Salvini spariglia le carte e candida Lorenzo Fontana a Presidente della Camera.
Riccardo Molinari sarà ricandidato a capogruppo a Montecitorio, Giancarlo Giorgetti forse ad un ministero.
Gianvito Pugliese
Lorenzo Fontana (in copertina con Umberto Bossi) è il candidato di Salvini alla presidenza della Camera. E’ l’esito di un incontro tra lo stesso Salvini e Molinari, che avrebbe dato la disponibilità a restare capogruppo della Lega a Montecitorio.
Il vicesegretario della Lega Giancarlo Giorgetti, nome gradito da Giorgia Meloni per la terza carica dello Stato, dice la Lega: “ha rimesso a Salvini la decisione per un eventuale incarico nel futuro governo di centrodestra”.
Salvini ha da poco dichiarato: “Ho chiesto a Riccardo Molinari la disponibilità a proseguire il suo mandato da capogruppo della Lega a Montecitorio, nonostante avesse tutte le carte in regola per fare il Presidente della Camera. Molinari è stato e sarà il miglior capogruppo possibile, ruolo per me politicamente più rilevante per i prossimi cinque anni”.
Salvini come di consueto spariglia ogni accordo con gli alleati di governo: nel giallo-verde tentò, a fine agosto 2019, di sostituirsi a Conte e dal 33%, appena ottenuto alle europee, si ritrova con catastrofiche percentuali ad una cifra; nel governo di solidarietà nazionale, con l’assist di Conte e la complicità di Berlusconi ottiene le dimissioni di Draghi, reo di non cedere ai suoi “ricatti politici”. Draghi, ricordiamolo sempre, è l’unico Presidente del Consiglio italiano, che si sia dimesso senza essere sfiduciato (se non da Conte e pentastellati residui), ma solo perché alcuni partiti della sua maggioranza venivano meno al patto di governo: precisamente votarono la sfiducia i pentastellati di Conte-Grillo, unici della maggioranza -sia pure a ranghi ridotti per l’abbandono del partito da parte di Luigi Di Mario ed una sessantina di parlamentari. Con Conte voto la sfiducia l’opposizione di destra (Meloni ed i suoi Fdi) e di sinistra (Fratoianni e Sinitra italiana). Ma il colpo di grazia è stato l’allontanarsi dall’aula e non votare la fiducia da parte di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini con le rispettive compagnie di ventura. Sulla congiura di palazzo che ha indotto Draghi a lasciare Palazzo Chigi non è del tutto estranea la propaganda del Cremlino e le iniziative dell’ambasciatore russo a Roma Rasov: “dalle istruzioni a Conte” secondo il Ministro Di Maio, ai biglietti pagati a Salvini per il viaggio a Mosca, poi abortito, alle delucidazioni a Berlusconi sul voler sostituire a Kiev “Zelenskiy ed il suo governo, con delle brave persone (ndr. soliti pupazzi tipo Lakascenko) “.
Staremo a vedere come andrà l’elezione del sostituto del pentastellato Fico, sta di fatto che Fontana è -a parer mio- per manifesti lati caratteriali, la risposta-minaccia salviniana ai suoi desiderata negati dalla Meloni in tema di ministeri (in primis gli Interni per lui, che in quella veste è imputato di sequestro di persona ed omissione di atti d’ufficio ed atti dovuti a Palermo “processo Open Arm”). E speriamo che la premier in pectore sappia resistere. Con Berlusconi sul piede di guerra, per il mancato ministero di peso alla sua infermiera, Licia Ronzulli, promossa dal Cavaliere prima coordinatrice di Forza Italia in Lombardia e poi parlamentare, la tentazione di ammorbidire Salvini può essere forte. Ma è certo che se dovesse cedere, per il suo governo, già passato da “alto profilo” a “squisitamente politico”, non c’è storia, se non una sfilza di debiti extra bilancio come da copione già visto. Tanto poi a pagare sono i tanto amati italiani che i Patrioti (da Bettino Craxi in poi) inguaiano con debiti fino alla settima generazione.
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