non è cibo pei denti de’ miei viennesi” . In realtà ad ogni rappresentazione l’applauso cresceva e, a poco a poco, anche i signori viennesi “da’ mali denti” ne gustarono il sapore e ne intesero la bellezza e posero il Don Giovanni tra le opere più belle.

Dopo questi due grandi capolavori siglati dal binomio Mozart–Da Ponte, Lorenzo scrisse per la cantante Adriana Gabrielli del Bene, di cui si era innamorato, Così fan tutte o La scola degli amanti sempre con musica di Mozart.

Morì l’imperatore Giuseppe II, estimatore e sostenitore del nostro librettista.

Per Lorenzo Da Ponte iniziarono momenti di difficoltà, invidie ed intrighi di corte e la passione per Adriana, detta la Ferrarese, lo compromisero agli occhi dell’imperatore Leopoldo. Così al fine Lorenzo Da Ponte lasciò Vienna per Trieste nella primavera del 1791. A Trieste sposò Nancy, la donna che tenne vicina per il resto della sua vita, con la quale il 12 agosto 1792 …”col capitale di sei a settecento fiorini, a metà di quarantadue anni e cinque mesi, ma col coraggio, o, per meglio dire, colla temerità d’un giovinastro di venti … in un calessino tirato da un sol cavallo e guidato da un giovinotto di quindici o sedici anni …”, partì da Trieste riprendendo il suo peregrinare per l’Europa.

Nell’agosto 1795 da Londra scrive all’amico Giacomo Casanova: “….Io me la passo bene: godo d’una perfetta salute, e senza la mancanza di ventiquattro ventisei denti, che non so per qual matto capriccio non vollero più stare con me, non mi accorgerei nemmeno d’aver quarantasei anni. Ho con me la mia Nancy, ch’io amo, e che ama me; anzi che mi potrebbe far del tutto felice, s’io non fossi un di quegli uomini che la fortuna e cattivi amici si divertono di maltrattare.…” Dopo alterne vicende Lorenzo lasciò Londra per gli Stati Uniti. Sbarcò a Filadelfia il 4 giugno 1805 e subito dopo raggiunse la moglie Nancy e i quattro figli a New York.


Lorenzo Da Ponte, ottantenne (autore ignoto)

Il 26 aprile 1819, a settan’anni, avviò a New York una fiorente scuola di italiano e vi affiancò una libreria italiana. La nostalgia delle lettere e del teatro, che mai lo aveva abbandonato, lo riprese a pieno. Ormai anziano, nel 1833 coronò il suo sogno di dotare New York di un teatro italiano: l’Italian Opera House. Qui nel 1834 lui stesso assistette alla prima newyorkese del suo Così fan tutte, il cui sestetto finale recita così:

 “Fortunato l’uom che prende

ogni cosa pel buon verso,

e tra i casi e le vicende

da ragion guidar si fa.

Quel che suole altrui far piangere

fia per lui cagion di riso;

e del mondo in mezzo ai turbini

bella calma troverà.”