Aperta indagine per genocidio degli indigeni Yanomami in Brasile
Finalmente si fa luce sul genocidio degli Yanomani e spunta anche un Ipotesi di disastro ambientale
Rocco Michele Renna
Il 23 febbraio del 1969, The Sunday Times inglese pubblicò un articolo che scioccò i lettori di tutta la nazione. Si intitolava “Genocidio” e portava la firma di uno dei più grandi giornalisti di tutti i tempi, Norman Lewis.
Gli Yanomami sono un popolo di indigeni nomadi che risiedono tra Brasile e Venezuela. La loro popolazione è stimata attorno alle 12000 unità, ma in progressiva diminuzione a causa degli insediamenti umani fatti per sfruttare le risorse della foresta in cui vivono.
Vivono, infatti, in grossi villaggi che raggruppano persone dello stesso ceppo familiare. Ogni villaggio è a forma ovale, chiuso da un tetto chiamato schabono, sostenuto da alcune palizzate, sotto cui dormono. Si procurano da vivere cacciando, pescando e usando la tecnica di orticoltura del debbio.
Conosciuti fin dal XVIII secolo questo popolo costituisce la comunità più numerosa dell’America Latina, che è riuscita a preservare il patrimonio culturale e le usanze del periodo pre-colombiano dalle influenze e dalle invasioni dei popoli industrializzati, che vorrebbero usufruire del loro territorio ricco di risorse minerali, come avviene con molte tribù indigene.
Il fatto è dimostrato dalla costruzione della Rodoviaria Perimental. Ma il vero disastro avviene tra gli anni 1975 e 1976, a seguito di un annuncio che informa della presenza di oro e metalli preziosi, e che causa l’arrivo di massa dei garimpeiros, cercatori legati al narcotraffico sudamericano, rende i fiumi velenosi. La conseguenza è drammatica: il pesce diviene incommestibile e l’acqua contaminata, cosicché si generano fame e sete.
Nel 1993, un gruppo di garimpeiro assalì il villaggio di Haximú e assassinò brutalmente 16 Yanomani, tra cui un neonato. A seguito di una vasta protesta nazionale e internazionale, finalmente un tribunale brasiliano riconobbe cinque cercatori d’oro colpevoli di genocidio.
“Siamo sull’orlo di un altro vero e proprio genocidio, in contemporanea con quella che può essere considerata la seconda grande “corsa all’oro”. Qui in Brasile le strade per evitare tutto questo sono già state percorse, senza esito, l’unica nostra speranza è la pressione internazionale”. L’appello arriva al Sir dallo Stato brasiliano del Roraima. La denuncia è di padre Corrado Dalmonego, mantovano, missionario della Consolata, che da molti anni vive accanto agli indigeni Yanomami, nel loro territorio, lungo il fiume Catrimani.
San Paolo, 22 gennaio, Il ministro della Giustizia e della Pubblica sicurezza, Flavio Dino (Psb), ha ordinato l’apertura di un’indagine su presunti reati di genocidio e crimini ambientali nella regione del popolo Yanomami, nello stato del Roraima.
Il presidente Luiz Inácio Lula da Silva si era recato nel Roraima , il giorno prima per affrontare l’emergenza della popolazione indigena colpita da una gravissima crisi sanitaria, alimentare e ambientale causata in dall’invasione dei garimpeiros, i minatori e cercatori d’oro illegali,
Queste azioni illegali dei garimpeiros erano favorite dalle iniziative politiche del governo Bolzonaro.
Il nuovo presidente del Brasile Lula, ha firmato un decreto che istituisce un comitato di coordinamento nazionale della durata di novanta giorni, per discutere azioni a sostegno degli Yanomami appoggiato anche dalla ministra per i Popoli indigeni Sonia Guajajara.
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