Il 2 agosto 1921 si spegneva Enrico Caruso
Enrico Caruso (Napoli 1873-1921) per carisma e temperamento è senza dubbio tra i più amati e grandi tenori italiani di fama mondiale.
Maria Catalano Fiore
Senza dubbio 100 anni fa, il 1921, fu un anno molto turbolento per l’Italia, appena uscita dal catastrofico primo confitto mondiale, e dalla pandemica “Spagnola”, ancora una volta investita da violenze sanguinarie che il ministro Giovanni Giolitti (1842-1928), pur appartenendo alla sinistra storica, non riesce arginare. Il Maestro Arturo Toscanini (1867-1957 ritenuto uno dei migliori direttori d’orchestra di tutti i tempi) torna in teatro con la neo-rifondata Orchestra della Scala trionfando in America del Nord e in ogni teatro d’Italia.
Il 2 agosto muore a Napoli, a soli 48 anni, Enrico Caruso il tenore che ha incarnato, più di tutti, il mito del bel canto italiano dall’America sino in Russia, tenore, con il quale Toscanini ha battezzato i “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo (1857-1919) e la “Fanciulla del West” di Giacomo Puccini (1858-1924). Enrico Caruso fu tra i primi a comprendere le potenzialità della divulgazione della musica e del bel canto tramite le incisioni discografiche, a firmare i primi importanti contratti americani. Stabilmente presente nelle stagioni del Metropolitan di New York, si prestava poi a lunghe tournée e registrazioni. Parallelamente la sua vita affettiva naufragava in Tribunale con risvolti e ricatti davvero incredibili perpetrati dalla prima moglie e suo grande amore Ada Giacchetti, madre dei suoi due figli. Due esperienze cinematografiche e poi un nuovo matrimonio con la giovane Dorothy Benjamin da cui è nata la figlia Gloria.
Il 23 marzo 1919 il Metropolitan festeggiò il 25° anniversario della sua carriera con un gala trionfale. Ma la sua salute peggiorava, nella primavera del 1921 rientrato in Italia, a Sorrento, poi a Napoli, morirà il 2 agosto del 1921. La sua leggenda, nata ancora prima della sua morte è viva a tutt’oggi. Alla base del suo eterno successo c’è la realtà concreta di una voce unica, retta da una forte professionalità ed allenamento tecnico, uno stile esemplare per tutti i cantanti lirici che si sono avvicendati dopo di lui, non solo italiani.
Sempre nel 1921 nascono due astri della chiave di tenore, l’anconetano Franco Corelli (1921-2003) ed il siciliano, milanese d’adozione, Giuseppe Di Stefano (1921-2008), poco ricordati 100 anni dalla loro nascita.
Personalità opposte: riservato, nevrotico e scrupoloso il primo; estroverso, guascone, prodigo, caldo e seduttore, il secondo. Due mogli, lunghe relazioni anche tempestose come quella con Maria Callas (1923-1977) con la quale, nel 1955, partecipa ad una edizione storica della “Tosca” pucciniana, con regia di Luchino Visconti,(1906-1976) ma trasformata in rivalità divistica, con l’aggiunta di accanite tifoserie che lo spingono ad abbandonare la parte…. Tra il 1950 ed il 1960 vi sono numerose registrazioni EMI alla Scala ed una riappacificazione con la Callas, al suo fianco poi in altre Opere importanti. Di Stefano sarà tra i pochi amici che la Divina conserverà dopo la rottura con Aristotele Onassis ed il suo progressivo declino.
Al re dei tenori Enrico Caruso e ai suoi due principali eredi Franco Corelli e Giuseppe Di Stefano, nati proprio nel 1921, famosi tra gli anni 50 e 70 è dedicata una mostra visibile da oggi sul sito online del Ministero degli Esteri (italiana.esteri.it), cui faranno da grancassa i vari istituti italiani di cultura nel mondo. Perché è stato proprio Enrico Caruso il fondatore della leggenda aurea del tenore italiano moderno, idolatrato dalle folle, strapagato per i recital e per le incisioni discografiche.
Una leggenda italiana che è proseguita negli anni con stelle del calibro di Beniamino Gigli (1890-1957), Mario del Monaco (1915- 1982), Carlo Bergonzi (1924-2014) e Luciano Pavarotti (1935-2007).
Questa solo la primissima fila nostrana. Tanti talenti di prodigano e studiano nei nostri Conservatori….
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