Mario Draghi: “Questa sera rassegnerò le mie dimissioni a Mattarella”

Draghi ai Ministri: “E’ venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo”. Mattarella rifiura le dimissioni e lo rinvia alle Camere

Gianvito Pugliese

Rinviamo ai giorni a venire, o semplicemente a qualche ora, un’analisi dettagliata di quanto è avvenuto in questi giorni, tra i palazzi del Parlamento, Palazzo Chigi, il Colle e le segreterie dei partiti e, soprattutto, dei piccoli interessi di bottega che ci hanno portati all’epilogo odierno. E rinviamo, anche, un’attenta analisi di strane concomitanze, che colpiscono ad orologeria da Biden a Macron, da Johnson a Draghi, guarda caso tutti con il medesimo nemico.

Ma ora mentre Draghi va al Colle a rassegnare le dimissioni, una cosa voglio dire subito, senza se e senza ma: era tutto scritto, perché un Gigante, in quella massa informe di nani, non poteva essere apprezzato, considerato, compreso, aiutato, ma doveva essere azzoppato, costretto a patteggiare e subir ricatti, come quello di Conte oggi, o come ha ricordato recentemente Mario Draghi, prepararsi agli “sfaceli” minacciati dalla Lega e qualcun’altro a partire da settembre in poi.

Ed è giusto che avvenga oggi, perché gli italiani, o almeno quelli che ragionano, che s’informano, che sanno giudicare, misurino uomini e partiti, protagonisti o comprimari di questo evento negativo.

L’Italia, Paese fondatore dell’Unione europea, aveva decisamente perso negli anni qualsiasi prestigio e rispetto in Europa, lasciandosi relegare se non a fanalino di coda, nella fascia intermedia dei Paesi poco considerati.

Certo, Draghi ha avuto non poca fortuna. Ha riportato col suo prestigio di ex Presidente della banca centrale europea, non uno qualunque, ma colui che, in quel ruolo, aveva salvato, in momenti drammatici, l’euro e l’Europa, l’Italia sul podio dei primi tre posti al vertice. E’ stato poi agevolato nella scalata dalle difficoltà dei suoi “concorrenti”: Macron e Scholtz. Il primo è uscito “azzoppato” dalle elezioni parlamentari, che l’hanno privato di una maggioranza che faccia capo all’Eliseo. Il secondo, semplicemente è Olaf Scoltz e non si chiama Angela Merkel. Anche lui guida una coalizione difficile e gli equilibrismi lo consumano e rimpiccioliscono, costringendolo al ruolo di “Capitan Tentenna”. Così l’Italia senza forzature e con una naturalezza assoluta si è ritrovata con il proprio Presidente del Consiglio sul primo posto del podio, a dettare -con autorità e senza mai autoritarismi inopportuni- l’agenda dell’Ue in una fase di contrasti molto forti con una Russia che, dopo aver invaso l’Ucraina, continua a minacciare mezzo mondo.

Il patriota era Draghi che ci ha portato alla guida dell’Ue, o chi ci ha fatto vergognare in Europa ripetutamente di essere italiani? Lo sto chiedendo a lei, signora Meloni, leader del primo o secondo partito nelle intenzioni di voto, mica al primo che passa per la strada? Lei è all’opposizione, insieme a Sinistra italiana di Fratoianni e fa il suo mestiere, tra l’altro efficacemente e coerentemente. Ma c’è l’interesse nazionale, sempre invocato a sproposito e altrettanto lontano dalle azioni reali della politica.

Chi non fa il suo mestiere sono Conte ed i pentastellati, dichiaratamente con un piede nella maggioranza e nel Governo ed uno fuori, e Salvini con la Lega, che si sta preparando a settembre a impersonare il partito di lotta e di Governo, che rimane nella stanza dei bottoni, ma non ne condivide la responsabilità. Comodo no?

Da pochi minuti ci raggiunge la notizia che il Presidente della Repubblica avrebbe deciso di respingere le dimissioni di Mario Draghi e di mandarlo mercoledì in Parlamento per una nuova verifica della maggioranza.

Che dire per ora: “Meno male che Sergio c’è!”

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