Nuovi orizzonti d’interprete

I confini dell’interpretazione., opera creativa, che si affianca alla composizione, riletti da un eccelso interprete contemporaneo: Roberto Fabbriciani. Un “pezzo” che ogni concertista dovrebbe leggere e tenere a mente.

Roberto Fabbriciani

Da interprete, ho avuto con i compositori un rapporto prima di empatia e poi
professionale. Considero l’empatia base imprescindibile e necessaria per iniziare una
collaborazione artistica. L’interprete ha anche l’importante ruolo di stimolare il compositore, di aprirgli nuove vie. Questo è un ruolo costante nella storia della musica degli ultimi 200 anni. I grandi compositori del passato (Bach, Mozart, Brahms, Debussy, Ravel, etc…) hanno spesso dedicato le loro opere ad interpreti con i quali avevano un rapporti di stima, di amicizia e di collaborazione.
In questa ottica tre solo le figure fondamentali: il compositore, l’interprete e il fruitore, ciascuna di queste necessaria all’altra. Questo è storicamente dimostrato e attualmente si perpetua. E’ indispensabile l’interprete per attivare quella che Nattiez definisce la dimensione estesica dell’opera d’arte musicale. L’interprete è cantore- accentuatore, colui che rende viva la partitura, che è partecipe del processo di creazione artistica:
Autore (dimensione poietica)
Partitura (dimensione neutra)
Interprete (dimensione estesica)
Le tre dimensioni convergono al Fruitore.
La partitura è il documento, la testimonianza dell’autore e nella sua dimensione poietica non è da sola sufficiente ad attivare la dimensione estesica. Per questo l’interprete, cantore, accentuatore è l’attore necessario all’opera d’arte musicale quanto
l’autore. E’ nell’atto interpretativo e nell’atto fruitivo che si completa il percorso dell’opera d’arte musicale. Per questo motivo all’interprete è affidato un ruolo di grande responsabilità, oltre all’imperativo di fuggire la banalità e l’ovvietà che
annientano l’interesse e negano la curiosità. Il ruolo dell’interprete come stimolatore
del pubblico può essere quello di far uscire il pubblico da una consuetudine di
repertorio. Cioè varcare gli orizzonti di un repertorio di valore e accreditato ma anche
datato! Quindi un imperativo per l’interprete è stimolare un orizzonte di ascolto nuovo. Motivare a percorsi d’ascolto nuovi è un modo per produrre cambiamenti anche se questo non significa solo eliminare a priori un repertorio tradizionale,
soprattutto se questo repertorio è di valore accreditato.
L’interprete musicale è produttore di suono, capace di modellare, modulare, dare vita
all’elemento sonoro con grande precisione ed analiticità, senza lasciare nulla al caso
ma con la capacità consapevole e sempre puntuale di intervenire sulla formazione del
suono tenendo conto anche di tutte le variabili fisico-acustiche del luogo. Questa dimensione di analitica consapevolezza relativa alla materia sonora è sicuramente traguardo importante per l’interprete moderno.
Questo traguardo interpretativo si acquisisce da un lato attraverso una raffinata ed elevata tecnica strumentale, ma in altro senso anche coltivando una sensibilità per il suono e per le sue possibilità comunicative ed emozionali.
Oggi l’interprete deve promuovere il cambiamento. Quale cambiamento? Il cambiamento dell’orizzonte di attesa del pubblico, insieme di consuetudini culturale e di consuetudini di ascolto. Ciascun ascoltatore percepisce e ascolta utilizzando la
propria individuale sensibilità, la propria cultura pregressa, le proprie conoscenze.
Nel passaggio tra la fine dell’ottocento e il primo novecento si inizia a scardinare il sistema armonico tonale, con la politonalità, la dodecafonia e tutta la moltitudine dei linguaggi del novecento. L’orizzonte di attesa del pubblico comincia ad essere disatteso, le modalità espressive e comunicative di un’idea musicale aumentano e risultano sempre più eterogenee.
Un interprete deve prendersi dei rischi, prima di tutto nella scelta del repertorio e poi nell’atto di porgere al pubblico l’opera d’arte musicale: rischi esecutivi per rendere l’esecuzione al meglio. Spesso questo significa disattendere le aspettative del
pubblico, rinunciare ad un successo immediato che sarebbe facile preda di un consumismo esecutivo fine a se stesso e non produttore d’arte.
Naturalmente, questo stimolare il cambiamento a livello fruitivo non significa scegliere repertori ostili ed ingrati ma incentiva la consapevolezza che ruolo dell’interprete è proporre nuovi mondi sonori, nuovi modi di leggere il repertorio
tradizionale. Il linguaggio dei suoni supera quello delle parole, va oltre, incide sulle corde profonde del sentimento individuale e plasma i comportamenti collettivi. Già gli antichi, ad esempio i Greci con la loro teoria dell’Ethos, avevano messo a fuoco questa realtà dalla quale noi, lentamente, ci siamo discostati percorrendo strade sempre più convenzionali ed asettiche. Adattarsi ad un’idea, per quanto valida ed originale, acquisisce a lungo andare un sapore di non arte e di banale condiviso placidamente.
La provocazione, intelligente e creativa, è fonte di vita.

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