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Proviamo a rispondere alla domanda “chi effettivamente abbia il controllo delle operazioni ucraine?” In copertina: effetti del bombardamento russo.
Orio Giorgio Stirpe
Prendo lo spunto dalla discussione sulla “Controffensiva di Kherson” per venire incontro a quegli amici che mi hanno chiesto di provare ad approfondire gli aspetti più prettamente militari della guerra in Ucraina, anche se questo significa scendere nei dettagli tecnici.
Il modo, forse più chiaro, per afferrare l’esatta entità dell’operazione, è rendersi conto di chi effettivamente abbia il controllo delle operazioni ucraine.
Per afferrare il concetto possiamo provare a paragonarlo alla rete stradale nazionale: abbiamo le strade comunali, provinciali, regionali, statali e le autostrade; ciascuna di queste categorie si trova tanto sul territorio italiano che su quello delle varie amministrazioni locali corrispondenti, ma una sola fra queste ne è responsabile a seconda della sua importanza specifica.
Lo stesso vale per le Unità militari e per le loro operazioni. Un battaglione inquadrato in una Brigata, che a sua volta è parte di una Divisione e di un Corpo d’Armata, impiega le sue compagnie in modo autonomo ma sempre nell’ambito della manovra ordinata dalla sua Brigata; la manovra della Brigata dipende da quella della Divisione e del corpo d’Armata. In generale chi impartisce gli ordini non dovrebbe mai scendere a livelli di dettaglio più di due livelli inferiori: l’ordine di operazioni del Corpo d’Armata è rivolto alle divisioni dipendenti e non scende a dettagli minori del livello Brigata, altrimenti si immischierebbe dei problemi dei subordinati e avremmo un caso di “micro-management”.
Insomma, ad ogni livello il Comandante responsabile ha una sua autonomia di manovra nella gestione delle forze sotto il suo controllo. Laddove si trovasse in difficoltà, dovrebbe rivolgersi al proprio Comandante sovraordinato (cioè al Livello superiore) per ricevere sostegno, oppure il suo Comandante potrebbe sottrargli delle forze per impiegarle altrove, ma di norma – se le cose cioè vanno secondo i piani – dovrebbe cavarsela da solo nell’ambito del settore e della missione ricevuti e con le forze assegnategli.
Il “Controllo” di un’operazione dipende dalla sua rilevanza per la manovra del livello superiore. Per intenderci, la missione dei Navy Seals per uccidere Bin Laden coinvolgeva un numero relativamente piccolo di unità del Comando per le Forze Speciali, ma era così importante da essere gestito al livello più alto e perfino il Presidente USA era presente in cima alla Linea di Comando, in modo da autorizzare o abortire l’azione fino all’ultimo momento. Ma, quando nel corso di una campagna ad alta intensità c’è da catturare una collina, il Comandante di Brigata assegna l’obiettivo a un battaglione, e questo lo gestisce con le sue compagnie, una delle quali avrà il compito di occuparla fisicamente.
Tutta questa spiegazione noiosa per arrivare al punto: il responsabile dell’operazione in corso a Kherson sembra essere il Comando Sud ucraino, cioè uno dei Corpi d’Armata dell’esercito di Kyiv. Questo in base al fatto che è tale Comando a fornire i comunicati stampa e gli aggiornamenti; ed è sempre l’amministrazione regionale a rilasciare dichiarazioni in merito: non il Governo.
Se si fosse trattato di una vera controffensiva, pianificata per avere effetti decisivi, sarebbe stata condotta in prima persona dal Comando Operativo dell’esercito ucraino, che avrebbe impiegato oltre alle forze del Comando Sud anche le Riserve a disposizione dello Stato Maggiore. Avremmo visto operare nella zona Brigate tratte dagli altri Comandi regionali (soprattutto del Comando Ovest, che normalmente funziona da Riserva non essendo la sua normale area di competenza minacciata dalla Polonia), i comunicati stampa proverrebbero da Kyiv e il Governo ne tratterebbe in maniera diretta.
Quello che invece probabilmente è successo, è che il Comando Operativo ha incaricato il subordinato Comando Sud di eseguire con le proprie forze un’operazione di “fissaggio” (ndr. termine militare che si può esemplificare con bloccare od inchiodare l’avversario) ai danni della testa di ponte russa a ovest del Dnipro, in modo da logorare le Brigate di élite russe colà dislocate, imporre un tasso di attrito maggiore possibile al sistema logistico avversario, e soprattutto richiamare laggiù quante più riserve nemiche possibile, in modo da anemizzare completamente l’offensiva russa nel Donbass e creare le condizioni più favorevoli per il successivo ciclo operativo autunnale (che noi non conosciamo ancora, ma che lo Stato Maggiore ucraino conosce perfettamente avendolo presumibilmente già pianificato).
Allo scopo di effettuare questa operazione, il Comando Operativo ha fornito al Comando Sud un certo numero di assetti aggiuntivi, quali Forze Speciali, alcune batterie HIMARS, almeno un battaglione carri addizionale e un certo numero di sortite dell’aviazione tattica.
Sempre per supportare l’operazione del livello subordinato, lo Stato Maggiore ha predisposto un’accurata preparazione psicologica, propagandando a lungo un’operazione controffensiva che lo Stato Maggiore russo, guidato da Gerasimov, sapeva benissimo non essere attuabile e che quindi aveva convenientemente informato in merito il proprio Governo, cioè Putin.
Quando però l’operazione è stata lanciata simulando una vera controffensiva, l’effetto psicologico è stato immediato: Putin non sa niente delle regole NATO per evitare il micro-management, e si ingerisce spesso e volentieri di cose che non gli competono, violando le prerogative di chi invece saprebbe come trattarle. Preoccupato di essere stato informato in maniera errata dai militari ha ulteriormente depotenziato la Catena di Comando intervenendo personalmente, e soprattutto ha immediatamente dato la priorità alla difesa di Kherson, riorientando le scarne risorse ancora assegnate alla moribonda offensiva del Donbass, senza che in realtà ce ne fosse bisogno.
Insomma: reagendo alla manovra avversaria nella maniera scomposta che gli ucraini si erano aspettati, Putin ha ufficializzato come l’iniziativa sia ormai passata di mano (“reagire” significa, infatti, rispondere all’iniziativa avversaria). Ha, inoltre, depotenziato spontaneamente l’offensiva a cui teneva di più e sprecato risorse logistiche preziose per uno sforzo inutile in una delle ultime settimane di tempo buono prima dell’arrivo del “Grande Fango“.
In conclusione, sembrerebbe che gli ucraini siano riusciti a sconvolgere i piani russi nel Donbass senza dover attivare le loro scarne riserve, e nel contempo abbiano inflitto un serio attrito alle migliori unità russe, incapsulandole in una sacca dove non possono più fare danni. Se poi così facendo avranno anche guadagnato qualche posizione nell’Oblast di Kherson, tanto meglio: da una semplice operazione di fissaggio non si po’ pretendere di più.
Rimane da dire una cosa.
Normalmente le operazioni di fissaggio vengono condotte in un punto per attirare lì l’attenzione del nemico e per poi colpire da tutt’altra parte; si tratta in sostanza di “finte”.
Ovviamente i russi sono perfettamente a conoscenza della dottrina occidentale del fissaggio, e il loro Stato Maggiore adesso si sta scervellando per capire dove potrebbe arrivare il vero attacco ucraino.
Disponendosi a ricevere tale attacco, i russi stanno nuovamente “reagendo”, abdicando ulteriormente all’iniziativa e concedendola definitivamente agli ucraini.
Senza contare che, una delle opzioni che accompagnano il fissaggio rimane quella di non fare niente, lasciando l’avversario sbilanciato, confuso e anche un po’ dolorante.
Difficile dire come si evolverà la situazione, ma personalmente ritengo che i punti fondamentali rimangono due.
Questa non è “la” controffensiva per liberare Kherson, ma un fissaggio per logorare i russi nella testa di ponte e distrarre le loro scarse riserve operative.
L’orso Vladimiro ha perduto l’iniziativa nella sua guerra d’aggressione.
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