A Pescara un Museo dell’800 italiano

E’ finalmente a disposizione del pubblico la ricca collezione privata DI Persio-Pallotta: Tantissimi dipinti dell’800 ed inizio 900 di inestimabile valore sia storico che artistico. Tante le opere d’arte nelle varie città italiane, pochissime quelle realmente esposte.

Maria Catalano Fiore

La scorsa settimana, esattamente il 18 settembre, a Pescara è stato aperto al pubblico un Grande Museo che ospiterà tutta la collezione Di Persio – Pallotta, sotto la guida di una fondazione, nell’ex Palazzo della Banca d’Italia.

Un lungo percorso, per arrivare a questo risultato, un restauro perfetto che, come al solito, è stato rallentato dalla Soprintendenza di pertinenza e dal Ministero stesso, nonostante la soddisfazione apparente di Dario Franceschini a conclusione lavori e l’immancabile Vittorio Sgarbi presente al taglio del nastro.

Pescara: ex Palazzo della Banca d’Italia, ora Museo dell’800

Molti pescaresi si sono posti, ed a ragione. La domanda, perché accanirsi su un’opera finanziata da soldi pubblici e non guardare le varie belle ville storiche e anche un Convento che man mano sono sparite lungo il viale Riviera e sul Lungomare sostituiti da orripilanti cantieri, che la Soprintendenza ha sinora elegantemente ignorato. A Pescara, come in altre città queste cose “succedono….”

Come succede che i “Musei” sono ancora ritenuti “zone di aggregazione” MAGARI !! Comunque vige l’obbligo del green-pass anche per Musei e Spettacoli all’aperto discriminando gli studiosi che invece nei Musei Europei possono entrare liberamente, visitare e studiare.

Nel paradosso della situazione una studiosa internazionale, Anna Bozena Kovalcic, esperta di Canaletto e di Bellotto, non può entrare nei musei veneziani e nelle biblioteche, per continuare le sue ricerche, non perché sia una no-vax, ma perché le sue condizioni di salute sono incompatibili con il vaccino. Ma Franceschini? E’ sempre convinto che i Musei sono Paradisi e le Discoteche o altri ritrovi, anche all’aperto, l’Inferno? In realtà se ci fosse un po’ di buon senso queste figuracce paradossali potrebbero essere evitate.

Finalmente, comunque, la grande Raccolta Di Persio – Pallotta, è diventata un grande Museo Pubblico dell’800, ospitata nel grande palazzo ex Banca d’ Italia.

Domenico Morelli: “La tentazione di Sant’Antonio”1878

Al primo piano la sala è dedicata a Domenico Morelli (Napoli 1823-1901) pittore e politico, considerato uno dei più importanti artisti italiani della metà dell’800 e un abile senatore del regno. Esposte sue opere dai soggetti storici a quelli orientaleggianti con una ispirazione colta durante la sua presenza all’Esposizione Universale di Parigi nel 1855, dove stringe rapporti anche con Serafino De Tivoli (livorno1825-1892) pittore e militare

Serafino De Tivoli: Canale verso il mare

e Francesco Saverio Altamura (Foggia 1822-Napoli 1897) anche lui a Napoli per motivi di Studio, ma la Facoltà di Medicina non lo attraeva come l’Accademia di Belle Arti di Napoli, li fece amicizia con Domenico Morelli.

Ritratto di Domenico Morelli

Il rapporto tra Morelli ed Altamura è testimoniato da un piccolo ma intenso ritratto del 1848, un anno importante per la Storia italiana. Altamura è un fervente patriota, finisce in carcere e combatte.

In questa Prima Sala quindi si entra già nel pieno della pittura dell’ 800: dai dipinti della “Scuola di Resina” la scuola d’arte napoletana più affine al realismo dei macchiaioli ( mentre “La Scuola di Posillipo” si differenzia per artisti dediti solo al paesaggio). Tra le opere più celebri le “Rovine di Pompei ” di Alceste Campriani ( 1848-1933), già acquisito dal mercante Goupil su segnalazione di Vincent Van Gogh. Alla Scuola di Resina appartengono anche Giuseppe De Nittis, Vincenzo Gemito ed altri.

Ci sono poi i capolavori dell’Abruzzese Francesco Paolo Michetti (1851-1929) pittore su stampo macchiaiolo, ma anche fotografo.

Francesco Paolo Michetti: foto “Le Bagnanti” 1900.

Abbiamo poi opere del napoletano Vincenzo Irolli( 1860-1949) allievo di Gioacchino Toma e di Domenico Morelli; Giuseppe Casciaro ( Ortelle (Le)1863-1941) anche lui allievo di Morelli e di Palizzi, che ha ottenuto, già da subito un prodigioso successo in Italia e all’estero affiancato da un altro pugliese Francesco Netti; Edoardo Dalbono pittore, museologo e docente (Napoli 1841-1915), uno dei maggiori esponenti del Verismo napoletano; Vincenzo Caprile (Napoli 1856-1936) tra i pittori più amati dai collezionisti dell’800.

Una intera sala dedicata ad Antonio Mancini, (1852-1930) con ben 17 suoi capolavori. Mancini (che vanta un catalogo opere di ben 720 pagine) un artista molto particolare ed esuberante che non solo ha segnato un’epoca, ma che ha anche precorso molti aspetti dell’astrattismo.

Antonio Mancini: “Dorotheum”

Mancini, tra l’altro, con Giovanni Boldini è uno dei dei migliori e più raffinati ritrattisti dell’epoca per intelligenza e virtuosismo, annoverato a livello europeo come tra i migliori impressionisti, confermato in Italia dalla nomina ad “Accademico di merito all’Accademia di San Luca”, su proposta di Sartorio, nel 1913.

Antonio Mancini: “Il riposo” 1887

La visuale si incanta, il fruitore si inebria in queste sale, tre, un vortice che rimanda tra Tiziano e Schifano, tra Rembrandt a Warhol.

Nel 1934, a pochi anni dalla morte di Mancini, è stata una giovanissima Palma Bucarelli a scrivere di lui sul Dizionario Biografico degli Italiani della Enciclopedia Treccani. Dopo gli studi con Domenico Morelli il primo stile di Mancini si conferma nel suo secondo soggiorno napoletano (1879-1883) da cui nascono capolavori come “Previtariello” o “Scugnizzo” in cui appaiono le frequentazioni di Parigi e Londra, ma in temi partenopei.

Antonio Mancini: “Previtiello”

Ma Mancini non si ferma mai in un sol posto: Roma è casa, Venezia il palcoscenico dove Antonio Mancini incontra artisti e collezionisti. Nel 1887 è presente alla “Esposizione Nazionale”. E’ considerato un artista “eccentrico”. Nel 1895 conosce a Roma Isabella Stewart Gardner, fondatrice dell’omonimo Museo di Boston. Isabella gli commissiona il ritratto del marito per il suo Palazzo Barbaro a Venezia.

Mancini prende parte anche alla prima Biennale Internazionale con “Il Ragazzo Romano” e “Ofelia”, ed a tutte le successive edizioni sino al 1914.

Un’altra Sala monografica è dedicata a Michele Cammarano (Napoli 1835-1920) pittore e docente di calibro cui spetta un posto di grande rilievo nel panorama dell’arte napoletana dell’800. Le opere esposte sono la prova della novità della sua pittura in cui il realismo francese si fonde con la sensualità della scuola partenopea molto evidente in “Incoraggiamento al vizio”, del 1868, e” La strega” con un soggetto particolarmente esoterico.

Nel 1888 Cammarano è in Eritrea su commissione del Ministero della Pubblica Istruzione per eseguire il grande dipinto commemorativo della “Battaglia di Dogali”.

Michele Cammarano “la battaglia di Dogali” 1896

In questa sala troviamo anche i dipinti dell’abruzzese Teofilo Patini (1840-1906) anche lui encomiabile docente, più legato a Filippo Palizzi e ad una diversa concezione più realistica dei soggetti, memo enfatizzati.

Al secondo piano è evidente ancora di più il legame tra l’arte Napoletana e la Parigina con due sale dedicate a Silvestro Lega (Fi 1826.1895) considerato insieme a Giovanni Fattori e a Telemaco Signorini, fra i maggiori esponenti del movimento dei “Macchiaioli”.

Silvestro Lega: uno dei suoi quadri più famosi “Il pergolato” olio su tela del 1868

Ancora opere di vita rurale di Nicolò Cannicci (Firenze 1846-1906) o di famiglia del Galatinese (Le) Gioacchino Toma (1836-1891) pittore e patriota, precocemente orfano e infelice, definito come il “pittore del grigio”,

Gioacchino Toma: “Luisa Sanfelice in carcere”1874-1875

Sue le varie opere che rappresentano Luisa Sanfelice in carcere, la nobildonna che per aver appoggiato la Repubblica Napoletana del 1799, venne giustiziata nel 1800 in piazza del mercato. Ancora opere del lucano Michele Tedesco (Moliterno 1834- Napoli 1918) pittore studia a Napoli, è poi docente a Firenze dove si aggrega ai seguaci di Telemaco Signorini. Viaggia molto per l’Europa, durante un viaggio in Baviera conosce la pittrice Julia Hoffmann che diventa sua moglie.

Michele Tedesco: “Lucania mia”

Non mancano le famose scene di rievocazione storica di Francesco Saverio Altamura , ma anche di scene di vita famigliare e del lombardo Tranquillo Cremona (1837-1878) di famiglia ebraica e precursore della “Scapigliatura” pur partendo da Francesco Hayez, ma con maggior gusto cromatico, dopo un suo soggiorno a Venezia. Nel 1873 e 1874 Cremona riscosse grande successo alle “Esposizioni Universali di Vienna” ed eletto socio d’onore dell’Accademia di Brera. Purtroppo muore a soli 41 anni per un avvelenamento da coloranti tossici a base di piombo.

Francesco Saverio Altamura: “Scena Famigliare”

A partire dalla metà dell’800, e per più di mezzo secolo Parigi è la incontestata Capitale Universale dell’Arte Moderna. Molti artisti italiani si recano in Francia per brevi soggiorni di studio, per visitare le grandi Esposizioni, altri vi si trasferiscono per anni o non di rado definitivamente.

E’ questo il caso di molti pittori di questa collezione Persico-Pallotta. Tra i paesaggisti spicca Giuseppe Palizzi (Lanciano 1812-Parigi 1888) con quattro suoi dipinti, in mostra durante le “Esposizioni Borboniche” ed uno ad opera di suo fratello minore Filippo (1818-1899) tra gli esponenti più originali del “verismo in pittura” dipinto durante il suo soggiorno a Barbizon. Entrambi i fratelli vivono e dipingono per lunghi periodi in Francia.

Sala espositiva con quadri di ispirazione francese soprattutto della “Scuola di Barbizon”

Ancora stupendi paesaggi del napoletano Federico Rossano, già tra i protagonisti della “Scuola di Resina”. A Parigi Rossano stringe amicizia e si misura artisticamente con l’amico pugliese Giuseppe De Nittis, il quale trova nel filone elegante dell’impressionismo francese la forma per esprimere la sua vocazione per una pittura luminosa e vivace. Del pittore pugliese sono esposti tre dipinti che raccontano la vita dell’Alta società: Un doppio ritratto di “Madre e figlia a teatro” e due scene di interno: “Tra i paraventi” e “in attesa” entrambe con una piccola influenza giapponese.

Giuseppe De Nittis: “Tra i paraventi”

Il percorso prosegue con ampie sale dedicate ai pittori francesi della “Scuola di Barbizon“, luce e colore, che con pennellate rapide e corpose, prendono quasi il sopravvento sui soggetti a volte sino a raggiungere l’astrazione. Testimonianze preziose della collezione Di Persio-Palotta sono sue opere dense e intense di Gustave Courbet, Le rive della Lowe (1862) e La ruiseau entre les rochers (1876). Il confronto tra loro rivela come lo stile quasi duro della pittura italiana si apre con i colori francesi.

Il percorso si chiude con un’altra artista internazionale Rose Bonheur. Radicale femminista, la Bonheur lavora tutta la vita per vedere riconosciuto il suo ruolo nel mondo artistico dipingendo scene rurali e animali, che in questa sede dialogano con i dipinti di Palizzi. Per studiare gli animali dal vivo eseguendo schizzi a matita, la pittrice era solita recarsi al mercato vestita da uomo, così da non attirate l’attenzione dei presenti.

Un Museo ed una città che meritano senza dubbio di essere visitati.

Ma ci siamo chiesti in quante città italiane abbiamo tesori nascosti nelle cantine, o tutelatati da fondazioni, Palazzi Storici da rivalutare ed anche da tutelare?

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