Ma sarà politicamente corretto?
Ma certo che si !! E’ un dipinto di Lavinia Fontana “Venere e Marte”, una delle Grandi Pittrici Barocche italiane, da giorni se ne parla……
Maria Catalano Fiore
Ovviamente si, o in quest’epoca dobbiamo anche rimettere i “Mutandoni” ai nudi della Cappella Sistina dipinti da Michelangelo?
Si vede di tutto, la società attuale è fortemente degradata e depravata, si sentono gli avvenimenti più beceri e ci dobbiamo preoccupare se il Dio Marte posa una mano sulle terga di Venere??
Sembra una barzelletta.
Ma pochi giorni fa è uscito un bellissimo libro, con foto d’arte stupende:
Enrico Maria Dal Pozzolo “Un apice erotico di Lavinia Fontana” ed. ZeL ed.
Un’opera sicuramente da consultare che illustra bene questa opera pittorica di Lavinia Fontana, ora a Madrid, Fundaciòn Casa de Alba, eseguita intorno al 1600. Ecco la ricostruzione che ne fa Enrico Maria Dal Pozzolo.
“In una camera da letto un uomo e una giovane donna si atteggiano a Marte e Venere. Lei è completamente nuda e si presenta di schiena: ci fissa e ci porge un fiore di Narciso. Lui ha solo l’Elmo in testa e un drappo ne copre le parti intime: la guarda e quasi intimorito, le appoggia una mano sul sedere”.
Questa scena è stata ideata verso il 1595 dalla bolognese Lavinia Fontana, all’epoca la pittrice più celebre d’Europa, e costituisce il punto apicale di un tema di origini classiche cominciato con la “Venere Callipigia” (che significa “dalle belle natiche”).
Lavinia Fontana, una tardo manierista nata a Bologna nel 1552, morta a Roma nel 1614, pittrice dalla vita davvero incredibile in cui riesce persino a coniugare il suo “mestiere” con l’essere donna e madre. Lavinia è figlia d’arte, suo padre è Prospero Fontana che l’avvia alla carriera e al momento in cui decide di sposarsi, con il mediocre pittore Paolo Zappi, nel 1577, nel contratto di matrimonio fa includere una clausola che le permette di continuare la sua notevole carriera di pittrice. Soprattutto ritrattista. Papa Gregorio XIII la chiama a lavorare presso la sua corte.
A Roma diventa richiestissima soprattutto tra le nobildonne che se la contendevano per essere immortalate o per far ritrarre i figli. Suo il ritratto persino di re Filippo II di Spagna, nobili, cardinali e vescovi importanti.
Nonostante la fervente attività non mancò di mettere al mondo la belleza di ben 11 pargoli, tra una gravidanza e l’altra aprì persino una “Bottega”, gestita dal marito che in sostanza le faceva da Manager.
I suoi quadri quindi erano tra il sacro ed il profano e non solo la Dea Venere, anche la Dea Minerva viene rappresentata nell’atto di abbigliarsi che ricalca lo stesso schema di rappresentazione delle terga. Minerva non è quasi mai associata al nudo, ma in questo caso non è casuale: è un omaggio all’intelligenza della donna. Una donna intelligente è associata all’idea di purezza e sacralità.
Dall’inizio del XVI secolo decine di artisti avevano provato ad immaginare come dare forma a questo lato della Dea: da Giorgione ( nato a Catelfranco Veneto, cittadino della Repubblica di Venezia, morto nel 1510) rappresenta nudi, ma in tutt’altro modo.
Tiziano Vecellio, anche lui veneziano, ( circa 1490-1576) nel suo “Amor Sacro e Amor profano” o nella “Venere di Urbino” usa altre pose.
Paolo Caliari detto il Veronese, anche lui cittadino della Repubblica Veneta (1528-1588) che nel suo “Marte che spoglia Amore”, rappresenta quest’ultima più interessata ad un puttino ed al suo cagnolino.
Annibale Carracci, bolognese (1560-1609) appare più affine alle proposte di Lavinia, nei suoi affreschi di Palazzo Fernese a Roma, ma nessuno oserà mai questa sottile carnalità e “trasgressione”, usata da Lavinia Fontana.
In questo libro si ripercorrono, appunto, alcune delle tappe di questa singolare avventura iconografica, che conduce da Venezia a Roma, dalla Sicilia alla Francia, sino a Bologna, la seconda città del “Regno della Chiesa”, dove Lavinia operava negli stessi anni in cui il Cardinal Gabriele Paleotti ( 1522-1597), giurista e accademico italiano, dettava le regole della buona pittura cattolica “riformata” dopo il Concilio di Trento.
Dalla metà del secolo XVI si realizzarono molti esperimenti nel campo della raffigurazione erotica, con esiti tra loro assai diversi. Proprio qui Lavinia affronta questa commissione particolare: a richiedergliela Jacopo Buoncompagni, il figlio naturale di Papa Gregorio XIII, e di Costanza Sforza creato Marchese di Vignola ecc….
La lettura si presenta molto succulenta.
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