“Tanto gentile e tanto onesta pare”….ma
La donna in poesia è solo un soggetto o …..una protagonista?Affresco di Paolo Veronese
Maria Catalano Fiore
Per la parte riguardante i versi e alcuni ritratti pittorici e suggerimenti ringrazio la prof. Dina Ferorelli che ha supportato l’argomento, ancora piuttosto “ispido” da accettare.
Chissà perché i poeti nel corso dei secoli sono stati sempre considerati al maschile, eppure ci sono state importanti poetesse e donne letterate sin dall’antica Grecia, Saffo, ad esempio, donne filosofe, matematiche ed astronome come Ippazia di Alessandria (360-415 a.C.), ma non si sa perché a tutt’oggi si celebra e studia esclusivamente Dante, ma non si nominano che solo in determinati ambienti le donne letterate o poetesse.
Ne mettiamo in luce alcuni casi lampanti.
Da sempre le giovani donne, appartenenti a famiglie benestanti, avevano un precettore, imparavano a leggere e scrivere, magari anche a dialogare in più lingue, poi apprendevano le arti del ricamo, della decorazione pittorica, a suonare uno strumento, a comporre musica per intrattenere ospiti ecc…
Da questa formazione emergono però, ormai conosciuti e studiati in vari ambienti da secoli, veri e propri scritti o poemi veramente meritevoli. Senza negare queste vere e proprie importanti presenze femminili nel mondo letterario e dal dopo Dante, dall’avvento dell’uso del volgare italiano, emergono grandi figure di donne letterate.
Figure che gestiscono loro stesse corti, circoli, cenacoli letterari. Anche se non vi sono riferimenti precisi, vi sono però poemi che lo testimoniano. Si sa benissimo che in tutte le corti o nelle famiglie nobili o abbienti, la padrona di casa spesso è al centro di tali riunioni e che l’educazione femminile è sempre stata importante. Una donna, in ambienti più elevati deve essere si moglie e madre ma anche buona padrona di casa conversatrice ed amministratrice a volte, ma è solo nel rinascimento che assume un ruolo realmente importante, anche se la maggioranza delle persone la ritiene ancora una cosa inutile, a volte “dannosa”.
Comunque sia uomini che donne dovevano ricevere almeno un certo numero di nozioni: studiavano un po’ di medicina, sapevano riconoscere e manipolare le erbe da cui estrarre cosmetici e medicamenti, alcune donne comunque coltivavano la passione per la scrittura o la pittura, anche a solo scopo decorativo.
Intorno alle corti o circoli c’è tutto un circuito di dame e cavalieri o piccoli signorotti che frequentandole apprendono e sono onorati di poterlo fare al meglio. Chiaramente molte sono le donne che non sono proprio fedeli alle regole imposte, molte donne sono più attive dei loro mariti, collaborano nei loro affari, assumono il comando dalla casa in caso di viaggi o di chiamata alle armi, addirittura governano in caso di guerra, e in caso di morte precoce fanno da reggenti ai figli sino alla maggiore età.
Ci sono casi anche di donne molto colte come Costanza d’Altavilla (1154-1198), che pur avendo scelto la vita conventuale, si ritrova unica erede del vasto patrimonio del casato dei Normanni d’Altavilla, regina di Sicilia e che per questo deve sposare, anche se avanti con gli anni, Enrico IV di Svevia, formalmente Imperatore del Sacro Romano Impero, generare e crescere l’erede maschio Federico II, in restrizioni carcerarie, sino al 1197 quando morto Enrico per una infezione, diventa tutrice di Federico e reggente del Regno.
Federico II lo” Stupor Mundi”(1194-1250) riceve i primi apprendimenti da una madre colta che per lui da subito vuole i migliori precettori di qualsiasi etnia o religione. Purtroppo muore, quarantaquattrenne nel 1198, quando Federico aveva solo quattro anni affidandolo alla protezione papale e dei suoi precettori. Federico riuniva sotto di se l’eredità di due dinastie importanti in tutta Europa gli Svevi e i normanni Altavilla. Aveva parentele con tutti i casati esistenti in Europa.
Ci sono, poi, come sempre, donne più frivole che si incontrano per chiacchierare con le amiche anche dal balcone, oppure davanti allo specchio per curarsi, pettinarsi, adornarsi, truccarsi.
Ci sono poi le prime corti femminili di cui si parla in documenti e cronache importanti come la Corte Sforzesca di Milano in cui impone la sua presenza Leonardo da Vinci e dove cura l’allestimento delle importanti nozze tra la giovane, bella e colta Isabella d’Aragona e il Duca Gian Galeazzo Sforza programmate dal Duca Ludovico il Moro quando Isabella(1470-1524) aveva solo due anni.
Isabella è la secondogenita di Alfonso d’Aragona re di Napoli, duca di Calabria e della colta e raffinata Ippolita Maria Sforza. Educata nel raffinato ambiente culturale napoletano, da questo trae insegnamenti sia sull’arte di governare che sull’orgoglio per l’appartenenza alla casata Aragonese. Di fatto il Ducato di Milano era tenuto in pugno da Ludovico Sforza (il Moro 1452-1508) zio sia di Isabella che di Gian Galeazzo. Ludovico ambiva anche alla ricca dote di Isabella, a Napoli e a lei stessa. Dopo una serie di problemi la coppia ha un primo figlio maschio, Francesco, erede del Ducato. poi di seguito le bambine, nel 1494 Bona, poi regina ed imperatrice, Bianca 1493 ed Ippolita nel 1495, morte in tenera età. Il Povero Gian Galeazzo muore poco tempo dopo probabilmente avvelenato.
Da allora in poi , tante le vicissitudini di Isabella, il Moro si fa eleggere ufficialmente Duca di Milano, nel 1497 il “duchino Francesco” viene allontanato dalla madre. Isabella si dedica all’educazione di Bona. Con il precipitare degli eventi saluta nel 1499 il piccolo Francesco, affidato al re di Francia e ad inizio del 1500 comincia il suo ancor più travagliato rientro a Napoli.
Qui riesce ad ottenere la restituzione delle Terre di Bari, e parte della Calabria. A Bari avvia la revisione dello stato ed il restauro del Castello che nel 1505 risultava una delle opere militari più importanti dell’epoca. In seguito un completo riassetto della città e del porto.
Amica / antagonista di Isabella alla corte milanese Beatrice d’Este ( 1475-1497) che nel 1441 sposa giovanissima, Ludovico Sforza portando nella corte la sua cultura, grazia ed eleganza rivaleggiando con la sua coetanea.
Entrambe cresciute a Napoli sotto l’ala colta e aggraziata della regina Ippolita Sforza che ha dedicato parte della vita agli studi creando a “Castel Capuano” una notevole Biblioteca. Anche Beatrice ha per madre una Aragona, Eleonora, cresce quindi nella stessa colta corte napoletana di Isabella, intorno ai 10 anni rientra a Ferrara dove studia con l’umanista Battista Guarino, uno dei più noti dotti di Verona e dove è circondata da artisti, letterati, scultori e pittori . A 15 anni Beatrice sposa Ludovico il Moro con il quale si scambia anche numerose missive d’amore e scrive versi. A soli 22 anni muore per le complicazioni di una terza gravidanza.
Nonostante la loro differenza d’età il loro fu un grande amore tanto da voler essere sepolti insieme nel grande sarcofago di marmo oggi nella Certosa di Pavia.
Ma i veri primi scritti firmati e stampati sono quelli di Vittoria Colonna, il cui destino appare incrociato sia con Eleonora che con Isabella.
La nobile Vittoria Colonna (1492- 1547) è considerata la prima vera poetessa rinascimentale italiana.
Anche se la sua vera data di nascita è incerta, è comunque appartenente alla nobile famiglia romana dei Colonna, figlia di Fabrizio e di Agnese Sforza di Montefeltro dei Duchi di Urbino. Sposa Ferdinando Francesco d’Avalos, ovviamente promessi da piccoli, per suggellare l’alleanza tra le due famiglie, il 27 dicembre 1509 ad Ischia nel Castello Aragonese.
E’ in questo Castello che alloggia Isabella D’Aragona nella fuga da Milano ed è qui che si crea un Circolo artistico importante nel quale le due donne e la piccola Bona sono coinvolte: tra gli altri Michelangelo Buonarroti, Ludovico Ariosto, Jacopo Sannazzaro, Bernardo Tasso, Pietro Aretino ecc….
Il Matrimonio con D’Avalos, sebbene combinato, riesce anche dal punto di vista sentimentale, nonostante i coniugi non hanno molto tempo per loro. Ferdinando Francesco è quasi sempre in guerra, diventa ufficiale dell’esercito di Carlo V, ma rimane gravemente ferito durante la Battaglia di Pavia, nel 1525. Vittoria parte subito per raggiungerlo ma la notizia della sua morte la coglie in viaggio. Cade in depressione, medita il suicidio, ma riesce a riprendersi grazie agli amici, soprattutto Michelangelo. Decide di ritirarsi nel convento delle Clarisse, annesso alla Chiesa di San Silvestro, a Roma, dove stringe amicizia con varie personalità ecclesiastiche. Divergenze di famiglia la riportano ad Ischia e la salvano così dal sacco di Roma del 1527 consentendole di prestare aiuto ed asilo ai superstiti e di riscattare dei prigionieri grazie ai propri beni.
Rientra a Roma nel 1531 conosce l’umanista fiorentino Pietro Carnesecchi (1508- 1567) intrecciando un serio rapporto di amicizia e con Giulia Gonzaga, rafforza il legame con Michelangelo che mantiene con lei una pensosa corrispondenza e le dedica non poche delle sue rime.
Sotto la sua guida che pubblica il “Canzoniere “o “L’immagine vera” una raccolta di rime che inaugura un “PETRARCHISMO FEMMINILE E SPIRITUALE” DEL 500. A lei prossime Veronica Gambara e Laura Battiferri. Ricco di spunti intensamente lirici il suo “Carteggio”.
Rimandiamo a domani la conoscenza con altre Poetesse.
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