Nel “Super Tuesday” vince Joe Biden
L’ex vice-presidente di Obama ribalta i pronostici e si prepara a sfidare Trump
Vito Longo
Nella notte italiana si è tenuto il cosiddetto “Super Martedì” in America, l’appuntamento più importante per chi si prepara a sfidare il candidato presidente uscente, in questo caso i democratici.
Prima di venire ai risultati della notte, un veloce riepilogo degli appuntamenti precedenti.
Dopo la sconfitta di quattro anni fa contro Hillary Clinton, il super-favorito alla corsa per la nomination democratica di sfidante del Presidente Trump era Bernie Sanders, noto per le sue posizioni notevolmente estremiste e quasi rivoluzionarie in un’America a forte impronta moderata. E, d’altronde, i risultati delle prime convention (Iowa, nonostante l’isolato exploit di Pete Buttigieg; New Hampshire e Nevada) lo vedevano saldamente in testa.
In una settimana, tuttavia, l’ex vice-presidente dell’amministrazione Obama è stato in grado di ribaltare completamente il pronostico, nel suo stile, senza eccessivi proclami. Dapprima, ha non vinto, ma stravinto, nella Carolina del sud. Questa vittoria, in uno stato a fortissima densità afro-americana, ha decretato il notevole cambio di passo di Joe Biden. Sfruttando la fiducia di cui ancora gode presso gli abitanti di etnia africana, in maggioranza nello stato della Carolina del Sud, ha annullato in un solo colpo il vantaggio in termini di delegati accumulati fin lì da Sanders; ha rinvigorito la sua immagine in forte crisi di consenso e ha ottenuto l’endorsement di Amy Klobuchar e, sebbene in maniera meno esplicita, di Pete Buttigieg. Questi due endorsement, uniti a quello già arrivatogli da Beto O’Rourke, gli hanno consegnato la vittoria nell’importante stato del Texas questa notte.
I dati non sono ancora definitivi perché in alcune zone dell’America il conteggio sta ancora continuando, ma i numeri reali non saranno ormai dissimili da quelli aggregatisi finora. Il margine di errore è minimo.
Il clima, dunque, è decisamente mutato: se prima Sanders sembrava saldamente in testa e ad un passo dalla nomination ufficiale, i dati del Super Tuesday rimettono tutto in gioco. Se è vero che è ancora presto per decretare ufficialmente Joe Biden come prossimo sfidante di Donald Trump, è altrettanto vero che adesso sarà dura per Bernie Sanders invertire la rotta che sembra tracciata in favore del suo avversario che può contare anche sul sostegno del partito.
Prima di un’analisi sul post-voto, uno spazio di analisi lo meritano anche Michael Bloomberg ed Elizabeth Warren.
Partiamo dal primo. Fin dal principio, il miliardario ex sindaco di New York, aveva puntato fortissimo su questo appuntamento arrivando ad investire, nel complesso, più di mezzo miliardo di dollari. A giudicare i risultati, però, nonostante la sovraesposizione propagandistica, il suo non è stato un investimento centrato. Esclusa l’isola di Samoa, dove ha ottenuto la maggioranza dei delegati, Bloomberg non è mai stato realmente in competizione in nessuno degli Stati, limitandosi a fare da terzo incomodo, e a volte neanche quello, nella sfida tra Biden e Sanders. All’ex sindaco di New York restano davanti poche alternative e voci sempre più insistenti lo danno prossimo al ritiro. Egli, comunque, fa capire che continuerà a dare una mano per sconfiggere l’odiato rivale Donald Trump. Endorsement in vista per Biden? Staremo a vedere.
La vera sconfitta di questo “Super Tuesday” è però Elizabeth Warren. In poche settimane si è passati dall’ipotizzare un futuro ticket tra lei e Sanders, c’era anche già pronto il nome, “Berren”, ad una lotta senza quartiere tra i due, i cui elettorati sono i più simili e affini. In effetti, dopo il pessimo risultato in South Carolina, era dato pressoché per certo il suo ritiro dalla competizione elettorale, in maniera tale da favorire un riverbero dei suoi voti su Bernie Sanders. Così non è stato, ma la scelta della senatrice del Massachusetts è risultata perdente. Non solo la senatrice è arrivata appena terza nel suo Stato di appartenenza, ma non è mai stata in corsa in nessuno dei 15 stati che si assegnavano ieri. È ora difficile ipotizzare possa continuare la sua corsa, nonostante lei si ostini a voler insistere dichiarandosi certa di essere la sfidante di Trump.
Il magnate newyorkese, dal canto suo, ha seguito le primarie democratiche con la solita verve pungente che lo contraddistingue, non lesinando frecciate a tutti i suoi avversari, apostrofandoli in maniera poco cordiale: da “Crazy Bernie”, passando per “Mini Mike”, “Pocahontas” (Warren) arrivando a “Sleepy Joe”.
L’analisi sui flussi ci consegnerà qualche dato in più. Ad ora è certo che “Sleepy Joe” fosse, a torto o a ragione il tempo ci dirà, l’avversario più temuto dal presidente uscente. Non è un caso che per creargli imbarazzo commissionò quel dossier sul figlio rischiando l’impeachment.
La sfida nel campo democratico, tuttavia, non è ancora finita e ha ancora diverse storie da raccontarci. Quello che si può affermare con ragionevole certezza è che la sfida si restringerà ad un confronto a due tra Biden e Sanders: da un lato l’uomo forte dell’establishment democratico, dall’altro l’alieno, l’uomo contro tutto e contro tutti, sempre all’attacco, anche dei suoi colleghi, anche in maniera dura. La sfida più grande per i due sarà l’aggregazione del consenso residuale. Per Biden sarà importante dimostrare di essere almeno all’altezza di Trump, coalizzando un consenso trasversale e in questo senso, una grossa mano, gliel’hanno data i risultati degli stati del Sud, riuscendo a parlare e ad intercettare i progetti e le ambizioni della classe media, quella che ha spinto Trump alla vittoria, nonostante i 3 milioni di voti complessivi in meno raccolti contro la Clinton nel 2016. Sanders, invece, dovrà scegliere se continuare sulla strada dell’intolleranza verso chi non lo appoggia o se, viceversa, prediligere un approccio più rassicurante, in grado di convincere alcuni scettici; dato il carattere vulcanico del “socialista” Sanders, però, si rivela come una missione particolarmente ardua.
Al momento attuale la sfida non è chiusa, ma il numero maggiore di delegati raccolti fin qui da Biden, peserà. Vedremo se Sanders riuscirà a capovolgere questa situazione con una reazione maggiore e contraria a quella prodotta da Biden o se, invece, la situazione resterà sostanzialmente invariata consegnando la vittoria e la nomination all’ex vice-presidente di Barack Obama.
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