“1564, Alla ricerca del braccio perduto”
Sul web, alle volte incroci notizie che ti incuriosiscono: Una persona che conosci come artista figurativo, che scrive un romanzo particolare…..ma, poi invii un messaggio: Scusami ho visto
questa cosa, ti dispiace se spulcio un po’? Fa pure, ma poi fammi leggere. Certamente!
Maria Catalano Fiore
romanzo di Miki Carone
Conosco l’autore di questo romanzo da quando avevo 13 anni, lui forse 3 in più, alunni entrambi del glorioso liceo Artistico di Bari, io appena iscritta, lui un po’ più avanti (scusami, anche tu Rosalba, ma devo dirlo) non si poteva non notarlo: Un “Marcantonio” che non passava inosservato, arrivava a scuola sul motore, e un codazzo di ragazzette sbavanti. A me, sinceramente ne piaceva un altro tipo…., comunque anche se non abbiamo mai stretto amicizia io e Miki ci siamo sempre incrociati in mostre e fiere. Lui da artista, io da critica d’arte ed organizzatrice.
Ho seguito il suo percorso, anche perché cognato del Mr. Iginio Iurilli mio docente, poi amico. Come artista ha avuto esperienze particolari a Parma e al DAMS di Bologna, per poi creare un movimento: “Romanticismo ironico”. In tutti questi anni si è dedicato ad acquerelli, pastelli, polimaterici, performance, ecc… Il Covid poi…, qualche acciacco, ha bloccato, ovviamente tutte le attività, o quasi.
Io ho continuato a scrivere, organizzare, nei limiti del possibile, co-fondare questo quotidiano online con il mio amico Gianvito Pugliese, già giornalista accreditato. Anche Miki ha cominciato a scrivere un racconto in un book: “I Fiori del Male” tra il romanzo e la sceneggiatura dove si ispira proprio ad un fiore malsano, il Virus Covid che stava condizionando le nostre vite.
In questi giorni è uscita la sua prima, vera, opera letteraria completa: “1564 Alla ricerca del braccio perduto” ed Amazon pg.380,euro 16.
Il titolo incuriosisce. Cosa indica questo anno? Dove….Abbazia di San Vito a Polignano a Mare, un posto meraviglioso. Le premesse, per suscitare interesse anche. Proprio pochi giorni fa, il 10 gennaio, su Lavocenews.it , ho scritto un articolo su “L’affascinante storia della linea di San Michele”. San Vito, sul mare è comunque nella traiettoria immaginaria dei grandi Santuari dell’Arcangelo Michele, tra il Gargano e la Grecia, che partendo dall’Irlanda poi si conclude a Gerusalemme.
Miki stesso spiega il motivo di questo titolo ed ambientazione agli amici che hanno ricevuto o letto il libro. Ha fatto benissimo a fare queste precisazioni, che io intendo commentare: tra ( ) parentesi troverete man mano i miei commenti.
“Perdonatemi era inevitabile!….Vivendo da tanti anni nell’Abbazia di San Vito a Polignano a mare prima o poi doveva succedere….Ho scritto un romanzo, un thriller-storico ambientato qui in Abbazia nel 1564 quando passava dai frati Benedettini ai Francescani.
Prima di farlo stampare ho fatto leggere, in anteprima, il romanzo ad alcuni amici. Mi hanno chiesto se avessi strizzato l’occhio a “Il nome della Rosa” di Umberto Eco, essendo una storia thriller che si svolge tra i monaci di una Abazia Medioevale.”
(Caro Miki ho conosciuto Umberto Eco ad Urbino nelle vesti di Rettore dell’Università, e mio docente nella Specialistica post laurea, proprio tra il 1982 ed il dicembre 1985, anni in cui dopo la pubblicazione del libro, si delineava la sceneggiatura e la ricerca della location del successivo film del 1986. Già il romanzo è ispirato, e poi Il film è ambientato nell’Abbazia Sacra di San Michele, il complesso religioso del X vicino Torino. Ambientato nel 1327, un posto in montagna, ma simile come impatto visivo-architettonico a San Vito di Polignano.)
Forse caro Miki ti hanno ispirato sia San Vito che San Michele, sia quel gioco di arcate e scalinate dove spesso hai ambientato le tue opere e performance.
“Forse un po’ si ma, se devo essere proprio sincero, l’avevo scritto pensando ed ispirandomi al film “L’armata Brancaleone” il capolavoro di Mario Monicelli. Del resto essendo io un artista visivo, forse per deformazione professionale, ho costruito il racconto per immagini come se fossero dei quadri o le scene di un film.”
(Bene infatti alcuni scorci di San Vito sono stati ispirazione e location per simulare il luogo fantasma di Aurocastro, tenuta di cui Brancaleone rivendica il possesso.)
“1564, Alla ricerca di un braccio perduto” è un romanzo storico /thriller che affronta in modo leggero, ironico e magico le inquietudini e i grandi cambiamenti filosofici, religiosi, artistici nel passaggio dal Medioevo al Rinascimento che fanno da sfondo storico al racconto.
“La storia in breve è questa: anno 1564 il Priore dell’Abbazia di San Vito a Polignano a Mare, fra Leonardo, chiama un suo vecchio amico di Bologna, il Pittore Giordano Barnaba, per restaurare l’antico affresco bizantino della Chiesa che sta andando in rovina”
“Subito dopo l’arrivo del pittore, nella stessa Chiesa in cui lui sta lavorando all’affresco, avviene il furto del Tesoro e delle reliquie del Santo, che sarà la causa di efferati e misteriosi delitti. Risulterà risolutivo l’intervento miracoloso del fantasma di San Vito che ha stretto amicizia con il pittore. Naturalmente non posso raccontarvi il finale per non rovinarvi la sorpresa…….“
Trovo la storia notevolmente affascinante, oltre che per l’affinità con San Vito, anche per l’amore e la conoscenza che Miki ha del posto dove felicemente vive a contatto con il suo mare, che ha plasmato in alcuni punti e dove ha ambientato molte delle sue performance artistiche. Nonché molti scatti fotografici.
I riferimenti storici sono ben precisi: 1564, ma vediamo alcuni riferimenti storici, che comunque compaiono nel romanzo. La sua fondazione, è dovuta ad una comunità di frati Basiliani nel X secolo, poi dopo non molto passata ai Benedettini. Presenta una forma quadrangolare irregolare, costruita proprio a ridosso del porticciolo e quindi affaccia direttamente sul mare, mentre dal lato opposto presenta un’enorme portico con arcate a tutto sesto. La leggenda narra di una nobildonna di Salerno che, mentre stava annegando nel fiume Sele, venne miracolosamente salvata da San Vito che le avrebbe chiesto di far traslare i suoi resti in quel posto.
L’impianto di fondazione è tipico infatti dei monaci basiliani che usufruiscono delle basi di una preesistente Torre Romana demolita nel corso di qualche assalto o altro.
Ai monaci Basiliani si deve l’affresco citato e pare che un Barnaba, di origine ebraica si sia realmente stabilito in Puglia, dove fonda un piccolo ceppo. Proprio l’affresco che richiama questo Barnaba, il pittore o meno bolognese da il via alla storia. Barnaba un nome che si ritrova anche in determinate opere sia liriche che letterarie.
Comunque il 1564 è un anno particolare non solo per l’Abbazia di San Vito ma per tutta la Chiesa. E’ appena terminato il Concilio di Trento (1562-1563), Concilio presieduto da Papa Pio IV che rivede tutta l’amministrazione della Chiesa. In diverse Abbazie ai Benedettini più dediti al misticismo, vengono sostituiti i Francescani, più consoni all’accoglienza di pellegrini, naufraghi e bisognosi.
Nel 1555 vengono revocati tutti i privilegi e le esenzioni, per cui ogni comunità si deve gestire autonomamente tramite la carità cristiana. Si forma il primo Catechismo che sarà definito meglio dal nuovo Papa Pio V, successore di Pio IV. Pio V al secolo Antonio Michele Ghisleri, nato pastore e trasformato prima in predicatore, poi sveglio e studioso in un domenicano colto, severo e tenace, si devono a lui molti cambiamenti e sistemazioni ecclesiastiche, il definitivo Catechismo Cristiano nel 1566 e nel 1570 il primo Messale Cristiano. sono quindi anni di reale evoluzione, anni che porteranno al definitivo passaggio tra il Medioevo e il Rinascimento.
Sono gli anni che, al di la del thriller, la Chiesa dell’Abbazia di San Vito, dedicata a Santa Maria Assunta subisce dei mutamenti con l’introduzione delle sculture rinascimentali-pugliesi di Stefano da Putignano, e della sua scuola. Sculture realizzate in pietra locale vivacemente dipinte.
Nel corso dei secoli subisce numerose aggiunte architettoniche, soprattutto in epoca barocca, come la scenografica scalinata interna che dalla corte conduce al loggiato con affaccio sul mare.
Con l’amministrazione francescana diventa luogo di culto e meta di pellegrinaggi sino al 1860 quando, con la soppressione degli ordini monastici, il monastero venne inglobato nel Palazzo Marchesale dei Tavassi-La Greca. Tutto o in parte è ancora tra i loro beni.
Questo Romanzo quindi intriga sia per il thriller in se, ma soprattutto per i luoghi in cui è ambientato, ad un passo da Bari e visitabili con un permesso. Ma già l’esterno rende pienamente il suo fascino. Praticamente bisogna leggerlo!
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