Nel Presepe Piemontese c’è un pastore al centro: Gelindo
Ecco Gelindo.
Maria Catalano Fiore
Il personaggio Gelindo lo abbiamo già incrociato tra le figure simbolo del presepe napoletano classificato come padre di Benino, il pastorello dormiente, primo tra i vari personaggi a raggiungere la mangiatoia di Gesù bambino con un agnellino in spalla simbolo di omaggio, ma anche sacrificale.
Nella vallata delle langhe piemontesi l’approssimarsi del Natale è tutt’ora segnato da un buffo modo di dire: “A ven Gilind!” facendo riferimento proprio a Gelindo.
Tutto pare abbia avuto inizio nel XVII secolo stando a quanto testimoniano un vecchio manoscritto del 1788 ed un altro datato 1806, preparato da un sacerdote: Luigi Riberi di Limone Piemonte (Cn), conservato nella Biblioteca civica di Cuneo.
Se si osservano vecchie riproduzioni di Presepi Piemontesi, Gelindo è sempre presente. Gelindo è proprio il pastore – contadino che aiuta Maria e Giuseppe a trovare la grotta in cui far nascere Gesù.
I piemontesi sono molto affezionati a questa figura con agnello sulle spalle, cappello in testa, giacca e calzoni sotto il ginocchio, “cavagna” (cesto) al braccio. Prima che “statuina” del Presepe, però, Gelindo è il protagonista di alcune sacre rappresentazioni. La più nota s’intitola “Il pastore Gelindo, ossia la nascita di Gesù Cristo e la strage degli innocenti” ristampata più volte, in versioni diverse.
Del resto dell’autore dell’opera esistono poche notizie storiche certe: secondo alcuni andrebbe ricollegato ai mystères medioevali, secondo altri sarebbe riconducibile al periodo tra il 400 e 500, per altri addirittura al 700. La storia di Gelindo è conosciuta come la “Divota Cumedia”
Un pastore chiamato Gelindo, si legge nel testo di Guido Moro, uno storico piemontese, risulterebbe già in una lauda cantata in Liguria nel XIV secolo, infatti sino ad inizio 900 la presenza di Gelindo sia attestata non solo in Piemonte, ma pure in Liguria e Lombardia, a volte si spinge sino in Emilia, nel Veneto, Toscana, sino ad arrivare a Napoli. A Napoli però ha il ruolo di un “forestiero”.
A prescindere dall’origine e diffusione incerta, si può comunque affermare che Gelindo appartiene al filone della rappresentazione dell’adorazione di Gesù sviluppatasi con il cristianesimo seguendo la narrazione del Vangelo di San Luca.
Ad Alessandria la Storia di Gelindo va in scena in modo stabile dal 1924 presso il Teatro San Francesco. In altri luoghi saltuariamente, ovviamente con attori volontari.
La rappresentazione piemontese è piuttosto complicata: si divide in quattro parti con personaggi specifici, ogni personaggio ha un nome ed una funzione specifica. La Rappresentazione dal vivo rende molto meglio e ha tutt’ora successo.
Gelindo ha una moglie, una figlia ed il fido servo Maffeo. Tutti i personaggi onorano Gesù, che appare nella seconda parte del racconto, con propri doni. Sia doni della fede, come il pane portato da Angelica o il vino donato da Bartolo, sia prodotti locali, come i grissini stirati torinesi di Monsù Aldo, i gianduiotti di Madama Tilde, l’agrifoglio e il vischio di Clelia da Borgosesia, il tartufo d’Alba di Ceschin o il miele di tiglio di Aldisa di Maccugnaga.
Questi personaggi, con i loro doni sconfinano nelle offerte dell’Epifania.
Le scene, poi, propongono anche artigiani all’opera nei loro mestieri quotidiani. Anche in questo caso abbondano riferimenti a mestieri piemontesi.
L’ultima parte, infine, propone scene e personaggi che rievocano le complesse e misteriose vicende dell’arrivo e dell’adorazione dei Magi e del loro incontro con Erode.
L’ultimo gruppo del presepe comprende quindi i Magi ed il loro seguito, la stella cometa, il castello, Erode e i soldati romani.
Focus del tutto è sempre la Capanna centrale. Con Giuseppe e Maria in varie posizioni, da seduti ad adoranti, o Maria che culla Gesù tra le braccia.
Lo studioso presepista Guido Moro, anche regista di alcune varie rappresentazioni ha pubblicato anche un volume: “Presepe Piemontese, Storia , curiosità, costumi, fede, attività, usanze, leggende e superstizioni delle genti del Piemonte”, edito da Priuli & Verluca nel 2013, ha esposto il proprio presepe piemontese, composto da 100 statuine, in permanenza, al piano nobile de Palazzo Lascaris , sede del Consiglio Regionale.
Lo stesso Moro precisa comunque che la tradizione presepiale piemontese, a prescindere dalla figura di Gelindo, non ha un gran riscontro culturale o popolare. A differenza di regioni come la Puglia, La Sicilia o la Campania, il Piemonte non vanta scuole di presepisti. Sono però attivi sul territorio, alcuni bravi artigiani o semplicemente appassionati che realizzano statuine di buona fattura. E’ più facile trovare, in vari centri, la rievocazione vivente impostata sulla figura di Gelindo. Gli abitanti, coinvolti in vari ruoli, sentono così più forte la tradizione.
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