45 euro per visitare il Corridoio Vasariano a Firenze
La riapertura di diversi Musei e soprattutto degli Uffizi ha rimesso in gioco il costo del biglietto di ingresso. l’Arte è pubblica o beneficio di soli abbienti?
Maria Catalano Fiore
Come riportano alcune riviste di settore ed in particolare la Newsletter, settimanale “Finestre sull’Arte”, sul numero scorso, la decisione della Direzione degli Uffizi di Firenze e del Direttore Eike Schmidt di riaprire il Corridoio Vasariano con un biglietto di ingresso di 45 euro sta generando un notevole dissenso, e non solo tra gli addetti ai lavori.
Ormai sono anni che si discute del costo dei biglietti nei Musei Nazionali, c’è chi afferma che l’arte è pubblica e ne difende il libero accesso, chi, invece si vuole allineare sui costi europei.
Tra Museo e Museo poi c’è una discordanza notevole di importanza e di offerta di esposizione. L’omogeneità tra istituti è ben lontana dal reale. Inoltre il Museo stesso si regge economicamente sulle entrate dei biglietti.
Tornando al museo fiorentino, si prospetta una specie di “mobilità culturale”, cioè rendere accessibili più posti, quindi più conoscenze artistiche. Una macchinosa sovversione di tutto il concetto di fruizione di un Museo.
Forse il tutto va interpretato nell’offrire un maggiore accesso e il maggior costo del biglietto va interpretato come “Degno del Tempo” (pari al tempo) che viene investito. Ma i visitatori non sono “consumatori”, il Museo non è un bene di consumo a tempo. il Museo è una esperienza culturale che magari è mirata all’approccio di opere di particolari autori per studio.
Il Museo non deve considerare l’attrattività generica, quella è relativa al solo turista mordi e fuggi, ma di chi realmente vuole vivere l’esperienza culturale. Finestre sull’Arte propongono una formula: “Questa somma oggettiva o soggettiva nasce dall’equilibrio del “tempo”(interesse) e il “costo” di quella esperienza che diventa “valore di interesse”. Una equazione complessa e sfaccettata
La questione non è più solo il biglietto in se, caro o meno, ma l’accessibilità del pubblico ai musei pubblici che sta a monte alla faccenda, e poi il movimento di fluidità della visita. Ci potranno essere poi sconti, card o abbonamenti, cosa che Schmidt sta vagliando con le sue scelte.
Al Museo della Pinacoteca di Brera, a Milano, ad esempio si è passati dal biglietto eventuale alla tessera e dal visitatore al “socio”, ciò rappresenta una trasformazione profonda del concetto di Museo e maggiore possibilità di accedere a mostre diverse in un certo arco temporale. Ma per usufruire vantaggiosamente di questi benefici bisogna avere un rapporto continuativo con il mondo dell’arte, o lavorarci.
In Germania, al Museo di Brema, stanno sperimentando una bigliettazione a “tariffa oraria flessibile” cioè calcolare dall’ingresso all’uscita in modo da pagare un biglietto intero, oppure un biglietto ridotto se si è interessati solo a determinate cose o sale. Un’idea che il pubblico sta approvando, ma tutto ciò si potrà realizzare solo sulla reale consapevolezza museo/pubblico e con una reale relazione con l’arte e non qualcosa di mordi e fuggi come succede per gruppi di turisti o di scolaresche, sempre che queste non abbiano deciso di “soggiornare” una intera mattinata o pomeriggio precludendo altri accessi.
Praticamente è in discussione non solo il rapporto tra Museo e pubblico, ma il modo stesso di fruire del Museo. Tutto ciò era in itere da tempo, con le chiusure pandemiche la riapertura ha rimesso in ballo questi grossi quesiti.
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