Sull’Arte…e sull’artista
Un esame approfondito e rigorosamente critico sullo stato odierno dell’arte o, meglio delle arti tutte, da parte di un’artista di valore, che è al tempo stesso direttore artistico della Bibart, Biennale Internazionale d’Arte di Bari.
Miguel Gomez
Oggi nella nostra società il vero ruolo dell’artista è diventato quasi insignificante. L’artista, spesso, non cerca più di smuovere gli animi, un dipinto, una scultura, una installazione trova interesse come posto da assegnare all’interno di un arredamento. L’artista si amalgama con la realtà sociale e si lascia frustrare dalla sua stessa ambizione arrecando danno all’arte, da osservatore della società diventa complice del virus sociale che ha infettato lo stato emozionale dell’essere artista. Ovvio non è solo l’artista l’unico responsabile di questo disfacimento, ma lo sono in egual modo anche la politica e la critica d’arte. La politica in quanto funzione pubblica in Italia, rispetto all’arte contemporanea, dovrebbe tutelarne la natura di bene comune, garantirne l’indipendenza e assicurarne la fruizione, la politica dovrebbe creare le condizioni affinché l’arte si sviluppi. Purtroppo in Italia non sfugge il fatto che come Paese di grande storia artistica e culturale, sia da decenni ‘scomparso’ dal mondo artistico internazionale, dagli anni sessanta ad oggi non c’è ‘movimento’ artistico che abbia dato una rilevanza al nostro Paese. Questo grazie agli scarsissimi contributi, spesso elargiti anche come clientelismi elettorali, che lo stato e le amministrazioni locali hanno stanziato per lo sviluppo contemporaneo dell’arte; questo atteggiamento pubblico priva l’arte contemporanea italiana di artisti e di conseguenza annulla la potenzialità che noi potremmo avere grazie al contributo derivante da una così ricca e significativa storia. L’arte povera è stato l’ultimo movimento significativo in Italia, il movimento consisteva nell’impoverire i segni per rimandarli ai loro archetipi, con il sistema politico adottato in Italia stiamo invece portando l’arte ai mini termini. Ma non è solo la politica, che dire della critica d’arte? Sono persuaso che la critica abbia esaurito il suo potenziale. Le centinaia, migliaia di parole scritte, e non ancora, sono e saranno vuote di reali contenuti riferibili all’arte defraudata del valore dato alla bellezza da parte della gente, quella comune, che deve riappropriarsi del suo ruolo di critico puro che la Storia dell’Arte gli ha sottratto negli ultimi 60 anni. Una parte del pubblico è diventata pigra, l’altra dimostra disinteresse perché l’arte osannata dalla critica è diventata talmente concettuale da perdere il legame intrinseco all’idea di concettualità stessa per divenire banale fenomeno che crea scalpore, ricerca ossessiva di originalità. Il mondo artistico pseudo intellettuale ha contribuito a distogliere l’attenzione dalle emozioni che l’arte deve necessariamente generare; spontaneità, sincerità, naturalezza, immediatezza sono concetti sostituiti da recensioni critiche che avvalorano o meno un manufatto artistico. Il critico che si sostituisce al senso comune dell’arte è una strada senza uscita. L’arte è un prodotto dell’immaginazione, dell’inconscio, dell’animo umano e a differenza degli altri saperi non richiede mediazioni concettuali, se non il riconoscersi per la libertà espressiva ed emozionale che possiede. L’artista non deve obbedire alle regole dettate della critica ma essere lui stesso espressione di estetica e concettualità, non adeguandosi o addirittura accodandosi servilmente a formule di giudizio che non gli appartengono. Quale sapere appartiene al critico d’arte contemporaneo? Ha davvero capacità di ascolto, di decifrazione, di lettura, quale il suo metodo di giudizio? Ogni artista ha un orizzonte immenso e gli orizzonti cambiano di opera in opera a differenza dei giudizi critici sempre più relegati nell’essere espressione della economicità dell’opera. La realtà ci racconta di una aberrazione dei nostri tempi, quella del silenzio dell’Artista lasciatosi persuadere della necessità di affidarsi alla vena affabulatoria del critico moderno, e di reclamarlo, di fronte ad un pubblico sempre più distratto lungo una mostra che finisce per annoiare, o, ancor peggio, lo fa sentirà ignorante. Posso affermare che la funzione della critica di questo genere è totalmente deleteria, fuorviante; occorre un nuovo ascolto delle opere condotto dal punto di vista delle emozioni. Infine chiudo questo mio redazionale sullo stato dell’arte e dell’artista oggi, con poche righe sull’artista. Oggi grazie ai punti descritti prima, politica e critica d’arte, l’artista non apre più i suoi occhi al sentimento, all’emozione, cerca invece spasmodicamente il successo attraverso svariati canali quali la ricerca di consensi attraverso il web, cosa grave, un’opera va vista, vissuta, contemplata. Purtroppo ci sono sempre più scrittori che pensano alle copie che venderanno, musicisti che rendono banali le loro composizioni perché risultino più orecchiabili, pittori, scultori ecc. che diventano sempre più arroganti coperti da testi critici che elogiano il nulla. Allora, cari lettori, da artista vi chiedo se dobbiamo e dovete pretendere molto di più da noi artisti, consci che nessun critico potrà mai spiegarvi perché un’opera vi emoziona, se un artista è capace di creare con onestà intellettuale, allora sarà in grado di emozionare, se all’onestà intellettuale poniamo innanzi il mercato, l’arroganza, le opere resteranno per sempre mute anche se si scriveranno su di esse milioni di parole.