Giorno 492

Più attuale che mai, il pezzo di oggi del nostro esperto militare si concentra sui preparativi della controffensiva ucraina, in pieno attività

Orio Giorgio Stirpe

La fase di preparazione della controffensiva ucraina continua.

Lo so che è frustrante continuare a sentirselo dire, ma questa è la situazione. È ancora più frustrante essere costretti a continuare a ripeterlo, vi assicuro: è deprimente continuare a leggere non solo gente comune, ma anche giornalisti più o meno affermati e perfino sedicenti “analisti” continuare a ripetere che “i risultati della controffensiva sono deludenti”, che la controffensiva “è un flop” e che governi e militari occidentali “sono scoraggiati” dall’andamento delle operazioni.

È normale che la propaganda russa cerchi di trasmettere questi messaggi, ma è grave che tanti media in Occidente li rilancino così incoscientemente, forse inconsapevoli dei danni arrecati ad un Paese invaso ed ad un popolo vittima di torture immani.

A costo di ripetermi, dovrò ribadire alcuni concetti che magari potrei aver spiegato male nei pezzi precedenti: dopotutto si tratta di aspetti estremamente complessi, che si cerca di rendere in maniera semplice perché possano essere di comprensione generale. I colleghi che non apprezzano il mio tentativo di adoperare un linguaggio semplificato e poco professionale mi perdoneranno, ma il mio scopo non è stendere una relazione per l’Istituto Superiore di Stato Maggiore, bensì contribuire alla discussione nell’ambito del vasto pubblico.

La guerra probabilmente è la più complessa delle attività umane, in quanto coinvolge un numero di variabili pari almeno a tutti i militari coinvolti, più tutti i coefficienti semplici e complessi da considerare; in più non si tratta solo di confrontare tutte queste variabili con un problema fisso, ma con una volontà umana opposta e costituita a sua volta da un numero di variabili e di coefficienti superiori a quanti ne possano ragionevolmente essere presi in esame.

Non esistendo la possibilità di sperimentare in laboratorio, di riprodurre due volte lo stesso problema in uguali condizioni sperimentali o anche solo di misurare in maniera congrua gli effetti, non siamo di fronte ad una scienza – tantomeno una scienza esatta – ma ad una forma di arte estremamente dinamica e violenta. Come la definì Clausewiz, si tratta di “un atto di violenza, di cui non esiste limite di impiego”.

Per questa ragione non esistono regole fisse, ma solo principi guida generali che aiutano a capirla. Principi che sono per natura estremamente complessi.

Quindi chiunque cerchi risposte semplici è un illuso. Chiunque ne offra, è un millantatore.

La domanda più frequente è: “ma la controffensiva è iniziata o no?”

La risposta per i tecnici è: sì. Ma quella per la gente comune è: no. Questo non perché la gente comune vada ingannata, ma perché la visione della gente è quella di un evento decisivo, dove la va o la spacca: e questo “evento decisivo” non è ancora cominciato. Ma il meccanismo per metterlo in moto è avviato, eccome.

Quella in corso è la fase preparatoria, durante la quale si cerca di mettere il nemico nella posizione più sfavorevole per ricevere i colpi decisivi che ancora devono arrivare. Durante questa fase si cerca di confondere l’avversario circa le nostre intenzioni, si migliorano le posizioni di partenza, si indeboliscono quelle nemiche, si colpiscono le catene di comando e di rifornimento avversarie, si logorano le riserve mobili, si demoralizza il personale, si fanno delle finte per costringere il nemico a riposizionare e a sfiancare le sue forze… Insomma, si cerca di creare le condizioni migliori possibili per le azioni decisive che si intende intraprendere.

La domanda successiva è: “Ma allora quando ci sarà questa azione decisiva”?

La risposta semplice è: “Quando lo Stato maggiore ucraino deciderà che è il momento”, e aggiungerei che anche se lo sapessi non lo direi davvero in pubblico. Quella più complessa invece è: “Quando le condizioni fissate in sede di pianificazione saranno state raggiunte almeno nel punto di prevista applicazione dello sforzo decisivo”. Perché sì, esiste un punto preciso (probabilmente anche due) dove il piano prevede di effettuare questi sforzi decisivi, e gli ucraini non stanno certo andando a caso alla “ricerca di un buco” come scrive qualcuno. Con un fronte di oltre mille chilometri occorre pianificare in anticipo non solo dove scagliare la “massa di manovra” tenuta in riserva, ma anche tutto il sostegno logistico e di supporto al combattimento necessario ad alimentare lo sforzo in profondità non solo nel punto prescelto, ma soprattutto oltre questo e per una notevole distanza: carburante, munizioni, pezzi di ricambio, materiale da ponte, mezzi sminatori, veicoli per evacuare i feriti, unità contraeree, rincalzi… Tutte cose che vanno pianificate in anticipo, se non si vuole che l’offensiva si esaurisca da sé dopo aver conseguito lo “sfondamento”.

Già, questa parola che piace tanto a media e social: “sfondamento”. Tutti la usano, ma pochi sanno cosa sia. La vedo usare nel 90% dei casi come sinonimo di “avanzata”… Ma ovviamente è cosa ben diversa. Si ha uno sfondamento non quando si è spinto indietro il nemico, ma quando si è creato nelle sue linee un varco abbastanza largo da poterci far passare le proprie riserve mobili per proseguire in profondità, e dietro il quale non ci sono ulteriori linee, ma solo le riserve mobili nemiche: significa che si è passati dalla guerra d’attrito a quella di movimento. Una cosa rarissima…

Il tentativo di conseguire uno sfondamento si effettua concentrando nel punto prescelto un potenziale offensivo molto superiore a quello difensivo avversario, tanto più superiore quanto migliore è l’organizzazione difensiva nemica: da un minimo di 3:1 in campo aperto, fino a 10:1 in presenza di terreni difficili e di fortificazioni campali. Questo, come detto, perché nelle fasi iniziali dell’attacco si è molto più vulnerabili e la perdita di potenziale è estremamente rapida; se si consegue lo sfondamento il rateo di perdite si inverte e a veder crollare il proprio potenziale è il difensore.

Però vediamo attacchi tutti i giorni, o quasi, e gli ucraini avanzano di poche centinaia di metri…” È vero. Ma non si tratta di attacchi fatti per “sfondare”, quanto per “avanzare” di poco, migliorando le posizioni e soprattutto costringendo i russi a contrattaccare. Si tratta appunto di azioni che rientrano nell’ambito della preparazione della controffensiva: infatti sono azioni effettuate su un fronte ampio e mai spinte in profondità. Azioni effettuate dalle Brigate di fanteria in prima schiera e non dalle Brigate meccanizzate della “massa di manovra”: effettuate combattendo a piedi, infiltrandosi fra le posizioni nemiche e combattendo con fucili e bombe a mano, e quasi sempre con un rapporto di forze di 1:1, ben lontani dai rapporti che ho citato prima. Azioni effettuate da singoli plotoni e non da interi battaglioni, con lo scopo di erodere le posizioni nemiche più che di sfondarle, e di costringere le riserve mobili avversarie a contrattaccare esponendosi a loro volta a gravi perdite. Insomma: attrito.

Ma la guerra di attrito favorisce i russi, che hanno molti più rincalzi a disposizione”. Giustissimo. Però, esattamente come a Bakhmut, la qualità delle forze che effettuano e subiscono l’attrito è differente. Gli ucraini agiscono con le Brigate di fanteria che combattono a piedi, premono poco, acquisiscono un po’ di terreno e si fermano per sostenere il contrattacco russo; i russi contrattaccano con le riserve mobili, in larga parte VDV e unità carriste professioniste, e perfino Forze Speciali, che si scoprono e subiscono perdite perdendo quel potenziale che doveva essere invece speso successivamente per contrastare la “massa di manovra” ucraina che ancora non si è mossa.

A Bakhmut i russi avevano l’iniziativa e attaccavano, impiegando il meglio che avevano: la Wagner (prima i galeotti e poi i mercenari), e alla fine anche le VDV, mentre gli ucraini si difendevano sacrificando fanteria leggera territoriale e Brigate di volontari. Ora l’iniziativa è degli ucraini, e loro la impiegano provocando i russi a sferrare costosi contrattacchi con le loro riserve mobili: un po’ come in una corrida, dove il torero agita un drappo rosso per provocare il toro ad attaccare e farsi dissanguare una stoccata dopo l’altra.

Se si trattasse di un’operazione NATO, sarebbe in corso una campagna aerea per preparare l’offensiva decisiva. Gli ucraini non hanno aerei e quindi cercano di ottenere gli stessi effetti con metodi differenti e utilizzando i mezzi a disposizione.

Gli effetti non sono molto visibili, ma ci sono, e sono misurabili con la ricognizione strategica (satelliti, forze speciali, partigiani, spionaggio, guerra elettronica) da parte dei comandi ucraini e della NATO; ovviamente non da parte nostra.

Per fare un esempio di ciò che sta avvenendo, vi invito a guardare su YouTube un filmato su un test di resistenza alla compressione di un blocco di cemento sotto una pressa idraulica.

Cosa c’entra? Beh, il blocco di cemento al crescere della pressione sembra resistere bene piuttosto a lungo; poi però comincia a sbriciolarsi dagli spigoli, e all’improvviso si frantuma tutto insieme.

Il terreno ormai è asciutto, e l’azione decisiva è possibile. Quando sarà anche conveniente, la “massa di manovra” verrà attivata e allora finalmente vedremo la controffensiva entrare nella sua fase decisiva… E vedremo se il blocco di cemento dell’orso Vladimiro si frantumerà.

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