Lorenzo
In ogni città ci sono personaggi a volte emarginati per qualche motivo, ma che hanno dignità da vendere e parlano, gridano la loro diversità, ma soprattutto soffrono e noi…..siamo indifferenti e spesso violenti.
Maria Catalano Fiore
Domenica 17 gennaio, come ogni anno, si svolgerà “La Giornata Nazionale del Dialetto e delle Lingue Locali”. In Puglia si tiene già da parecchi anni, sia nel capoluogo che in altri centri limitrofi, tra cui Bitritto.
Grande sarà l’impegno degli organizzatori, mentre gli altri anni si recitava in teatro, in una bella serata conviviale, quest’anno chi intendeva partecipare doveva inviare un filmino da cellulare, per poi farne un montaggio su FB e anche un passaggio su Tv -canale 881.
Lo scorso anno è stata, per me, una bellissima esperienza, concretizzatasi poi nel l’aver vinto il 1° “Premio Fortuna – Città di Bari”, ne sono orgogliosa sia perché non mi reputo una “poetessa”, nè ho origini baresi. Bari comunque mi ha adottata per cui, a volte scrivo della sua Storia, a volte di qualche personaggio reale. Una deformazione da storica forse? Lo scorso anno ho parlato di “Tarèsa la Nzevòsa“, quest’anno mi sono ispirata ad un personaggio “Lorenzo“.
Sulla storia di Lorenzo c’è stata anche una trasposizione cinematografica, che purtroppo, non sono riuscita a vedere, in sala, opera dei registi baresi Mariangela Barbanente e Antonio Palumbo. L’ispirazione è partita da un articolo di Alberto Selvaggi, scritto per “La Gazzetta del Mezzogiorno” nel 2016. Unica testimonianza scritta di questa vita particolare. L’attore che lo ha interpretato Totò Onnis è stato bravissimo nel cogliere le sfumature di un personaggio non facile tra il grottesco e il dramma pasoliniano. Del resto si tratta di un attore di comprovata esperienza, cominciata nel 1988 con “il Piccolo Diavolo” di Roberto Benigni ed andata in crescendo.
Per farvi comprendere i miei versi, in vernacolo, vorrei raccontarvi prima la Storia di questo “Personaggio sui generis che amava tutti e la libertà”.
Lorenzo Desantis, detto “Varichina”, o anche “Saponetta” è stato il primo, anzi l’unico omosessuale oltranzista, urlante nella storia di Bari. Un uomo che ha celebrato il “gay pride” sa solo.
Era nato a Bari l 29 settembre 1938, è morto nel 2003. Vendeva Candeggina in bici e a tempo perso la utilizzava per pulire i bagni pubblici nel Policlinico di Bari. Viveva nei pressi della facoltà di Giurisprudenza tra l’ex edificio delle Poste Centrali e Piazza Cesare Battisti.
E’ stata una persona che ha sofferto molto, disconosciuto dalla famiglia. Ultimo di 5 figli e cacciato da casa giovanissimo, anche se portava la “settimana” facendo le consegne di latte in città con la sua bicicletta. Certo 60 anni fa essere gay era difficile, difficile nascondersi, ma lui impavido lo gridava ai quattro venti! Neppure quando stava morendo nessuno dei suoi famigliari si è fatto vedere, tantomeno al suo funerale.
La sua storia è diventata un film, tante le testimonianze, ancora vivide e persone che comunque lo apprezzavano come grande lavoratore, non si tirava mai indietro per guadagnarsi onestamente i pochi soldi che gli servivano per vivere. Su Progetto dell’Apulia Film Commission , nell’ambito del “Progetto Memorie 2014” questa pellicola ha ottenuto una menzione d’onore allo “Speciale Florence Quenn Festival “di Firenze nel 2016. Nel 2017 la nomina per i “Nastri d’Argento”.
Varechina con Piripicchio è senza dubbio uno dei personaggi più popolari e folkloristici della città di Bari tra gli anni 60 e 90.
Amato da amanti occasionali che lo sfruttavano e poi “buttavano a mare”, citato dagli accattoni come dai notabili celebri. Spavaldo attraversava la città, poi… spesso in un angolo piangeva, soffriva terribilmente per la mancanza di una famiglia e di un amore. Inconfondibile come una Primadonna con la sua zazzerona riccia riccia screziata tra il rame ed il biondo, con una mano li smuoveva, li preferiva “boccolosi”, l’altra mano poggiata su una borsa a tracolla.
Langhe falcate, più che camminare sfilava, da giovane era molto bello, alto un bel fisico, capelli e occhi chiari. Ancheggiava con i suoi pantaloni a zampa d’elefante strizzati sulle chiappe, con la sua camicia “sgargiante” con collo ad alettoni e nodo sul ventre, inimitabile poi, con quei suoi grandi occhiali da miope.
E poi una risposta pronta per ogni provocazione. Le grida e i cabaret a bordo dei Bus, irresistibile, impossibile non ridere tra quei botta e risposta a ragazzi molesti. Rideva e concludeva, come rivolgendosi ad un suo pubblico ” Alla fine sono brave persone, fanno solo una vita di merda e si credono meglio di me. Fanno tutti i superiori, poi zitti zitti, mi vengono a trovare!”
Questa sua verve e i suoi scatti di orgoglio lo hanno reso sicuramente un emblema inconsapevole del riscatto dei gay.
Lorenzo viveva in questo suo mondo, immaginandone, sicuramente, uno migliore, sino alla fine degli anni 80, donando ad ogni cittadino di passaggio una gag, donne comprese. Lo chiavavano “Varichina” da quando smesse le consegne del latte, aveva cominciato quelle del detergente.
A volte veniva adescato da chi voleva “arrangiarsi” spesso erano benestanti “velati” (sposati con figli), ricchi, come un noto industriale, un famoso medico che aveva appena deposto i ferri, o alcuni politici di scuola fine. Ma dopo “Varechina” rientrava mogio in quel suo misero sottotetto di cinque metri quadrati. Ci entrava a stento un letto, per bagno “nu pris’“, un pitale da svuotare nel gettatoio accanto al lavandino a piano terra del palazzo, per riscaldamento coperte rimediate e qualche amante occasionale. Ma soprattutto insulti gratuiti e botte.
L’età d’oro dei film a luci rosse diede nuova spinta alla clandestinità: Cinema Marilon o Salottino tra poltrone infette e bagni per “signori” paganti e incanutiti. Ma Lorenzo era troppo “pulito” per quel genere di cose, cambiò vita, si mise a vendere i biglietti allo Stadio, o della Lotteria; Si inventò parcheggiatore in Piazza Cesare Battisti, cambiarono il nome in “Uè Larinz’!” . A volte era “Saponetta” come assistente delle “Signorine” verso San Giorgio.
Poi…da tempo era sparito, chi lo dava per morto, chi per allontanato, ma Lorenzo non si è mai mosso da Bari. Era malato, ridotto male, ma la carità di una persona di cuore, proprietario di cliniche, all’epoca, gli garantì alloggio e cure sino a che fu possibile, una bara dignitosa, un loculo, una lapide.
E’ tornato finalmente con il suo nome, Lorenzo de Santis sempre qui, nella sua Bari, in un loculo del cimitero con un mazzo di gigli finti ed una fiamma perpetua….. R.i.p. Lorenzo dalla vita travagliata.
Questo il mio racconto, sicuramente parziale, ma senza giudicare, perché bisognerebbe inchinarsi davanti a questa persona che non ha mai chiesto niente, solo di poter vendere la sua Varichina per tener puliti i cessi di una città……o di una città CESSO.
I miei versi, senza presunzione:
LORENZO
Qulchèdune te chiamave “Varichina”
Qualchedunàlde, a la fine :”Saponetta”,
Ma tu jive nu cristiane nziste e onèste, /chiù jomene jive tu, ca tutte u reste!
U coragge non te mangave…! /Accome jive, ce cose vlive, ce cose crcave!
dcive chedde ca pnzave veramènte:/U nome tu jieve: “De Santis Lorènze”.
Vlive asselùte campà degnetùse,
che la fatica t , pe campà jinde a nu jiuse.
Jinde a la seppigne…, chedda camarèdde,
pe mobilie: na segge, nu litte e na cascetèdde…!
Che la verechine scive lavanne/ nmenza a la stade
le cisse a la Stanzione, le Vespasiane
e pure ancore, Jinde a u Policliniche de Bare.
Nudde velive, nudde cercave,/nu poche de gentilezze,
nu poche de tenerezze,/ ca assà a te mangave…!
No sopportave le resate de le crestiane,/ decive: Jièrene ngevile e villane…,
ma a chidde….:mazzate e parolacce no nge ammangave,
come a chedda volde, ca te scettarene pure a mare.
Ma percè?!, jive tu!…e jive forte;/ e penzave sembe: Avà venì la buèna sorte!
Però pò t’aviv’ alzà, lavà e vestì, /con dignità te ne scive pe la vie
e recherdave acquanne jive uagnone,
che le chembagne abbasce a u pertone.
Tutte tenèvene la famigghie,/ tu non sapive a ce jive figghie.
A 10 anne scive pertanne u latte/pe tutta la città,
sope a na besceclètte/ ca te velèvene arrèbbà.
U stess…, t’anne mise a la porte,/ma tu decive: “Ce se ne mborte!”
Po’ arreveste ca non stive bune, ad acchià, non veneve ma’ nesciune.
Na cosa sole po’ t’ha servute…./non tenive manghe nu tavute,
Ma tu si state nu crestiàne nziste e onèste,
Jomene jive tu, ca tutte u reste!
Lorenze Varichine u amiche neste,
allevateve i cappidde e faciteve o queste!.
Maria Catalano Fiore dir. ris.
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