Masseria San Domenico di Palo del Colle
La messa celebrata oggi per un crocifisso donato nella cappella restaurata, occasione per denunziare lo stato di abbandono della “Massaria” e accennare alla sua storia
Vito Tricarico
Mi piace iniziare la collaborazione col quotidiano lavocenews.it con un articolo su una masseria che questo pomeriggio è stata meta di associazioni di cicloamatori che hanno fatto celebrare una santa messa all’aperto per far benedire una croce da inserire nella cappella, la sola salvata e restaurata fino ad oggi, grazie all’impegno di associazioni cicloamatoriali bitontine.
L’antica masseria San Domenico nel territorio di Palo del Colle, o meglio, ciò che rimane di questa antica struttura, oggi si presenta circondata da ulivi sempreverdi che assistono impotenti al suo lento, colpevole e impietoso degrado. Massaria deriva dal latino massae, cioè blocchi, corpi di fabbricati aventi diversa funzione e di ampi spazi esterni costituenti un’azienda rurale. Il personale della masseria era adibito ai compiti di allevamento del bestiame e coltivazione dei campi. Dal secolo XVII è stata l’espressione di una economia legata al latifondo, la proprietà terriera delle classi aristocratiche, borghesi e religiose.
La sua costruzione si può attribuire all’inizio del secolo XVII ad opera del convento dell’Ordine dei Domenicani della Terra di Palo. Il complesso dista circa 10 km da Palo del Colle e si può raggiungere percorrendo la SP 231, proseguendo su una stradina a destra subito dopo aver superato l’incrocio che porta ad Auricarro. La struttura è di vaste dimensioni, racchiusa intorno ad una superficie di mt.40 x 25 circa e purtroppo versa in completo stato di abbandono. Alte mura perimetrali circondano l’antico complesso, che un tempo doveva presentare un portale d’ingresso non più esistente.
Al lato nord del complesso sorge, addossata alle mura e miracolosamente ancora intatta, una chiesetta ad aula unica con la facciata abbellita da una nicchia un tempo affrescata con l’immagine di san Domenico di Gusman e da un’epigrafe riportante l’iscrizione: F.1679 M.
All’interno dell’antica struttura, percorrendo l’area circostante con circospezione e superando massi, terreno, arbusti selvaggi, si possono ancora ammirare le stalle con piccole mangiatoie per le pecore e quelle più ampie per le mucche, i depositi e le camere destinate a dormitorio, con volta a botte, vari camini e forni, cisterne per la raccolta di acqua piovana e, davvero pericolante, una chiesetta col tipico campanile a vela, per metà precipitato.
Lo studioso appassionato di storia locale Pasquale Fallacara, nel suo Panoramio, dichiara che dal campaniletto pendeva una campana con l’immagine della Madonna e l’iscrizione Santa Maria ora pro nobis. A.D. 1752. Inoltre, asserisce che la chiesetta sottostante il campanile a vela, presentava, oltre a vari affreschi, anche una tavola rappresentante san Giovanni Battista, san Domenico e la Madonna della Stella. Continua poi affermando:
“Numerosi frammenti ceramici di vasellame da mensa di epoca medievale, sparsi sul suolo, testimoniano in loco la presenza di un “butto” per la raccolta dei rifiuti. Nelle immediate vicinanze, immerso nella quiete della campagna, presumibilmente vi era un piccolo cimitero riservato ai frati. Il complesso, comunicante a vista con le vicine torri “Malnome” e “Schettini”, un tempo punto di riferimento religioso per i relativi torrari e per i contadini delle terre limitrofe, viene riportato sia nei numerosi appunti del Cerrotti, conservati nell’Archivio Diocesano, sia nella settecentesca Carta Guerra, nella zona denominata Matine di Bitonto”.
Dal libro Il convento e la chiesa di San Domenico in Palo del Colle del sacerdote Sigismondo Mangialardi si apprende che la masseria era circondata da diversi apprezzamenti di terra: Un parco di tre vigne di terre macchiose, 342 vigne di terre incolte ad uso d’erbaggio, 362 vigne di terre seminatoriali. Dallo stesso, veniamo anche a sapere che nel 1677 la comunità religiosa aveva dato in affitto i suoi 860 animali tra pecore e capre a Giovanni Battista di Noci … Si apprende inoltre che: Furono continue, soprattutto fino alla prima metà del XVIII secolo, le donazioni testamentarie che i religiosi ricevevano come i legati pii, dove in cambio di somme di denaro o di proprietà terriere, i padri si impegnavano a pregare o celebrare le messe in suffragio dei donatori. Infine, si giunse alla soppressione degli ordini religiosi possidenti e, sempre dal testo di Sigismondo Mangialardi: Con l’arrivo dei francesi e i governi di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, presero avvio le radicali riforme nel campo sociale, politico ed economico, che trasformarono il Regno di Napoli da stato feudale in stato borghese. La necessityà di Giuseppe Bonaparte di raccogliere denaro per le casse dello Stato e di attuare le riforme amministrative lo indusse a emanare alcuni decreti che miravano al piano di soppressione degli ordini religiosi. Infine, con Real Decreto del 30 ottobre 1809 e del 4 maggio 1810, furono emanate le leggi circa la vendita dei beni demaniali dello Stato. Alla luce di questa, molti beni dell’ex convento dei domenicani di Palo furono venduti o affittati per incamerare denari necessari allo Stato.
Noi oggi possiamo solo constatare che, considerate le condizioni attuali dell’antica masseria monastica, é un vero peccato che essa sia stata abbandonata all’incuria del tempo e alle “predonerie” dei ladri e dei vandali. Ancora oggi, con solerti opere di recupero, sarebbe possibile fermare il degrado e il suo parziale recupero.
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