Le Signore dell’Arte 3 Artemisia Gentileschi
Una vera femminista, suo malgrado, una pittrice che ha precorso tutti i temi affermando il suo diritto a vivere e dipingere da sola.
Maria Catalano Fiore
Artemisia Gentileschi, nata a Roma nel 1593 e morta a Napoli nel 1653, è la figlia primogenita di un noto pittore, Orazio Gentileschi. Dopo la prematura morte di parto di sua madre, quando lei aveva 12 anni si prende cura del padre e dei suoi 6 fratelli, più piccoli, praticamente crescendo nella famosa “Bottega d’Arte” paterna e dimostrando, più di altri, un forte senso pittorico.
Orazio Gentileschi, all’epoca è un accreditato pittore, amico personale del Caravaggio e seguace della corrente barocca caravaggesca romana. E qui Artemisia comincia a prediligere le illuminazioni più violente, una marcata tensione emotiva delle situazioni psicologiche, una stesura di impatto.
A 17 anni Artemisia dipinge già speditamente quadri di grande importanza e contenuto come “Susanna e i Vecchioni” tratto dal famoso episodio biblico.
La sua attività viene però frenata da un brutto episodio a cui seguirà un Processo, nel 1612, a seguito della denuncia di Artemisia di aver subito violenza da parte di Agostino Tassi, un pittore- decoratore che in quel periodo collaborava con il padre.
Come c’era da aspettarselo, a quel tempo (oggi anche) il Tassi ne esce indenne, mentre Artemisia e la sua famiglia ne escono molto provati, anche e soprattutto per le vessazioni e le torture inumane subite da Artemisia, di cui abbiamo gli atti processuali.
Dopo questa orrenda avventura il padre riesce a combinare, per lei, grazie anche alla granduchessa Cristina di Lorena, un matrimonio con un pittore fiorentino, Pierantonio Stiattesi, in modo da allontanarla da Roma.
Questo trasferimento a Firenze apre ad Artemisia una nuova e produttiva fondamentale stagione della sua vita nella quale potrà dipingere da”solista” per grandi committenti come i Medici ed altre famiglie importanti.
A Firenze nasce sua figlia Palmira (forse le figlie saranno 3, ma non ne abbiamo notizie certe). Qui viene accolta, come donna pittrice, per la prima volta all’ “Accademia delle Arti e del disegno” .
In questo periodo dipinge episodi di rara ferocia come il tema di Giuditta.
Questa grande tela è attualmente al Museo degli Uffizi si Firenze.
Questa seconda tela è a Napoli presso il Museo di Capodimonte. E’ ovvio che la donna Artemisia scarichi così l’odio verso l’ingiustizia di quanto ha subito. La ferocia, non è tanto nell’atto in se, ma nel gioco di luci ed ombre che enfatizzano l’accaduto. Da notare il gusto per la preziosa rappresentazione di stoffe e costumi. Sicuramente una influenza dei pittori fiorentini coevi, manieristi più propensi a questo soffermarsi su stoffe e colori.
Ciclo di tele che si chiude con quest’ultima in cui l’ancella porta via la testa decapitata di Oloferne, da notare i dettagli di abbigliamento e pettinatura che differenziano la signora dalla sua serva e persino il bellissimo spadino affilato utilizzato per la decapitazione, nonché il cesto usato per la testa del re, uomo da rendere innocuo.
In questo suo “periodo fiorentino” strige una bella e duratura amicizia con Galileo Galilei e con Michelangelo Buonarroti, il giovane, committente del ritratto del suo avo molto più bravo e famoso. A questo periodo risale anche la sua “Maddalena”, oggi agli Uffizi.
Nel 1621 Artemisia è a Genova, poi rientra a Roma a testa alta come donna indipendente allontanandosi definitivamente dall’inutile marito e portando con se la figlia Palmira. Dopo Roma, dove si riconcilia definitivamente con il padre, severo si, ma che l’aveva comunque protetta e sottratta ai veleni del papato. Tra il il 1627 ed il 1630 è in giro anche a Venezia dove si propone per nuove committenze.
Per presentarsi usa il suo autoritratto: è una donna fiera, bella, benvestita e professionalmente valida.
Successivamente approda a Napoli dove si stabilisce, dopo il 1630 accettata e rispettata sia dalla Corte Spagnola che dai pittori più importanti. E’ questo il periodo delle opere a sfondo religioso come alcune “Sacra Famiglia”.
A Napoli si stabilisce definitivamente tranne un periodo tra il 1640 ed il 1642 in cui si reca a Londra, per offrire collaborazione ed aiuto a suo padre, ormai vecchio e malandato. A Londra ritrae molti membri della famiglia reale e della nobiltà inglese.
La sua vita è ormai a Napoli nel circolo dei pittori Massimo Stanzione (il Guido Reni napoletano), Paolo Finoglio (operativo e poi morto in Puglia presso la Corte di Conversano), Francesco Fracanzano, ed altri, ben accolta per il suo virtuosismo luministico e la raffinata sericità della sua tavolozza. Grande è quindi il suo successo a Napoli, documentato dalle fonti, successo inerente anche ad una notevolissima attività ritrattistica oggi purtroppo dispersa. La sua fama è quindi grande tra i suoi contemporanei, forse perché legata agli aspetti romanzeschi e drammatici della sua vita.
E’ comunque una eroina femminista ante litteram, Artemisia nel XXsecolo diventa simbolo del femminismo. Una donna che ad inizio 1600 si è ribellata alla violenza subita.
Quello che è certo è che è una pittrice straordinaria per la sua abilità ed il coraggio di essere una donna padrona del suo destino, nonostante tutto, ad inizio del 1600.
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