Giorno 327

Una lezione di terminologia militare, dalla “Vittoria in una battaglia”, ad un “Teatro operativo”, da una “Campagna” ai “Combattimenti” o “ingaggi” e tanto altro ancora. Utili a comprendere la vittoria a chi e se arride a Soledar o Bakhmut, dove ancora non c’è nulla di definito. Poi la propaganda di entrambe le parti tende a confondere le idee sulla verità degli eventi in corso. In copertina alcuni dei testi di Orio Giorgio Stirpe

Orio Giorgio Stirpe

L’argomento di oggi può sembrare sciocco, quasi infantile; ma mi sembra opportuno dopo aver letto così tanti titoli di giornale o post sui social, da convincermi che ormai l’opinione pubblica ha davvero le idee confuse sui fattori fondamentali di un conflitto armato.

Quand’è che si “vince” una battaglia?

Una battaglia è per definizione uno scontro aperto fra due opposte formazioni, generalmente organizzate e di livello elevato; nei testi di arte militare si fa riferimento ad un livello pari a quello di Corpo d’Armata o equivalente, quindi da entrambe le parti ci si riferisce ad almeno diecimila combattenti direttamente coinvolti in azione. La battaglia stessa si risolve in una serie di scontri più o meno prolungati di livello minore che si svolgono contemporaneamente nella stessa “area della battaglia”: uno spazio di dimensioni variabili che contiene le Unità di manovra e quelle di supporto al combattimento di entrambi i contendenti coinvolti e – generalmente – l’obiettivo fisico del contendere.

Un insieme di battaglie combattute da più Corpi d’Armata per parte in uno spazio riconosciuto e limitato da confini geografici o politici ben definiti e detto “Teatro Operativo”, si definisce “Campagna”; una guerra può essere limitata ad un solo Teatro Operativo oppure comprenderne diversi ed articolarsi in più Campagne, come accadde nelle Guerre Mondiali.

Gli scontri nell’ambito di una battaglia si definiscono genericamente in italiano “combattimenti”, oppure mutuando un termine inglese contemporaneo “ingaggi”. Le attività cinetiche svolte nel complesso dal Corpo d’Armata nel corso della battaglia sono “operazioni”, mentre quelle svolte dalle sue singole Unità sono “azioni” o “atti tattici”.

Il livello di pianificazione in cui si studiano le operazioni del Corpo d’Armata si definisce appunto “operativo”, mentre quello in cui si studiano le azioni minori si definisce “tattico”. La pianificazione di livello superiore è invece quella “strategica”.

Chiarite le definizioni collaterali, che spesso vengono confuse fra loro dai non addetti ai lavori o addirittura adoperate come sinonimi, torniamo alla battaglia: che cos’è?

È lo scontro cinetico fra due Grandi Unità complesse – Corpi d’Armata o Armate a seconda della rispettiva dottrina militare di riferimento – per l’acquisizione di uno specifico obiettivo pianificato.

Tale obiettivo non è necessariamente lo stesso per entrambi i contendenti, ma si troverà inevitabilmente nella stessa Area della Battaglia (altrimenti non vi sarebbe scontro in quella particolare zona). Come abbiamo visto in passato in un altro post, la pianificazione operativa, a seconda della scelta del Comandante, può essere orientata al terreno oppure al nemico; nel primo caso l’obiettivo sarà un elemento geografico quale un centro abitato oppure una cima montuosa, mentre nel secondo caso si tratterà di una specifica capacità militare dell’avversario quale un particolare reparto componente le Unità nemiche, un insieme di sistemi d’arma o un Posto Comando… Oppure può essere il potenziale militare avversario nel suo complesso: in quest’ultimo caso si parla di “battaglia di attrito”, dove lo scopo è non tanto raggiungere un obiettivo specifico, quanto appunto infliggere al nemico perdite relativamente superiori alle proprie in modo da migliorare a proprio vantaggio il rapporto di forze e correggere la curva del Momentum.

Detto questo, quand’è che una battaglia si può considerare conclusa, e una delle parti contrapposte può a buon diritto rivendicare di aver “vinto”?

Risposta: quando l’obiettivo prefissato nella propria pianificazione è stato conseguito e l’avversario non è più in condizioni di contestarlo.

Il caso classico è quando l’obiettivo di entrambi è il controllo di una località topografica: nel momento in cui l’attaccante espelle il difensore da tale località e il difensore stesso non è più in grado di riconquistarla, la battaglia si conclude con la vittoria dell’attaccante; se invece dopo una serie più o meno lunga di tentativi l’attaccante è costretto a desistere perché il suo potenziale offensivo non gli consente più di continuare ad attaccare – oppure perché semplicemente il comandante ritiene di non essere in grado di sopraffare l’avversario – allora chiaramente la vittoria arride al difensore.

Le cose ovviamente si complicano quando i contendenti hanno obiettivi differenti.

L’attaccante per esempio può voler neutralizzare le forze nemiche concentrate in una determinata zona e fare in modo che non possano più costituire una minaccia, mentre il difensore intende difendere tale zona ad ogni costo: la battaglia si concluderà quando l’attaccante – orientato al nemico – riterrà di aver ridotto il potenziale operativo avversario ad un livello soddisfacente anche senza aver occupato la località centrale interessata dai combattimenti… Il difensore – orientato al terreno – però rivendicherà la vittoria a sua volta per aver mantenuto il controllo della sua posizione indipendentemente dalle perdite subite. È il caso classico delle operazioni militari israeliane in territorio arabo, volte a neutralizzare il nemico e non a catturare territori.

Le vittorie, infatti, non sempre sono schiaccianti ed evidenti: possono essere contestate, o semplicemente “di Pirro”: queste ultime quando l’obiettivo è raggiunto, ma ad un costo tale da invalidare il risultato raggiunto e addirittura da compromettere l’esito della Campagna.

Mi scuso per la digressione didattica, ma la ritengo essenziale per arrivare al punto di situazione in Ucraina: chi ha vinto la “battaglia di Soledar”?

Abbiamo visto come almeno da maggio 2022 lo scopo della campagna russa in Ucraina sia la cattura dell’intero Donbas, che si concreterebbe con la conquista dell’obiettivo fondamentale di Kramatorsk (capoluogo amministrativo ucraino della regione e principale area urbana controllata da Kyiv). Abbiamo anche visto come la manovra russa dipenda dal sostegno logistico via ferrovia e come debba quindi necessariamente procedere lungo i tracciati ferroviari esistenti: allo stato attuale delle cose, dopo la liberazione di Izyum da parte ucraina, l’unica possibile direttrice d’attacco verso Kramatorsk passa dalla zona di Bakhmut, che quindi è divenuta l’obiettivo dell’offensiva russa e della battaglia cui stiamo assistendo ormai da diverso tempo.

Come ho cercato di spiegare in passato, l’abitato in sé di Bakhmut non è essenziale alla difesa ucraina, che si articola in profondità su più linee difensive imperniate non solo sulla città e sui suoi sobborghi, ma anche e soprattutto sui rilievi alle sue spalle. Dal punto di vista ucraino quindi, l’obiettivo della difesa non è tanto Bakhmut quanto il potenziale offensivo russo nel suo complesso: insomma, gli ucraini operano chiaramente “orientati al nemico”. Questo significa che gli ucraini vincono se raggiungono l’obiettivo di imporre ai russi un attrito tale da essere costretti ad interrompere la manovra offensiva attraverso Bakhmut in direzione di Kramatorsk.

I russi operano invece rivolti al terreno: poiché il loro potenziale offensivo è chiaramente insufficiente a raggiungere Kramatorsk in ogni caso – almeno con le risorse disponibili al momento – il loro intento è quello di catturare la località di Bakhmut per rivendicare un successo mediatico e predisporre il dispositivo per un potenziale nuovo attacco da sviluppare in un prossimo futuro con forze aggiuntive. Questo significa che i russi vincono se catturano l’intero abitato di Bakhmut.

E Soledar?

Soledar non è una “battaglia”: è un “combattimento”, oppure un “ingaggio” nell’ambito della battaglia di Bakhmut. Un episodio nello scontro di livello maggiore, con il quale i russi si prefiggono di aggirare la posizione di Bakhmut da nord in modo da avvolgerla invece di doverla attaccare frontalmente come hanno fatto inutilmente finora.

I russi rivendicano di aver catturato Soledar; in realtà questo non ha una grande importanza: quello che conta è la capacità o meno dei russi di proseguire oltre l’abitato vero e proprio di Soledar e portare a termine l’avvolgimento di Bakhmut.

La battaglia di Bakhmut è ancora in atto; l’esito del combattimento di Soledar in quanto tale invece non è chiaro: il controllo dell’abitato si può definire “conteso”, oppure potrebbe essere assegnato ai russi se oltre al centro cittadino ne controllano anche gli accessi principali, ma questo non definisce un “vincitore” se non nella narrativa propagandistica delle due parti.

Militarmente quello che conta è se la manovra russa continua oltre Soledar con l’intento di avvolgere Bakhmut da nord (nel qual caso la battaglia di Bakhmut prosegue con un successo tattico russo a Soledar), oppure se si spegne con la cattura dell’area urbana della stessa Soledar per l’esaurimento del potenziale offensivo (nel qual caso l’intera battaglia di Bakhmut si conclude con la vittoria ucraina per attrito).

In conclusione, Soledar può essere un successo locale dell’orso Vladimiro nell’ambito della manovra per cercare di vincere la battaglia di Bakhmut, oppure è un “successo di Pirro” russo nell’ambito di una battaglia di Bakhmut che si conclude – per il momento – con una vittoria ucraina.

Quale sia dei due casi quello in cui ci troviamo, lo capiremo a breve a seconda delle informazioni che arriveranno dal fronte: i russi proseguono oltre Soledar, oppure no?

Questo, naturalmente, dal punto di vista militare.

Poi la propaganda di entrambe le parti cercherà inevitabilmente di riverniciare la situazione e di offrirne la prospettiva più conveniente attraverso i propri mezzi di informazione… Ma questo è un altro discorso e riguarda la professionalità degli addetti all’Informazione, non quella dei militari.

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