Bernalda (MT), le leggende di Palazzo Margherita o Palazz Ammicc di proprietà di Francis Ford Coppola
Alcune leggende su alcuni Palazzi storici di questa Città, la rendono misteriosa ma le leggende si sovrappongono.
Rocco Michele Renna
Il palazzo in questione è il Palazzo Margherita o “Palazz Ammicc”, proprietà di Francis Ford Coppola, perché la padrona del palazzo portava il nome di Lalla Micca”. Due storie diverse ma legate da una finestra murata con un epilogo di morte e passione e non poteva mancare anche il fantasma…
Esiste una leggenda, raccolta tra gli anziani che trascorrono i pomeriggi in Piazza Plebiscito, la villa di fronte Palazzo Margherita, una leggenda un po’ triste ma colma di amori e passioni. Il finestrone centrale del balcone che sta sul portone d’ingresso, sembra che in realtà sia una esatta riproduzione in muratura. Quindi chiuso (vedi le differenze con i finestroni ai lati).
Il motivo di questa muratura e successiva contraffazione di un finestrone nasce da un fatto di amore-suicidio che colpì la famiglia che qui abitava.
La figlia del proprietario, ricco signore del luogo, si innamorò perdutamente del giovane stalliere di famiglia. Il loro amore era forte e intenso ma clandestino. Entrambi sapevano che la differenza sociale avrebbe impedito qualsiasi forma di unione.
Lui povero stalliere non sarebbe mai stato accettato dal padre e dalla famiglia di lei. Il loro amore continuò così ad essere inconfessato al mondo e segreto a tutti. Ma i segreti, da queste parti, non sono mai tali, si dice che c’è sempre qualcuno che non si fa i fatti suoi e allora il padre venne a sapere della storia tra i due giovani.
Incontrò il giovane e lo cacciò di casa, non appena questo si allontanò dal paese gli sparò con un fucile. Il ragazzo, ferito gravemente, parve morto agli occhi del signorotto che soddisfatto del suo operato tornò a casa raccontando i fatti.
La ragazza convinta della morte del suo amato si rinchiuse in sé stessa annientata dal dolore. Una notte in preda alla disperazione si lanciò dal balcone. Aveva deciso di morire e di raggiungere spiritualmente il suo amato.
In realtà il ragazzo non era morto. Ferito gravemente, venne trovato sanguinante da un pastore, tra i campi intorno il paese. IL pastore lo portò con sé e lo curò fino alla completa guarigione. Superato il rischio di morte, il ragazzo si riprese più forte che mai, ma la notizia del suicidio delle sue amata lo sconvolse a tal punto che decise di abbandonare Bernalda e andare lontano il più possibile.
Da quel momento, nel palazzo, accaddero cose strane e inquietanti. Ogni notte al finestrone centrale si sentivano dei colpi, come se qualcuno stesse bussando. Era l’anima della ragazza che ogni notte cercava di entrare in casa? Era in cerca dell’anima del suo amato? Così, nel dubbio che fosse lo spirito della ragazza, per evitare entrasse nel palazzo, decisero di eliminare il finestrone vero e di ricostruirne uno finto in muratura.
Pare che, tale espediente, servì a evitare che lo spirito della fanciulla entrasse nel palazzo, dato che la porta era solo disegnata e quindi non vi era ingresso.
Dal quel momento in poi lo spirito della ragazza cessò di aggirarsi intorno al palazzo e continuò la ricerca del suo amato altrove.
Ma non finisce qui per Palazzo Margherita, pare che non ci sia solo la leggenda della ragazza innamorata. Un’altra leggenda narra di una di una famiglia ricca che abitava in un grande palazzo del centro storico di Bernalda.
Nel palazzo ci vivevano altre famiglie, al piano terra c’era un grande atrio dove i bambini potevano giocare e dove gli abitanti dello stesso palazzo, per lo più contadini, vendevano ciò che coltivavano nelle loro campagne. Il proprietario non faceva pagare il fitto ma in cambio voleva che gli inquilini dell’edificio si occupassero dei suoi terreni.
Si racconta che il proprietario del palazzo, prima di morire nascose tutto il suo oro in un posto segreto del palazzo e che, per avere questo tesoro, nel quale c’era anche una chioccia d’ora a dimensione naturale con tredici pulcini, si dovesse uccidere un bimbo non ancora battezzato e sacrificarlo.
Ancora oggi nessuno è riuscito a trovare questo tesoro. Questo palazzo, tutt’ora abitato, è Palazz Ammicc. Si dice che le famiglie di questo palazzo avessero più figli femmine che maschi, infatti si diceva: “Palazz Ammicc femmn assje uommn picc” (ndr. donne molte, uomini pochi).
La signora, la padrona del palazzo, aveva tre figli, una femmina e due maschi. Essendo una persona benestante, tutti i giorni si recavano a palazzo alcune serve per pettinarla e aiutarla nelle faccende di casa. Un giorno una zingara che si era accampata nella valle del fiume Basento ai piedi del paese, passò da quelle parti e sapendo che lì era nascosto un tesoro, tentò di intrufolarsi.
Entrata con la scusa di pettinare i capelli alla signora entrò nel palazzo vide la bella figlia della padrona. La rapì e la portò con sé fino a farle dimenticare la sua famiglia. La padrona del palazzo attese per anni, invano, il ritorno della figlia.
Un giorno gli zingari tornarono ad accamparsi nella valle del Basento, proprio nei pressi di Bernalda. La fanciulla rapita era ormai diventata donna e mentre camminava udì il suono delle campane della chiesa Madre. La ragazza incominciò a chiedere insistentemente per chi quelle campane suonassero a lutto.
Doveva essere per forza una persona importante e gli zingari che avevano già saputo della morte della signora del Palazzo Ammicc le dissero la verità.
Spinta e guidata dal sentimento, decise di recarsi in paese a far visita alla madre ormai morta. Gli zingari le diedero il permesso di andare in paese a patto che giurasse di ritornare, lei accettò e la accompagnarono fin sotto le mura del paese.
Chiese ad una donna che cosa fosse successo è questa le raccontò ciò che era accaduto tanti anni prima e che talmente forte era stato il dolore di questa mamma che si era ammalata fino a morire. La fanciulla afflitta e addolorata, si recò al palazzo paterno, dove viveva la sua famiglia per salutare un’ultima volta la salma della madre. Nessuno la riconobbe. Si chinò verso la bara di sua madre e pronunciò queste parole: “Signura mia signura, tu jer a pampn e ii jer l’uv, dnar n’ tniev senz misur ma nun ma saput ammuntuà la mia vntur” (signora, mia signora tu eri il tralcio e io ero l’uva, di denaro ne avevi senza misura, ma non hai saputo indovinare la mia ventura).
Udite queste parole, i fratelli capirono che si trattava della sorella rapita anni addietro e la supplicarono di restare a palazzo, ma ella, memore della promessa fatta agli zingari, volle andar via. Un fratello la rincorse ma non riuscii a raggiungerla, si affacciò dalla finestra che dava nella valle, accecato dalla rabbia, le sparò dei colpi di fucile e la uccise, togliendola così agli zingari che l’avevano rapita.
Oggi a palazzo Ammicc c’è una finestra murata che si affaccia sulla valle e la leggenda dice che lo spirito della signora è fuori da questa finestra che aspetta ancora la figlia. Dove la fanciulla fu uccisa è tutt’ora denominato “U cuozz d l zingr”. (il luogo della Zingara), Palazzo Ammicc deriverebbe dal nome della famiglia proprietaria, i Lambicco o i D’amico.
Per seguirci su Facebook mettete il “mi piace” sulla pagina La Voce News o iscrivetevi al gruppo lavocenews.it. Grazie.