Dopo ogni guerra o peste, l’Arte si rinnova
APOTEOSI DI SAN ROCCO del Tintoretto a Venezia, da sempre considerato il taumaturgo per le malattie impossibili e il curatore della peste. La Peste nera che a fasi alterne ha flagellato l’Italia e l’Europa dal 1358 al 1720.
Maria Catalano Fiore
E’ storicamente dimostrato e lo viviamo giorno per giorno: cambia il sociale, cambia il modo si vivere, cambia l’Arte.
Ovviamente lo hanno sempre dimostrato insigni storici: Arnold Hauser (1892-1978) ha scritto per tutta la vita, oltre che vissuto queste mutazioni in cui i fenomeni artistici sono analizzati in stretta correlazione con il loro contesto storico e sociale. Carlo Giulio Argan (1909- 1992), sui cui volumi tutti abbiamo studiato, docente, critico, senatore e sindaco di Roma dal 1976 e 1979. Allievo di Lionello Venturi e applicando la critica storica dell’ Hauser. Amico e collaboratore dell’accademico Piero Toesca (1877-1962) e la Grande Palma Bucarelli (1910-1998) legata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma. Cesare Brandi (Siena 1906-1988) con il quale ha fondato “l’Istituto Centrale del Restauro” ed altri.
Non sono quindi io ad affermarlo, io cerco solo, in base ai miei studi ed esperienze, di illustrarvi alcuni momenti cruciali della storia in cui tutto subisce un capovolgimento. A volte vengo attratta da una nuova opera o modo di fare arte, a volte da qualche pubblicazione notevolmente interessante.
In questo periodo ho avuto modo di consultare una interessante pubblicazione di Hisham Matar “Un punto di Approdo” ed. Einaudi un letterato, non uno storico d’arte, ma un libero viaggiatore nella mente.
Hishan è uno scrittore libico, nato a New York nel 1970, cresciuto ad Alessandria d’Egitto, residente a Londra.
Hisham ha da sempre una fortissima passione per Duccio da Buoninsegna e i suoi seguaci ( Siena 1255 circa-1318), uno dei pittori più significativi della storia dell’arte italiana.
Padre della Scuola Senese ha influito notevolmente per molti secoli.
La Biografia di Duccio, ricostruita dal famoso critico Bernard Berenson, (1865-1959) appare oggi “americanizzata” o “inglesizzata”, più fedeli i racconti dei suoi seguaci e coevi di Duccio: Simone Martini e i fratelli Pietro ed Ambrogio Lorenzetti, poi morto di peste.
All’epoca Siena era molto più ricca e potente di Firenze e di conseguenza un punto di riferimento anche di tutta l’Arte toscana. Il “Gotico Senese” fiorisce magnificamente tra il 200 e 400 nella città del Palio, rifacendosi comunque e continuando a mostrare gli ori bizantini.
A metà trecento si sviluppa però una epidemia di peste nera che la gente considera come una punizione divina, punizione per le loro colpe. La Peste proveniente da Pisa imperversò da aprile ad ottobre del 1348, il numero dei morti superò, per difetto, secondo le cronache, le 80.000 persone. L’equilibrio cittadino si spezza provocando un enorme danno economico, la gente si attacca sempre a grandi immagini sacre come quelle che aveva prodotto Duccio qualche anno prima.
Come questo Politico d’altare la “Maestà” del Duomo eseguita da Duccio tra il 1308 ed il 1311 (tempera su tavola 214×412), sicuramente il suo capolavoro.
Ancora di più la gente si attacca a questa “Madonna con Bambino e tre francescani in adorazione” ( cm.23,5×16) sempre opera di Duccio di Buoninsegna. Il pathos è visibile soprattutto nei tre francescani. Particolare notevole che Duccio la firma, a tempera, in un angolo. Firma riconosciuta nel 1930 dal Toesca. Nell’800, non si sa perché, l’opera viene classificata come “ignoto duccesco”.
Hisham Matar descrive benissimo queste opere e risale anche a descrizioni fatte sia dal Toesca che da Brandi che riscontrano nella tavola influenze gotiche francesi, come lo sfondo formato da mattonelle accuratamente descritte e per l’influenza di Giovanni Pisano (1250-1315) scultore ed architetto, figlio di Nicola. che in quel periodo si trovava a Siena.
Nello stesso periodo Giovanni Boccaccio “…Per sfuggire alla mortifera pestilenza del crudele morbo” Inizia così il suo Decamerone nel quale aldilà delle novelle, nelle loro cornici che le legano si riesce a cogliere un progetto di rifondazione della società e della riacquistata fiducia dei singoli individui.
Tutto sarà sovvertito poi anche dal predominio di Firenze, dall’avvicendarsi dei Medici al potere ecc…
Questa pandemia cominciata nel 1348 è durata, in fasi alterne per circa 300 anni ad ondate sino al 1720.
Ad un certo punto, infatti, Matar allarga lo sguardo dai senesi ai pittori dei secoli successivi, anche loro alle prese con la peste che tornava periodicamente in tutta Italia.
Michelangelo (1475-1564) che nel 1528 vede morire di questo morbo il fratello Buonarroto, scrive a Giorgio Vasari: “E non nasceva pensiero in me che non vi fussi scolpita la morte”. Jacopo Robusti detto il Tintoretto (Venezia 1518- 1594) realizza i teleri della Scuola di San Rocco, patrono degli appestati, sulla spinta dell’epidemia che nel 1575 aveva sterminato i veneziani. Confusione gente che fugge, terrore animano queste grandi tele.
Il pittore fiammingo Antoon Van Dyck (1599-1641) si trova a Palermo nel momento sbagliato, durante la peste del 1624, e dipinge una “Madonna del Rosario “con l’angioletto, in prima fila, che si tura il naso per non sentire la puzza dei cadaveri.
Per secoli gli artisti hanno trasformato il piombo in oro, il terribile in sublime. Ed è una tradizione che oggi ritorna (sebbene al di fuori dell’arte sacra) grazie a tantissimi artisti tra i quali spiccano, a Milano, l’artista di origine brindisina Massimiliano Alioto, Vanni Cuochi, Giuseppe Modica, Giorgio Ortona, Tommaso Ottieri, eccellenti pittori che hanno scelto il contagio come soggetto dei loro ultimi quadri. Ma non solo loro, attualmente in mostra a Roma, in via Margutta presso la galleria Nazionale Contesa, il barese Biagio Monno (Toy Blaise) che ha già realizzato opere e sculture sulla Pandemia come questo mostro blu come il Covid.
Certo, dopo qualche mostra, ci siamo dovuti accontentare di internet per vedere dei quadri. In questo libro “Un punto di approdo” si capisce la pochezza del virtual tour, appena possibile abbiamo bisogno di vedere e toccare queste opere. Tornare anche su opere del passato, come fa Hisham Matar che per parlare della peste a Siena e dell’evoluzione della sua arte a Siena ha soggiornato oltre un mese. Non è stato un mordi e fuggi turistico, ma una progressiva e lenta conoscenza. Ogni settimana un quadro diverso sino a che le opere non diventano un luogo mentale della sua vita. Purtroppo non è riuscito a proseguire nella sua analisi e conoscenza di ulteriori evoluzioni. Non si poteva c’era la peste!
L’importanza che io trovo in questo scritto e che Matar fa emergere la volontà in tutte le epoche, di volta in volta di ripensare il mondo. Di riprendersi in controllo del mondo. Quello che necessita dopo ogni epidemia. Alla prossima opera!
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