Segantini: il romanzo della montagna
Giovanni Segantini è stato un pittore italiano, tra i massimi esponenti del Divisionismo, un ramo molto particolare della corrente impressionista francese.
Maria Catalano Fiore
Nel mondo succedono, da sempre, tante cose brutte, in questo periodo poi….. forse rifugiarsi nell’arte, nel guardare una bella opera può essere un momentaneo sollievo.
L’altro giorno leggevo, su un giornale, un trafiletto, annunciava una mostra a St. Moritz su Giovanni Segantini. A St. Moritz, infatti vi è un Museo che ospita parte delle opere di questo grandissimo maestro italiano.
Con questa nuova mostra, in atto sino al 20 di ottobre, Il Museo di St. Moritz (https://segantini museum.ch) svela un aspetto meno noto della carriera di Giovanni Segantini: artista conosciuto principalmente come autore di paesaggi e di scena di vita contadina, ma era un uomo abbastanza complicato ed anche un apprezzabile ritrattista.
Attraverso 22 tra dipinti e disegni, la mostra permette di seguire l’evoluzione del ritratto, da lui definito “Il più nobile tra i generi pittorici”. Ed è vero, nelle sue opere ritrattistiche, Giovanni Segantini: da una resa fedele nei tratti, già nella sua prima fase giovanile sino alla concezione del ritratto come veicolo per esprimere un’idea o un simbolo.
Giovanni Segantini era nato ad Arco, in Tirolo, nel 1858, poi morto ai confini con la Svizzera nel 1899. Nato in una povera e numerosa famiglia, alla morte della madre viene inviato dal padre a Milano, come apprendista. La sua infanzia e giovinezza non sono facili, anzi piuttosto solitarie e travagliate, sino a che, seguendo la sua innata passione per il disegno, nel 1874 si iscrive ai corsi serali dell’Accademia di belle Arti di Brera. Tutta la sua biografia è piuttosto accattivante ed avvincente, dominata dall’amore per la natura, i colori e i modi di riprodurli, al massimo, su una tela, spesso su una grande tela e dipingendo dal vivo, en plein air.
Ricordo che, appena iscritta alle medie, nell’estate, tra le letture per le vacanze mi era stato assegnato, a caso, un libro. Ero piuttosto scettica o delusa, ma quando ho cominciato, molto malvolentieri a scorrere quelle pagine le ho trovate belle, scorrevoli e rasserenanti, sino ad innamorarmene. Questo Romanzo, che conservo tutt’ora, era una biografia di Raffaele Calzini “Segantini Il Romanzo della Montagna” ed. scolastiche Mondadori.
Il racconto è affascinante, dalla descrizione delle montagne tra i confini tra Italia, austriaci e svizzeri (all’epoca Impero Austroungarico) all’approccio di un Segantini, giovane, spaesato e costretto a vagabondare per Milano, per tentare di sopravvivere, con il disegno prima, la pittura poi.
Una vita non facile, poi Brera, conoscenze valide, trasferimento in Brianza, mogli e dei figli, sempre lavorando e dipingendo con discreto successo. Ma il suo grande successo arrivò con la grande tela ad olio “Alla Stanga”, sei mesi, nel 1885, di costante pittura en plein air.
“Alla Stanga” viene presentato alla “Permanente di Milano” nel 1886, facendogli meritare una Medaglia d’Oro. Ulteriore Medaglia d’Oro all’Esposizione Internazionale di Amsterdam, e il successivo acquisto dello Stato Italiano per la “Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma”, dove è tutt’ora esposto. Nel 2013 la grande tela è stata nuovamente al centro di una mostra Antologica su Giovanni Segantini, dopo un accurato restauro, durato sette mesi, diretto dalla mia collega, Direttrice della Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Dott.ssa Gisella Capponi e reso possibile da un finanziamento della Fondazione “Paola Droghetti onlus”.
Da questa opera in poi comincia, per Segantini, molto più intensamente, il suo distacco dall’impressionismo francese di maniera e la sua ricerca “Divisionista” che lo porta ad essere uno dei suoi più validi esponenti. Una separazione del fulcro dei colori, in singoli punti o linee che interagiscono fra di loro in senso ottico. “Il Divisionismo” non può essere catalogato un vero movimento, gli artisti che usarono questa tecnica pittorica preferivano essere liberi di dipingere, osare, sperimentare. Secondo molti critici il suo esponente principale fu proprio Giovanni Segantini, altri designano Giuseppe Pellizza da Volpedo ( 1868-1907) divisionista e poi esponente della corrente sociale con il suo famoso “Il Quarto Stato” le direttive forse sono delineate dal più intellettuale Gaetano Previati (1852-1920)
Comincia ad apparire, in Segantini, una certa ispirazione attinta dalle opere più realiste del francese Jean Francois Milet (1814-1875) e della cosiddetta “Scuola di Barbizon” una corrente realista che, partendo dal 1820, prende il nome dalla località francese ed a cui molti critici attribuiscono la nascita della maniera impressionista. Segantini ne apprende, modi e tecniche e contenuti naturalistici, ma connotandola ad una nuova aura mistica.
Per un periodo, l’artista si trasferirà infatti in Francia per dipingere più a contatto con la cerchia di artisti innovatori francesi. Nel 1888 una sua opera viene presentata all’Italian Exibibition di Londra. In Francia, diventerà anche un apprezzato collaboratore di Riviste d’Arte.
Uno dei suoi soggetti ricorrenti sono le Maternità, opere che trasmettono e svolgono un lungo filo tra simbolismo, religione e divisionismo e che attraversa da sempre tutta la sua produzione.
Nel 1890 dipingerà una delle sue maternità più belle, esposta alla “Triennale di Milano” nel 1891: “Le due madri”, soggetto ambientato nell’interno di una stalla, dove il calore della paglia riscalda una mucca con il suo vitellino, mentre un neonato si addormenta tra le braccia della madre.
Questa tela diventerà l’emblema di tutti i giovani artisti che confluiranno poi nelle varie avanguardie sino al “Futurismo”. Purtroppo Segantini morirà, a soli 41 anni, mentre stava dipingendo su un monte.
D’Annunzio lo celebrò nell’ode “Per la morte di Giovanni Segantini, inserita nella raccolta di poesie “ELETTRA”
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