Giorno 500
Quanto durerà ancora il conflitto senza che si raggiunga l’ormai ineludibile conclusione? La risposta non è univoca e deve tener conto delle diverse opzioni.
Orio Giorgio Stirpe
Arriveremo a mille? No, non credo proprio: sicuramente non in una situazione di conflitto ad alta intensità.
Considerata la situazione attuale e l’andamento del conflitto fino a ora, le possibilità di durata variano fra la fine dell’estate in caso di completo successo della controffensiva ucraina, fino ad un congelamento lungo una linea di contatto poco più avanzata rispetto a quella attuale in caso di completo fallimento della stessa.
Questo in quanto il potenziale militare complessivo dei contendenti è ormai relativamente simile mentre quello offensivo russo è esaurito e quello ucraino è sufficiente per un solo consistente ciclo operativo offensivo; nel caso che la controffensiva non raggiungesse risultati decisivi, ci troveremmo in una condizione in cui i contendenti si trovano in una posizione consolidata senza la capacità di schiodare l’avversario dalla propria. Si tratterebbe della classica situazione in cui un armistizio indefinito o un congelamento delle operazioni diventano l’unica soluzione (provvisoria) possibile, in attesa che almeno una delle parti recuperi un potenziale offensivo (e una congiuntura politico-diplomatica) tale da consentirgli di riprendere l’iniziativa sul campo.
Fra la rapida vittoria ucraina e il congelamento della situazione esiste un’ampia gamma di possibili soluzioni intermedie, ciascuna funzione di un differente livello di degrado del potenziale complessivo russo sotto l’urto di quello offensivo ucraino, e che conducono ad un assestamento della situazione lungo linee differenti comprese fra il fronte attuale e il confine internazionale, da raggiungere in tempi variabili fra quest’estate e la prossima.
La variabile principale che determina l’esito sul terreno? La capacità dei militari ucraini sul campo di sfruttare più o meno appieno le potenzialità dei mezzi e delle dottrine occidentali che hanno acquisito: mezzi e dottrine concepiti per essere impiegati da personale professionista e che ora devono essere utilizzati da personale di leva, altamente motivato ma per forza di cose meno addestrato rispetto a quanto ipotizzato dai loro ideatori.
Già: perché al di là del numero e della qualità degli strumenti bellici sul campo, alla fine ciò che decide una guerra è sempre l’animo dei combattenti. Era così a Maratona e a Zama, ed è così anche oggi in Ucraina.
Molti spettatori e anche diversi commentatori meno preparati tendono a mostrare una sorta di insofferenza per la mancanza di eventi di rilievo sul campo da quando gli ucraini hanno annunciato ufficialmente l’inizio della loro controffensiva così a lungo preparata.
Il problema è che oggi la gente è impaziente. Ci si aspettano risultati in fretta, chiari e ben visibili: come in un evento sportivo o in un film, dove i tempi sono stabiliti in anticipo dal formato stesso dell’evento.
La guerra è diversa: è la più complessa delle attività umane, dove non solo si scontrano opposte volontà di decine o centinaia di milioni di persone, ma di interi sistemi-Nazione contrapposti e mobilitati al massimo possibile del proprio rendimento. Parliamo di potenziali immensi, che si consumano a vicenda e si ricostituiscono continuamente per tornare a logorarsi reciprocamente: occorre del tempo perché uno dei due ceda… MOLTO tempo. Poi, però, quando si raggiunge il punto di rottura, il crollo di uno dei due può avvenire con rapidità inaspettata.
Oppure, come abbiamo detto, i due sistemi raggiungono un equilibrio tale per cui lo scontro va in stallo, almeno temporaneamente.
Non ha molto senso fare il tifo per lo stallo: significa mantenere le condizioni di conflittualità in maniera indefinita, con tutti i problemi economici e sociali ad essi collegati, perennemente con l’incubo di vedere rinnovarsi la violenza da un momento all’altro. Molto meglio porre fine al conflitto con una soluzione definitiva e diplomaticamente fissata in maniera inequivocabile.
Cosa quest’ultima possibile solo con un ritorno alla legittimità internazionale e quindi ai confini fissati dalle Nazioni unite… Oppure ad un’accettazione reciproca di un nuovo confine, cosa quest’ultima impossibile da oltre ottanta anni in tutto il mondo.
Bene; detto questo, torniamo alla situazione sul campo.
Utilizzando un linguaggio molto più tecnico del mio, l’ISW (l’Istituto per lo Studio dei Conflitti Armati) ha valutato recentemente che “le forze ucraine sembrano concentrarsi sulla creazione di un gradiente di attrito asimmetrico che conservi il potenziale ucraino al costo di un tasso più lento di guadagni territoriali, mentre gradualmente logora il potenziale russo. Una campagna di interdizione ucraina (artiglieria a lungo raggio, attività partigiana e azioni in profondità di Forze Speciali) a sostegno di questo sforzo avrebbe effetti cumulativi e i suoi risultati non sarebbero immediatamente evidenti.” Si tratta fondamentalmente di quanto ho scritto in precedenza anche io da un po’ di tempo: gli ucraini devono ottenere gli stessi effetti di degrado sui russi che la NATO normalmente cerca di ottenere mediante una campagna aerea, solo che gli ucraini devono farlo senza aerei in quanto non ne hanno abbastanza.
Questa fase di “attrito asimmetrico” proseguirà fintanto che lo Stato Maggiore ucraino non riterrà di aver raggiunto un risultato soddisfacente, e allora impegnerà la sua “massa di manovra” tenuta finora in riserva. La finestra temporale per fare ciò è ancora abbastanza ampia, in quanto si chiuderà solo con il Grande Fango autunnale, e non c’è ragione di avere fretta: come abbiamo detto, l’opportunità di infliggere un colpo decisivo è ottima, ma non si ripeterà per un altro anno almeno, quindi è meglio non sprecarla.
Tanto i pessimisti circa le possibilità ucraine che i tifosi apertamente filo-russi alla fine basano le loro convinzioni sulla presunta infinita resilienza russa e su capacità supposte praticamente illimitate da parte del regime di Putin. Costoro riassumono questo concetto con la solita domanda: “ma se gli ucraini sono così capaci e i russi così mal messi, come mai il fronte è stabile?”
È tutta una questione di senso delle proporzioni, e se da parte del pubblico è una domanda ragionevole, mi sorprende la pongano anche cosiddetti osservatori e commentatori informati.
La Russia ha iniziato il conflitto con una superiorità soverchiante in termini di risorse umane e soprattutto materiali. Il rapporto di forze in termini di uomini era appena di 1,5:1 – quindi molto al di sotto del 3:1 (minimo in termini di potenziale complessivo richiesto per un’offensiva di successo), però si trattava di professionisti opposti a militari di leva. Il rapporto di forze poi era molto più netto parlando di mezzi corazzati e di artiglierie, dove i sistemi russi erano non solo molto più numerosi, ma anche molto più moderni e soprattutto operati da militari professionisti. Non parliamo poi dell’aviazione, dove i russi sovrastavano gli ucraini anche 10:1.
Come abbiamo visto, a fare la differenza sul campo e ad annullare tutta questa superiorità, è stato il fattore “volontà”, cioè la motivazione di soldati e popolazione, che rappresenta il moltiplicatore delle risorse umane e materiali che vanno a costituire il potenziale. Il fatto che la volontà ucraina si rivelasse soverchiante rispetto a quella russa ha letteralmente annullato il vantaggio russo in termini di risorse e portato ad un loro drammatico logoramento, che è tuttora in atto anche dopo la mobilitazione che ha ristabilito temporaneamente il vantaggio numerico russo (pur se a scapito della qualità, che è precipitata).
Il logoramento delle risorse nemiche però è una cosa che richiede tempo… MOLTO tempo.
Allo stato attuale tale logoramento ha raggiunto uno stadio irreversibile, dove gli ucraini anno ormai raggiunto una netta superiorità qualitativa in termini di risorse, che i russi non saranno più in grado di ribaltare a causa degli aiuti occidentali a Kyiv. Questo significa che l’iniziativa è adesso saldamente in campo ucraino, e che questi dispongono di un potenziale offensivo superiore… Che però va applicato ad un potenziale COMPLESSIVO dei russi tuttora rilevante e difficile da prevaricare rapidamente.
Per questo il fronte è stabile.
Per questo prosegue la fase di “attrito asimmetrico”: gli ucraini stanno creando le condizioni per rendere l’impiego da parte propria del potenziale offensivo disponibile (concentrato nella loro “massa di manovra”) il più efficace possibile, allo scopo di ottenere un risultato decisivo. Un risultato tale da essere più vicino possibile all’esito più favorevole di cui parlavamo all’inizio dell’articolo: rimandare l’Orso Vladimiro a casa e porre fine al conflitto entro l’anno.
Non è detto che ci si riesca entro l’estate, ma è sicuramente possibile entro l’anno; anzi, più che probabile.
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