Il 25 aprile letto dalla nostra Antonella Chiddo
Antonella Chiddo, che i nostri lettori hanno cominciato a conoscere, è una giovanissima disegnatrice de Lavocenews. Oggi non completa un articolo, è al suo centro.
GP
Anche la nostra Antonella Chiddo, che più di una volta ha accompagnato gli articoli di questa testata con disegni che ne valorizzavano il testo, e che credo sia destinata a ben altri impegni, e glielo auguro di cuore, si è cimentata oggi in una rappresentazione del nostro Paese nel 75° anniversario della Festa di liberazione: il 25 aprile.
Anche lei ha tratto ispirazione da alcuni versi di de Gregori, un cantautore fra i più grandi che il nostro Paese ha avuto, e ne ha avuti davvero tanti, molti dei quali si sono esibiti con lo stesso Francesco de Gregori. Ma ancor prima un poeta ed un uomo socialmente impegnato e lucido come pochi.
Quel drappo che le tre immagini disegnate reggono, quasi in una ininterrotta sequenza, mi riportano alle parole di una canzone che accompagnava l’ingresso a Roma a Porta Pia dei bersaglieri , “E la bandiera, dei tre colori………” Il verde della speranza, il bianco candore delle nevi dei nostri monti, il rosso del sangue versato dai fratelli per costruire l’Italia.
Ed il verde è negli occhi tristi della prima a sinistra che vive il presente, ma alza lo sguardo verso un orizzonte forse roseo, ma ancora troppo lontano. Il rosso è nell’Italia al centro, colpita da un pugnale nel cuore da mille malefatte, ma con uno sguardo ancora fisso in quei valori che ne hanno ispirato la vita, e dulcis in fundo l’ultima a destra, il candore di una bianca Italia, madre amorosa, che stringe in grembo uno dei tanti paesi, borghi bellissimi, cosparsi un po’ dappertutto, troppe volte deserti, talvolta distrutti da un terremoto o una frana, altre da un’alluvione o peggio dall’assenza di occasioni di lavoro.
Alla prossima, Antonella. Il verde della speranza è proprio la tua generazione, i giovani come te, ai quali devono chiedere scusa due generazioni post sessantottine, perché vi stiamo consegnando un’Italia di gran lunga peggiore di quella ricostruita dalla generazione sopravvissuta alla seconda guerra mondiale.