Alla ricerca delle eccellenze perdute: il “Castrum Gravinae” IV-V sec. d.C. – 1456
Inauguriamo oggi una nuova rubrica dedicata alla cultura. Una novità introdotta dal nostro Rocco Michele Renna che parte da una nuova fatica per il Maestro Loglisci, ricostruzione in scala dell’antico Castrum Gravinae, il castello di gravina antecedente al maniero federiciano
Rocco Michele Renna
Tempo addietro vi abbiamo già parlato del Maestro Loglisci in questo articolo: Murgia’s stories, Il Castello di Altamura…
Il Maestro Massimo Loglisci sta per intraprendere un progetto di grande rilevanza culturale: la realizzazione in miniatura del mazzaro locale in pietra. Questo ambizioso compito si avvererà grazie al coinvolgimento del competente Prof. Fedele Raguso, che ha generosamente messo a disposizione i risultati delle sue approfondite ricerche storiche sull’argomento.
Tra le pagine del libro che il Prof. Raguso sta ultimando, dopo un meticoloso studio degli archivi storici gravinesi, napoletani e altro, emerge un affascinante racconto riguardante il Castrum Gravinae, l’antica fortezza situata nel luogo dove oggi sorge la cattedrale di Gravina. Descriviamo brevemente le dichiarazioni del Prof. Raguso:
“La Gravina medievale si costituì come un ‘castrum fortificato’ con un castello, ubicato sul Pianoro noto come ‘Isola del piano’ o ‘piano delle some,’ situato ad Est del ‘Kenyon gravina’ fra le due ‘lame carsiche’ Fondo Vito e Chiascio o Piaggio, che fornirono rifugio agli sfuggiti agli eccidi barbarici. Esso sostituì l’antica Silbion-Silvium, ormai disgregata e distrutta tra il IV e V secolo a.C.
Oggi, quel pianoro è denominato ‘Piazza Benedetto XIII,’ dove troviamo il complesso monastico delle suore Domenicane, la chiesa cattedrale, la sede vescovile, il Seminario vescovile, la Biblioteca Finia e abitazioni private.
Il 9 ottobre del 1087, la Puglia fu colpita da un terribile terremoto che distrusse fortificazioni e abitazioni, e il Castrum Gravinae subì sicuramente una distruzione totale. In quel periodo, il feudo gravinese era governato da Umfrido, figlio di Accardo o Aitardo degli Alinei, infeudato da Roberto il Guiscardo nel 1070, il quale aveva sottratto il feudo al nipote Abelardo, figlio del conte Umfrido d’Altavilla.
Dopo il terremoto del 1087, Umfrido, il nuovo signore di Gravina, ricostruì ex novo il castrum e un nuovo castello, completato sicuramente nel 1091. Il castrum e il castello ricostruiti vissero una lunga e duratura esistenza (dal 1091 al 1456) perché furono continuamente curati e ristrutturati dai discendenti di Umfrido, dai feudatari Aleramici e De Say, da Federico II e suo figlio Manfredi, da Carlo I d’Angiò e i feudatari angioini, nonché dagli Orsini.
Il 5 dicembre 1456, il castrum e il castello furono distrutti dal catastrofico terremoto che colpì tutta l’Italia centro-meridionale, e da quella data il ‘Pianoro dell’Isola’ fu abbandonato dai feudatari Orsini, che spostarono la residenza ducale.”
Nella nostra video intervista, il Maestro Loglisci esprime il suo disappunto nei confronti degli amministratori di Gravina, sottolineando che non ricevono il giusto riconoscimento per le sue opere e per quelle di molti altri artisti. Utilizzando la locuzione latina “Nemo propheta in patria,” il Maestro e noi ci domandiamo se sia necessario ottenere il favore di qualcuno per essere notati. Afferma che, al contrario, Altamura ha apprezzato le sue opere, e invita i gravinesi a risvegliarsi culturalmente e ad apprezzare le proprie eccellenze.
Rivolgendoci al gentilissimo Sindaco Lagreca, il nostro intento non è suscitare polemiche inutili, ma piuttosto stimolare la coscienza dei gravinesi e dei loro amministratori. È giunto il momento di rendere attiva e partecipe la città di Gravina dal punto di vista culturale, anziché limitarsi a sopravvivere.
Ci auguriamo che la voce di Massimo Loglisci, a nome di tanti altri talenti locali, non cada nel dimenticatoio e che Gravina e le sue “eccellenze” vengano finalmente valorizzate come meritano. La città ha una ricca storia e un patrimonio culturale prezioso che deve essere preservato e celebrato per le generazioni future.
Nota bene le immagini sono di Ipotetica ricostruzione, l’immagine di copertina appartiene a Saverio Perrini, tutte le altre immagini appartengono ai singoli proprietari.
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